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BCE: Draghi chiude al rialzo dei tassi. Euro scende, QE rimarrà a lungo

giovedì 6 aprile 2017, di Daniele Morritti

La crescita nell’Eurozona è lungi dall’essersi consolidata e il target di inflazione individuato al 2% non è stato ancora raggiunto, pertanto la BCE non ha in programma un aumento dei tassi di interesse. A dirlo lo stesso governatore della BCE Mario Draghi in occasione di una conferenza tenutasi a Francoforte, spingendo subito al ribasso l’euro.

Il discorso di Draghi interrompe così il flusso di speculazioni che in questi giorni ha animato il dibattito sull’ipotetico rialzo dei tassi da parte della BCE nel breve periodo. Nei giorni scorsi, infatti, Benoit Coeuré (membro del board della BCE) ha dichiarato che i governi e la BCE farebbero bene a considerare un rialzo dei tassi, una volta esauritasi la spinta dell’accomodamento.

Draghi, dal canto suo, ha dichiarato che la BCE antepone il raggiungimento del target di inflazione alle velleità di rialzo dei tassi - discorso, quello del rialzo, che Francoforte affronterà a partire dal 2018.

Draghi: niente rialzo dei tassi. Avanti col QE

Mario Draghi è uscito allo scoperto e in occasione dell’annuale conferenza che raggruppa osservatori e analisti della BCE ha smentito che la BCE stia valutando un rialzo dei tassi, sulla falsariga dei recenti provvedimenti adottati dalla Fed sul piano monetario. “Siamo fiduciosi sul fatto che la nostra linea stia funzionando e che le prospettive per l’economia stiano gradualmente migliorando", ha dichiarato senza mezzi termini.

Recentemente, in molti si detti perplessi di fronte al fatto che la BCE continui dritta sulla strada dell’accomodamento monetario. Dalla Germania arrivano i soliti strali. L’establishment tedesco cova nei confronti dell’impatto dell’allentamento monetario sull’economia tedesca storiche e radicali perplessità, nonostante Weidmann abbia di recente espresso il suo appoggio alla linea monetaria di Draghi.

Benoit Coeuré ha di recente fatto sapere, invece, che il QE non può durare in eterno e che i governi sono invitati ad abituarsi all’idea che l’era dei tassi prossimi allo 0 sta per terminare (il che significa tornare ad una politica di interessi sul debito assai onerosa per i portafogli dei governi, specie quelli del Sud).

Per Draghi, l’Eurozona - il cui processo di ricovero non può dirsi affatto concluso - necessita ancora dei benefici del QE, in quanto la BCE non intravede

“prove sufficienti per alterare materialmente le [...] valutazioni sulle prospettive di inflazione, che restano condizionate a un livello molto consistente di espansione monetaria. Quindi, una revisione dell’attuale linea di politica monetaria non è giustificata a questo stadio.”

Il governatore della BCE ha poi ricordato ai presenti che la crescita e l’occupazione nell’Eurozona stanno velocemente migliorando rispetto agli anni scorsi. Il che giustifica agli occhi del governatore il mantenimento delle attuali condizioni monetarie (almeno fino a quando crescita e occupazione non si saranno stabilizzati).

L’accomodamento monetario, così ritengono a Francoforte, ha giocato un ruolo preminente nel definire i miglioramenti del quadro macroeconomico europeo (tuttavia, Draghi evita di menzionare - e ciò non sorprende - il fatto che la ripresa infinitesimale dell’economia nell’Eurozona sia tutt’altro che omogenea. Qualche giorno fa Bloomberg notava come, per fare un esempio, l’occupazione in Italia stia diminuendo non tanto per un miglioramento delle condizioni generali, quanto perché i giovani tendono a non cercar più lavoro).

Anche la crescita in Spagna, presentata dall’establishment europeista come il fiore all’occhiello di un ricovero ben congeniato, è distorta (e, se vogliamo, inficiata) dall’aumento spropositato delle disuguaglianze sociali e del precariato, come anche l’OCSE ha fatto di recente notare.

Il discorso di Draghi ha naturalmente impattato sul corso dell’euro, che sul finire della sessione di mercoledì ha registrato un deprezzamento rispetto al dollaro.

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