Oggi, 30 luglio 2025, è arrivata la decisione della Fed guidata da Jerome Powell sui tassi. La frase sull’inflazione. Money.it segue gli aggiornamenti in tempo reale.
Tassi sui fed funds USA ancora inchiodati al range compreso tra il 4,25% e il 4,5%, per la quinta volta consecutiva dall’inizio del 2025. Niente da fare per Trump e per quella platea delle colombe che si sta facendo sempre più affollata.
La verità è che per Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, è ancora troppo presto riuscire a capire le reali conseguenze che i dazi imposti dall’amministrazione USA, praticamente contro tutto il mondo, avranno sulla crescita del PIL e dell’inflazione degli Stati Uniti.
Contrastata la performance di Wall Street: il Dow industrial average ha perso 171,71 punti (-0,3%), a quota 44.461,28, mentre lo S&P 500 ha ceduto lo 0,12% a quota 6.362.90. Il Nasdaq Composite ha terminato la sessione invece in rialzo dello 0,15% a 21.129,67 punti.
Tassi Fed inchiodati al 4,25%-4,5% per la quinta volta consecutiva. Tagli ancora più lontani?
I tassi di interesse degli Stati Uniti sono stati lasciati così fermi, e sui mercati si sono ridotte anche le speranze di un taglio che si presenti a settembre.
Le scommesse sulla prima sforbiciata del 2025 nella prossima riunione di settembre si sono infatti assottigliate da una probabilità pari al 68% precedente il meeting di oggi della Fed, al 45%.
Tutto, mentre Wall Street ha virato in rosso dopo che i trader hanno capito che Powell non ha alcuna fretta, tuttora, di tagliare i tassi, per poi terminare la sessione in modo contrastato.
L’unica certezza è che oggi c’è stata una grande novità che ha fatto la storia della Fed.
La Fed e quei due no allo status quo sui tassi deciso da Powell che hanno fatto la storia
Oggi, mercoledì 30 luglio 2025, per la prima volta dal 1993, ci sono stati due esponenti del FOMC, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, che hanno manifestato ufficialmente il loro dissenso nei confronti della decisione sui tassi che è stata presa dalla maggioranza.
Si è trattato di Christopher Waller e di Michelle Bowman che, nelle ultime settimane, avevano rilasciato dichiarazioni dovish, auspicando una sforbiciata dei tassi che, anche stavolta, non si è palesata.
I due avevano chiesto una riduzione dei tassi, la prima del 2025, pari a 25 punti base.
La scelta di oggi della Fed non è stata dunque unanime: lo status quo sui tassi, rimasti all’interno della forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,5%, ha ricevuto 9 voti favorevoli e 2 contrari.
Detto questo, i due no sono risultati in qualche modo sospetti visto che, così come ha sottolineato alla CNBC Art Hogan, chief market strategist di B. Riley Wealth, entrambi i nomi di Waller e Bowman fanno parte della rosa che include i candidati considerati papabili a prendere il posto della presidenza della Fed quando, nel maggio del 2026, scadrà il mandato di Jerome Powell (per la gioia di Donald Trump). Trump che si è detto pronto in diverse occasioni anche a mandare a casa in anticipo il banchiere centrale: in poche parole, a silurarlo.
Hogan ha puntualizzato che oggi è stata la prima volta in 30 anni circa, e dopo 259 riunioni consecutive del FOMC, in cui due governatori dell’istituzione si sono opposti alla decisione sui tassi presa dalla maggioranza.
Quello di oggi è stato anche il primo meeting della Fed successivo alla visita di Donald Trump al quartiere generale dell’istituzione di Washington. Visita che per Trump è stata una sorta di umiliazione, visto il modo impassibile con cui Powell ha smontato le sue accuse, in quella occasione relative a presunti costi eccessivi che la Banca centrale avrebbe sostenuto sforando il proprio budget.
Ma oggi Powell ha commentato quella visita con toni decisamente concilianti, affermando che “è stato un onore ospitare” Trump e osservando che “non è qualcosa che accade molto spesso avere un presidente che viene da noi”, dunque nel quartiere generale della Fed di Washington.
Tornando alla questione tassi, il rebus rimane. La sensazione dei mercati è che Powell non abbia alcuna fretta di tagliarli, non prima di avere il quadro più chiaro sulle conseguenze dei dazi di Trump sia sull’espansione dell’economia che sull’inflazione.
