Col Quantitative easing la BCE ha salvato l’Eurozona. L’obiettivo è il raggiungimento del target di inflazione al 2%. Una volta centrato prepararsi all’aumento dei tassi. Parola di Benoît Coeuré.
La BCE dovrebbe seriamente considerare l’opzione di un rialzo dei tassi d’interesse una volta raggiunto il target di inflazione nell’eurozona individuato intorno al 2%. Gli stessi governi sono chiamati a prenderne atto. A dirlo è stato Benoit Coeuré, membro del board della BCE durante una conferenza avvenuta a Parigi.
Come noto, da anni la BCE promuove fuori dal proprio raggio di competenza politiche monetarie accomodanti (ragione che ha spinto di recente Transparency international a criticare aspramente l’Eurotower) per fronteggiare il pericolo di una spirale deflazionistica nell’eurozona. Per farlo si è servita di tassi di interesse molto bassi: ad oggi sono intorno allo 0%, dopo periodi passati anche in territorio negativo. Le ingenti iniezioni di liquidità nel circuito creditizio dell’eurozona hanno mirato a stimolare l’inflazione, che al momento è attestata intorno all’1.5% (solo nell’ultimo mese l’inflazione è crollata di mezzo punto percentuale dopo che in febbraio sembrava aver raggiunto il target del 2%).
Per Coeuré la strategia portata avanti da Mario Draghi - la quale, va detto, ricalca un trend internazionale (tassi bassi) nonostante il recente rialzo della Fed - è in termini assoluti corretta. L’eurozona non ha altra scelta se non quella di provare a racimolare un po’ di competitività attraverso un costo del denaro inferiore rispetto ai competitor. Tuttavia, è opinione del banchiere francese che tassi all’attuale livello debbano essere mantenuti fino al raggiungimento del target e non oltre; protrarre le politiche accomodanti oltre il dovuto rischia di distorcere il “comparto bancario” nell’Eurozona.
Coeuré: bene tassi bassi ma non per sempre
Benoit Coeuré, economista francese e membro del consiglio direttivo della BCE, è di recente tornato sull’intricata questione dei tassi di interesse nell’Eurozona, artificialmente mantenuti al minimo dalla BCE nel tentativo di riportare l’asticella dell’inflazione al 2%.
Coeuré, il meno falco tra i falchi dell’Eurotower, ha dapprima lodato gli effetti che il Quantitative easing ha avuto sul tessuto economico europeo e sul ripristino di un corretto tasso di inflazione e in un secondo momento si è detto consapevole che l’accomodamento prima o poi dovrà cessare. Tuttavia, anch’egli dissente da quella che la BCE ritiene una poco fondata vulgata generale che vuole il QE come elemento foriero di instabilità finanziaria:
“ad oggi non abbiamo prove che l’attuale costellazione di tassi di interesse porti un rischio al corretto funzionamento dei mercati né alla stabilità finanziaria o alla trasmissione della nostra politica”.
Al contrario, il fronte eterodosso che popola il dibattito europeo ha invece a più riprese sostenuto che, per esempio, l’aumento degli squilibri Target2 (la fonte principale di instabilità nell’Eurozona specie se l’euro dovesse crollare) vada attribuito in buona sostanza al programma di accomodamento varato da Draghi in anni recenti.
La BCE non sta paventando, almeno formalmente, alcun rialzo dei tassi, anche se l’uscita di Coeuré dimostra che nei corridoi dell’Eurotower inizia a serpeggiare la consapevolezza che la strategia del Quantitative easing non possa durare in eterno.
Secondo Peter Praet, un altro membro del board della BCE, i tassi prossimi allo 0 hanno garantito all’eurozona un ricovero economico dignitoso e la presunzione che l’interruzione del QE possa giovare all’economia prima del raggiungimento del target di inflazione al 2% non trova giustificazione alcuna.
Al momento, non esiste il margine affinché la BCE interrompa il programma di accomodamento. Come ricorda Bloomberg, infatti, l’ultima rilevazione della crescita dei prezzi core nell’Eurozona (+0.7%) è stata tra le più basse degli ultimi anni (la crescita, inoltre, resta anemica), indice che non è ancora tempo per politiche restrittive.
© RIPRODUZIONE RISERVATA