5 incertezze minacciano i mercati nei primi giorni del 2024

Violetta Silvestri

30 Dicembre 2023 - 10:07

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La prima settimana del 2024 sarà cruciale per i mercati: 5 motivi di incertezza minacciano la stabilità finanziaria globale. Cosa sta per accadere?

5 incertezze minacciano i mercati nei primi giorni del 2024

I mercati attendono il 2024 con una serie di incertezze che minacciano la stabilità finanziaria già nei primi giorni del nuovo anno. Sono almeno 5 i temi critici che possono far deragliare le Borse e le economie mondiali nella prima settimana di gennaio.

Gli investitori monitorano da vicino alcuni fattori cruciali: le banche centrali e le loro strategie sui tassi di interesse, che finalmente dovrebbero diminuire tra molti dubbi ancora da sciogliere; i dati sull’inflazione che guidano ogni decisione di politica monetaria; l’andamento macroeconomico della Cina, così rilevante per le sorti dell’economia globale; le mosse della Banca del Giappone, unica ad avere ancora tassi negativi ma vicino a una svolta che avrà delle conseguenze; gli indici azionari, che hanno chiuso il 2023 con euforia.

In questo contesto così complesso, la prima settimana del 2024 darà indicazioni preziose sull’intero anno per quanto riguarda la stabilità finanziaria. I riflettori sono puntati su 5 temi chiave.

1. Mercato del lavoro Usa

La prima domanda che tutti si pongono è quanto davvero sia resiliente l’economia Usa. Un indizio interessante arriverà nella prima settimana del 2024, quando i riflettori si accenderanno sul rapporto sui salari non agricoli di dicembre.

Il mercato del lavoro è un tassello cruciale per comporre il puzzle dello stato di salute economico statunitense. La crescita si è raffreddata e l’inflazione si è attenuata negli Usa, alimentando un rally di tutti gli asset e consentendo alla Federal Reserve di prevedere tagli dei tassi per il 2024.

Allo stesso tempo, l’economia ha mostrato poche prove che mesi di politica monetaria più restrittiva stiano generando un grave recessione.

Segnali di deviazione da tale scenario – sotto forma di una crescita estremamente forte dell’occupazione o di un improvviso calo dell’occupazione – potrebbero far vacillare la fiducia degli investitori in un atterraggio morbido.

Gli economisti intervistati da Reuters prevedono che 158.000 posti di lavoro in più a dicembre rispetto ai 199.000 di novembre.

2. Rally azioni e obbligazioni: può durare?

Se l’entusiasmo sulla prospettiva di tassi di interesse in diminuzione continuerà, il rally azionario e delle obbligazioni dominerà anche l’inizio del 2024. Le azioni sono ai massimi da oltre un anno, i rendimenti dei titoli di Stato sono ai minimi da molti mesi.

Tuttavia, secondo alcuni strateghi l’euforia è esagerata, considerati gli elevati rischi geopolitici, le prospettive di aumento dei default aziendali e le tante elezioni cruciali che iniziano con Taiwan il 13 gennaio.

Il noto indicatore della paura del mercato, l’indice VIX, ha toccato i minimi di tre anni a dicembre, e l’indicatore di volatilità del mercato dei titoli del Tesoro MOVE è ben al di sotto del picco di marzo.

I primi giorni del 2024 metteranno alla prova la fiducia degli investitori. Senza dimenticare che il 2023 ha assistito a eventi straordinari: crisi bancaria, guerra Hamas-Israele, risultato elettorale in Argentina. I loro effetti sono ancora un incognita che può avere ripercussioni.

3. Inflazione europea, brutte sorprese?

I dati di venerdì 5 gennaio dovrebbero mostrare che l’inflazione della zona euro è aumentata a dicembre per la prima volta da aprile.

Un sondaggio Reuters la vede balzare al 3% dal 2,4% di novembre. Gli economisti ritengono che l’aumento deriverà in gran parte dalle misure di sostegno energetico di un anno fa, in particolare in Germania, dove il governo aveva coperto le bollette del gas domestico, il che significa una “base” inferiore con cui confrontare i prezzi di dicembre 2023.

Pertanto, gli investitori dovranno vagliare i dati per valutare come si stanno evolvendo le attuali pressioni sui prezzi. Qualsiasi sorpresa al rialzo sarebbe un segnale negativo, visto che gli investitori si aspettano oltre sei tagli dei tassi da un quarto di punto da parte della Bce nel 2024.

La buona notizia: l’inflazione core, escludendo la volatilità dei prezzi alimentari ed energetici, dovrebbe continuare a scendere.

4. La Cina è in ripresa o no?

Con l’economia cinese sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di crescita del 5% di Pechino nel 2023, i consiglieri governativi sembrano fiduciosi nel perseguire lo stesso obiettivo nel 2024.

Un grosso problema, però, è che non ci sarà il confronto annuale con la crisi dovuta al lockdown del 2022. Questo significa che le scelte saranno difficili per i politici, in particolare per quanto riguarda l’accumulo di ulteriore debito, mentre Pechino fatica a passare da uno sviluppo guidato dall’edilizia a una crescita alimentata dai consumi.

Gli investitori, in attesa di maggiori stimoli, seguiranno attentamente le notizie sulla Cina nei prossimi giorni. La domanda interna è ancora tiepida e il mercato immobiliare, dove è parcheggiato il 70% della ricchezza delle famiglie, è sull’orlo del collasso.

Gli obiettivi ufficiali di crescita non saranno annunciati fino a marzo, ma le misure che emergeranno prima di allora diranno molto sulla strategia della Cina e sui rischi di scontrarsi con la minaccia di Moody’s di un declassamento del rating.

5. Banca del Giappone in primo piano

Le scommesse su una fine imminente della politica dei tassi negativi della Banca del Giappone sono state respinte a dicembre, quando ha mantenuto un atteggiamento decisamente accomodante.

In generale, il messaggio dei funzionari continua a indicare pazienza, confermato dai dati che mostrano il calo delle pressioni inflazionistiche. Tuttavia, i commenti della BoJ in vista della riunione del 23 gennaio sono al centro dell’attenzione.

In un’intervista del 27 dicembre, Ueda ha lasciato intendere ancora una volta che i risultati delle trattative salariali primaverili non sono essenziali per una svolta aggressiva e che molte informazioni potrebbero essere raccolte dalla riunione dei direttori regionali della banca centrale a metà gennaio.

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