Tra le frasi che sono state ripetute più volte nella giornata di oggi, quella con cui Powell ha ribadito che il mercato del lavoro USA versa in buone condizioni, è solido, a fronte di una inflazione che rimane superiore all’obiettivo (del 2%) della Fed, anche escludendo l’effetto dei dazi. Una ammissione non da poco, che ha gelato le colombe.
I tagli dei tassi possono insomma ancora aspettare. Powell ha di fatto sottolineato che “riteniamo che la nostra politica monetaria sia appropriata per far fronte ai rischi che incombono sull’inflazione ”.
Fed Day, aggiornamenti in diretta di Money.it
La Fed di Jerome Powell ha confermato di nuovo lo status quo sui tassi sui fed funds USA, che sono stati lasciati fermi al 4,25%-4,5%.
L’annuncio relativo alla decisione di politica monetaria è arrivato oggi, mercoledì 30 luglio 2025, alle 20 ora italiana.
Alle 20.30, ha preso poi il via come di consueto la conferenza stampa con cui il presidente della Banca centrale americana Jerome Powell ha risposto alle domande dei giornalisti.
La conferenza stampa si è conclusa alle 21.15 con le dichiarazioni con cui Powell ha rimarcato la necessità che la Banca centrale americana, posta da settimane e mesi sotto assedio da Donald Trump, rimanga indipendente, e che questa indipendenza venga rispettata.
Wall Street vira in rosso, Fed non pronta a tagliare i tassi
Wall Street vira in territorio negativo, con gli operatori di mercato che interpretano le dichiarazioni di Jerome Powell come la dimostrazione di una Fed che non è ancora pronta a tagliare i tassi. Di conseguenza, mentre il presidente della Banca centrale americana parla, il Dow Jones scende di 360 punti (-0,80%), a quota 44.318 punti, mentre lo S&P 500 arretra dello 0,50% a 6.340 punti. Il Nasdaq Composite perde lo 0,30%, a quota 21.052 punti circa.
Powell, la Fed si assicurerà che non si manifesti una inflazione significativa
“ I dazi stanno iniziando a manifestarsi in alcuni prezzi al consumo ”, ha detto Powell, aggiungendo che permarrà per molto tempo l’incertezza su quello che sarà l’impatto delle tariffe. Ma “noi (la Fed) garantiremo che non si manifesti una inflazione significativa ”, mentre “cerchiamo di centrare il nostro obiettivo in modo efficiente”.
Riguardo agli stimoli fiscali che sono stati promossi dall’amministrazione Trump, “ potrebbero esserci alcune conseguenze espansive, ma non di grande rilievo”.
Fed, Powell: politica monetaria moderatamente restrittiva. Inflazione oltre il 2% anche senza dazi. La frase su riunione settembre
Il presidente della Fed Jerome Powell considera il livello attuale della politica monetaria “ moderatamente restrittivo ”. Lo ha detto lo stesso banchiere centrale, facendo notare che “l’inflazione (USA) viaggia al di sopra del 2% anche escludendo l’impatto dei dazi ”. Questo, mentre non ci sono segnali che indicano che i tassi stiano frenando l’economia in modo inappropriato. “La Fed ritiene che disporrà di maggiori informazioni nei prossimi mesi”, ha sottolineato Powell ma “ non abbiamo preso nessuna decisione su settembre ”, in attesa di ricevere altri due dati sull’occupazione e sull’inflazione prima della riunione di quel mese.
Fed, Powell parla dell’effetto dei dazi di Trump. L’effetto sull’inflazione
“I dazi hanno esercitato una pressione su alcuni prodotti ma l’impatto più ampio rimane incerto. Uno scenario di base ragionevole è che i rischi sull’inflazione siano di un rialzo momentaneo dei prezzi”, ma questa previsione “è incerta”. Lo ha detto il banchiere centrale Powell, spiegando la ragione per cui i tassi USA sono stati lasciati fermi per la quinta volta consecutiva. L’attuale impostazione di politica monetaria, ha detto Powell, viene considerata dalla Fed “ appropriata ad affrontare i rischi che incombono sull’inflazione ”, in un contesto in cui la banca centrale terminerà la revisione della propria politica monetaria entro la fine dell’estate.
Fed, Powell: spese per consumi rallentano, ma mercato lavoro vicino al suo massimo
“ L’inflazione (USA) è rimasta in qualche modo al di sopra del target ”. Così Powell ha commentato il trend delle pressioni inflazionistiche, nel prendere la parola dopo l’annuncio sui tassi della Fed.
