Quando viene pagato il Tfs dei dipendenti pubblici? Nuove regole in legge di Bilancio 2026 (per compensare il ritardo del pensionamento).
Buone notizie - ma solo a metà - per i dipendenti pubblici che si apprestano ad andare in pensione nei prossimi anni.
La bozza della Legge di Bilancio 2026 introduce una modifica attesa da tempo: a partire dal 2027 i tempi di pagamento del Trattamento di fine servizio (Tfs), la liquidazione spettante ai lavoratori pubblici, saranno ridotti di 3 mesi.
Una misura che a prima vista può sembrare una sorta di “regalo”, ma che in realtà sembrerebbe nascere per compensare un’altra novità, meno favorevole: dal 2027, infatti, l’età pensionabile salirà di 3 mesi in seguito al nuovo adeguamento alla speranza di vita previsto dall’articolo 43 della stessa manovra.
In sostanza, chi andrà in pensione più tardi riceverà la liquidazione un po’ prima, una sorta di “pareggio” pensato per non aggravare ulteriormente l’attesa, già oggi molto lunga, per incassare il Tfs.
La misura è contenuta nell’articolo 44 della bozza di Legge di Bilancio, che interviene direttamente sull’articolo 3 del decreto-legge n. 79/1997 riducendo i tempi di liquidazione per chi lascia il servizio per limiti d’età o per raggiungimento dei requisiti ordinari di pensionamento. Una modifica che, se confermata, entrerà in vigore dal 1° gennaio 2027 e interesserà migliaia di lavoratori pubblici che si trovano a pochi anni dalla pensione.
Quando viene pagato oggi il Tfs dei dipendenti pubblici
Per capire la portata della novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2026, bisogna prima ricordare come funziona oggi la liquidazione nel pubblico impiego. Il trattamento di fine servizio (Tfs) o di fine rapporto (Tfr), infatti, non viene corrisposto subito dopo la cessazione dal lavoro, ma solo dopo un lungo periodo di attesa che varia a seconda del motivo per cui il rapporto si conclude.
Nel dettaglio, le tempistiche oggi sono le seguenti:
- entro 105 giorni se la cessazione dipende da inabilità o decesso del dipendente;
- dopo 12 mesi, con la possibilità per l’Inps di prendersi altri 3 mesi di tempo, nel caso di pensionamento per raggiunti limiti d’età, per termine del contratto a tempo determinato o per risoluzione d’ufficio a seguito del raggiungimento dei requisiti pensionistici;
- dopo 24 mesi, più i soliti 3 di proroga, se la cessazione è dovuta a dimissioni volontarie o ad altre cause non riconducibili al pensionamento ordinario.
Una volta scaduti questi termini, l’Inps procede al pagamento, che però non avviene in un’unica soluzione: il Tfs viene infatti suddiviso in tranche da 50.000 euro ciascuna. Pertanto, chi ha diritto a una somma superiore riceverà la seconda rata solo l’anno successivo, e così via fino al completamento dell’intero importo maturato.
Tuttavia, negli ultimi anni il legislatore ha tentato di ridurre i tempi con strumenti alternativi. Nel 2023, ad esempio, era stato introdotto il meccanismo dell’anticipo del Tfs direttamente dall’Inps, con un tasso agevolato dell’1% più lo 0,5% per le spese di apertura pratica. Una soluzione pensata per dare liquidità immediata a chi aveva già maturato il diritto alla prestazione, ma che oggi non è più operativa, poiché il relativo fondo non è stato rifinanziato nelle manovre successive. Resta dunque soltanto la possibilità di rivolgersi alle banche convenzionate, ma con tassi decisamente più elevati.
Proprio questi tempi d’attesa, che in molti casi superano i due o tre anni, sono stati oggetto di numerose contestazioni giudiziarie, fino ad arrivare alla Corte Costituzionale che con la sentenza n. 130/2023 ha riconosciuto che tali ritardi violano il principio di giusta retribuzione tutelato dall’articolo 36 della Costituzione, affermando che il Tfs fa parte del compenso differito maturato dal lavoratore e che, come tale, deve essere liquidato in tempi ragionevoli.
La Corte ha quindi sollecitato il Parlamento a intervenire per garantire tempi più equi e rispettosi della dignità del lavoratore, pur senza dichiarare incostituzionale l’intera disciplina, proprio per lasciare al legislatore il compito di ridefinire la materia.
Cosa cambia nel 2027
Come anticipato, la novità introdotta dall’articolo 44 della Legge di Bilancio 2026 riguarda la riduzione dei tempi di pagamento del Tfs per i dipendenti pubblici: per chi matura i requisiti di pensionamento successivamente all’1° gennaio 2027, l’Inps dovrà liquidare la prima tranche della buonuscita entro 9 mesi, invece degli attuali 12, nei soli casi di cessazione per raggiunti limiti d’età o per pensionamento ordinario.
A prima vista sembra un segnale positivo: una misura attesa da anni che accorcia - anche se di poco - i tempi di attesa di una liquidazione spesso percepita dopo anni. In realtà, la ratio della norma sembrerebbe diversa, visto che la riduzione dei 3 mesi serve a compensare l’aumento dell’età pensionabile che scatterà proprio nel 2027, come previsto dagli articoli 42 e 43 della stessa manovra.
Dal 2027, infatti, tornerà in vigore l’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita Istat, sospeso negli ultimi anni, che farà sì che:
- nel 2027 i requisiti aumenteranno di 1 mese;
- nel 2028 di altri 2 mesi, raggiungendo così un totale di 3 mesi di incremento complessivo rispetto al 2026.
In pratica, nel 2027 chi maturerà i requisiti 1 mese dopo rispetto a oggi potrà comunque beneficiare di un anticipo di 3 mesi nel pagamento del Tfs, guadagnando 2 mesi effettivi. Dal 2028, invece, con l’aumento complessivo di 3 mesi dei requisiti pensionistici, l’effetto si azzera: si andrà in pensione 3 mesi più tardi, ma la liquidazione arriverà 3 mesi prima.
Diverso il discorso per Forze Armate, Forze di Polizia e Vigili del Fuoco. Per questi comparti, l’articolo 42 della Legge di Bilancio prevede subito dal 2027 un incremento pieno di 3 mesi dei requisiti per la pensione. Di conseguenza, per il personale in divisa l’effetto compensativo viene annullato sin dall’inizio: si andrà in pensione 3 mesi dopo, ma si riceverà il TFS 3 mesi prima, rimanendo di fatto nella stessa condizione attuale.
Per queste ragioni, la riduzione dei tempi di pagamento del Tfs dei dipendenti pubblici non rappresenta un vero vantaggio economico, quanto più un tentativo di non penalizzare ulteriormente chi, dal 2027 in poi, dovrà attendere più a lungo per lasciare il lavoro. Siamo lontani, quindi, dall’attuazione delle indicazioni date dalla Corte Costituzionale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti