Eurobond: Bruxelles rilancia la proposta anticrisi

Nadia Fusar Poli

21 Novembre 2011 - 11:13

Eurobond: Bruxelles rilancia la proposta anticrisi

CRISI DEBITO, EUROBOND - Nessuna possibilità di scampo per gli “incorreggibili” del deficit di bilancio. La Commissione europea si prepara a dare il via libera agli eurobond - meccanismo percepito dagli stessi promotori come un mezzo per raggiungere soluzioni sostenibili alla crisi del debito, ma che divide gli europei e che avrà come corollario un rafforzamento della disciplina di bilancio – con l’obiettivo di "ridurre rapidamente" la crisi di fiducia sull’euro. Ma le condizioni poste da Bruxelles sono tali - perdita di sovranità nazionale o tutela fiscale imposta dall’Unione europea - che anche i paesi più indebitati ci penseranno due volte prima di sottoscrivere la proposta.

Gli eurobonds - ribattezzati "obbligazioni di stabilità" - consentirebbero ai paesi della zona euro di prendere in prestito in comune e di offrire un rischio condiviso per gli investitori. La garanzia dei paesi con rating elevato, come la Germania, permetterebbe ai più fragili, come la Grecia, di indebitarsi ad un costo inferiore, finanziandosi sul mercato a tassi molto più favorevoli. La formula inoltre promuoverebbe la creazione di un Tesoro unico, superando di fatto una debolezza ricorrente dell’euro.

L’idea è quella di rafforzare la resistenza della moneta comune per le future crisi, con tre opzioni sul tavolo. "La più efficace" delle tre opzioni, sarebbe quella di sostituire i titoli nazionali attualmente emessi separatamente dai 17 membri della zona euro con delle euro-obbligazioni, gli eurobonds appunto, che beneficerebbero di garanzie comuni.

Una seconda opzione potrebbe essere quella di creare eurobonds che beneficino di garanzie comuni, ma che non coprano che una parte della necessità di rifinanziamento degli Stati, i quali continuerebbero a emettere obbligazioni nazionali.

Entrambe le opzioni richiederebbero una modifica del Trattato di Lisbona, perché si porrebbero in conflitto con una clausola in esso contenuta, quella di "non salvataggio", che sancisce che gli Stati devono assumersi solo i loro impegni finanziari.

Resta un’ultima soluzione, che non passerebbe attraverso tale processo, piuttosto gravoso e ingombrante, e che potrebbe quindi, "a differenza degli altri due approcci, aiutare ad affrontare la crisi attuale", sempre secondo Bruxelles.

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Si tratterebbe di creare eurobonds che, ancora una volta, non si sostituirebbero che parzialmente alle obbligazioni nazionali ma per le quali ogni stato sarebbe questa volta tenuto a fornire garanzie fino a coprire la propria rispettiva quota di debito.

Gli europei restano divisi sulla messa in comune del debito. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha finora respinto con fermezza l’idea, rintracciandovi il rischio di incoraggiare il lassismo fiscale, mentre Parigi non sembra del tutto escluderla.

Secondo Michel Barnier, commissario europeo responsabile dei mercati finanziari, il presupposto all’idea di un eurobond, è quello di avere un “coordinamento, un monitoraggio e una governance condivisi".

E ’proprio per ottenere una maggiore disciplina comune che Bruxelles intende anche procedere a rafforzare il controllo di bilancio. Una proposta che rischia di generare un acceso dibattito nei parlamenti nazionali.
Il rimedio promette di essere più amaro delle pozioni anticrisi prescritte sino ad oggi da Berlino e dalla Banca centrale europea (BCE). A quanto pare, la Commissione vuole sfidare il veto di Angela Merkel e quello, più sfumato, di Nicolas Sarkozy in materia di eurobonds. Ma è tutt’altro che una soluzione di comodo, e Jose Manuel Barroso vi vede, in primo luogo, uno strumento di reindirizzamento.

Che i prestiti con firma europea verranno o no alla luce, Bruxelles intende proporre un rafforzamento della governance europea, inclusa una maggiore sorveglianza delle economie e dei bilanci nazionali. Questa, finora riservata a paesi come la Grecia, l’Irlanda o il Portogallo, sarebbe estesa a tutti i paesi con disavanzi superiori al 3% del PIL (prodotto interno lordo), cioè quasi tutti i ventisette dell’Unione europea. Da parte sua, il presidente del Consiglio, Herman Van Rompuy, prevede di aumentare le sanzioni per i paesi troppo permissivi. Vale a dire, la sospensione dei diritti di voto nell’UE e il congelamento di determinate sovvenzioni.

Il giro di vite dovrebbe essere consacrato in occasione del prossimo vertice UE, in programma il 9 dicembre e potrebbe richiedere la modifica dei trattati. Rischierà soprattutto di deludere tutti coloro che, nell’area mediterranea, sono preoccupati all’idea di subire una doppia stretta, da parte dei mercati e dei Bruxelles. Ma riceverà probabilmente il forte sostegno della Germania, dei Paesi Bassi, della Finlandia e di tutti i paesi in cui gli elettori si dicono stanchi di pagare per i paesi spendaccioni.

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