Il Board della BCE resta diviso sul rialzo dei tassi di interesse anche se per Draghi se ne riparlerà nel 2018, inflazione permettendo. Intanto la Bundesbank fa sapere che un rialzo dei tassi impatterebbe negativamente su 800 istituti tedeschi.
Recenti uscite provenienti dalla BCE fanno presumere che l’Istituto si trovi sul punto di modificare il proprio indirizzo monetario. Ad oggi, come noto, la politica monetaria nell’Eurozona è estremamente accomodante e stando a Draghi rimarrà tale fino a quando l’inflazione non sarà così sostenuta (il target è 2%, ma qualcosina di più non darebbe fastidio) da rendere inopportune le misure convenzionali varate sotto la sua gestione.
Cosa rende allora il rialzo dei tassi un cruccio così evidente per alcuni se Draghi ha spesso affermato che non provvederà al rialzo prima del 2018? Senz’ombra di dubbio il fatto che iniziano a intravedersi avvisaglie di crescita che fino a qualche mese fa, sulla scorta dei pericoli connessi a Trump e alla Brexit (e ad un’austerità che ha eroso diversi punti di PIL), non si credevano possibili. Ciò appare sufficiente per ritenere l’accomodamento una pratica sulla via del tramonto.
Diversamente (e stranamente) la Bundesbank - la quale esercita un’ascendente molto forte sulle trame della BCE - ritiene che dal rialzo dei tassi potrebbero soffrirne parecchio almeno 800 piccoli istituti tedeschi. Pertanto, il dibattito sul rialzo dei tassi al momento è ingarbugliato in una fitta matassa dalla quale è difficile venirne fuori con una proposta condivisa.
Eurozona, politica monetaria: siamo alla fine del ciclo espansivo?
Dalle parti di Francoforte si continua a dire tutto il contrario di tutto. Mario Draghi, in un recente speech, ha inteso le prospettive di un rialzo immediato dei tassi come estremamente velleitarie e che la BCE non ha in programma alcun rialzo prima del 2018, quando è prevista la scadenza per l’acquisto non convenzionale di asset pubblici.
Alcuni membri del Board della BCE, tra cui Benoit Coéure, sebbene si mantengano piuttosto vaghi sulla questione - la ragione è strettamente connessa alle elezioni presidenziali francesi del prossimo 23 aprile - non disdegnano l’ipotesi di un rialzo. Anche Yves Mersch tempo fa ammoniva circa il fatto che bassi tassi protratti a lungo rischiano di minare seriamente il sistema economico.
Per Peter Praet, invece, è ancora presto per mettere mano alla fondina dei tassi. L’Europa ha bisogna di continuare con la fase di ricovero quantitativo fino al raggiungimento di un livello di crescita e inflazione evidenti.
Non v’è dubbio che molto cambierà in seguito all’esito delle elezioni francesi. Qualora la spuntassero i candidati anti-establishment, le forti pressioni finanziarie che con ogni probabilità ne converranno distoglieranno la BCE dal prendere qualsiasi provvedimento in merito alla normalizzazione dei tassi. Anzi, è probabile un’estensione del programma se l’onda d’urto dovesse colpire i Paesi più vulnerabili dell’Eurozona.
Bundesbank: da rialzo tassi problemi per 800 banche tedesche
In un recente rapporto la Bundesbank ha fatto sapere che sono circa 800 gli istituti a rischio in caso di rialzo dei tassi di interesse. Si tratta nella fattispecie di piccole banche il cui impatto sulla generalità del sistema bancario tedesco è piuttosto irrilevante, ma per questo non meno importante.
La Bundesbank ha sottoposto a stress test interno diverse banche alle quali è stato chiesto di adeguare il proprio business plan in virtù di 5 differenti tassi di interesse. Dall’indagine è emerso che le banche coinvolte soffrirebbero da un rialzo dei tassi di interesse.
Tuttavia, già qualche tempo fa Morgan Stanley e Credit Suisse sostenevano che le banche, specie gli istituti più grandi, necessitino del rialzo dei tassi per ritrovare quella redditività di cui al momento non godono a causa dei tassi al minimo storico.
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