In ogni caso, la Fed “crede che le attuali condizioni di politica monetaria ci consentano di essere ben posizionati a rispondere in modo tempestivo ” a qualsiasi situazione dovesse presentarsi. L’indebolimento della crescita, ha spiegato il banchiere centrale, “riflette il rallentamento delle spese per consumi ” e, in generale, “il settore immobiliare rimane debole”.
Detto questo, “ la disoccupazione è bassa e un’ampia gamma di indicatori suggerisce che il mercato del lavoro, in questo momento, è vicino al suo massimo”. Riguardo all’inflazione, Powell ha detto di prevedere che l’indice PCE sia salito del 2,5% a giugno su base annua, a fronte di una crescita del PCE core pari a +2,7%.
Iniziata conferenza stampa Powell, crescita PIL USA ha moderato il passo, +1,2% in I semestre 2025
“ Le condizioni dell’economia (USA) sono solide ”. Così Jerome Powell, presidente della Fed, nel prendere la parola, dando il via alla conferenza stampa con cui spiegherà la decisione della Banca centrale americana di lasciare i tassi invariati all’interno della forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,5%.
Powell ha messo in evidenza che la crescita del PIL USA ha moderato il passo, riportando un ritmo di espansione dell’1,2% nel primo semestre del 2025, in calo rispetto al +2,5% del 2024, “ a causa delle spese per consumi più deboli , e nonostante il rialzo più forte del secondo trimestre (diffuso oggi), pari a +3%”.
Parla l’Investment Director del reddito fisso di Capital Group. I consigli agli investitori
In evidenza il commento alla decisione della Fed sui tassi di Flavio Carpenzano, Investment Director Reddito Fisso di Capital Group:
“Sebbene la Federal Reserve abbia deciso di mantenere invariati i tassi di interesse, la possibilità di un taglio dei tassi nelle prossime riunioni rimane aperta, poiché occorre bilanciare i dati economici in calo con la possibilità di un’inflazione persistente. Un ciclo di politica monetaria accomodante dovrebbe continuare a sostenere le allocazioni di credito di qualità superiore. A parte un breve sell off nel mese di aprile, dopo il Liberation Day, le valutazioni del credito sono rimaste resilienti, sostenute da potenti forze tecniche. L’elevata liquidità disponibile in attesa di essere investita e il costante sostegno delle politiche continuano a comprimere i premi per il rischio e a smorzare la volatilità. Queste dinamiche possono mantenere gli spread ancora relativamente contenuti nonostante l’incertezza economica”.
Carpenzano ha continuato sottolineando che “in questo contesto, è essenziale un posizionamento ponderato. Concentrarsi sul credito di qualità superiore può aiutare a proteggere i portafogli, continuando a generare reddito”.
Di fatto, con “mercati inclini a cambiamenti improvvisi, selettività e flessibilità sono fondamentali ” e “un insegnamento importante che si può trarre dalla recente volatilità è il valore di mantenere un’allocazione difensiva solida per contribuire a stabilizzare i rendimenti ”.
Di conseguenza, “riteniamo che il credito di qualità superiore sia in una posizione favorevole per generare rendimenti”.
L’esperto ha così concluso la nota:
“A sostegno della solidità intrinseca del credito vi sono i fondamentali societari e la resilienza dei consumatori, che rimangono robusti nonostante l’incertezza legata al commercio. Nel segmento Investment Grade, gli indicatori di credito sono particolarmente solidi rispetto agli standard storici, con opportunità emergenti in settori quali le banche europee, le utility elettriche USA e il farmaceutico. Queste obbligazioni offrono inoltre una fonte di duration, che può rivelarsi utile in caso di rallentamento prolungato della crescita economica. In un contesto caratterizzato da una solida salute delle imprese e da consumatori resilienti, riteniamo che il credito di qualità superiore possa continuare a fornire il sostegno difensivo di cui i portafogli necessitano”.
Il commento dell’economista di Capital Group post annuncio tassi
Così Robert Lind, Economista di Capital Group commenta la decisione sui tassi della Fed:
“L’impatto completo dei recenti accordi commerciali deve ancora manifestarsi, lasciando ai policy maker il compito di trovare un delicato equilibrio tra il rallentamento della crescita e il rischio di un’inflazione persistente. Sebbene la Federal Reserve abbia adottato una posizione neutrale per il momento, siamo relativamente ottimisti sulle prospettive di crescita globale. Detto ciò, stiamo iniziando a osservare i primi segnali di rallentamento dell’economia statunitense. L’impatto dei dazi dovrebbe spingere al rialzo l’inflazione e rallentare la crescita, esercitando ulteriori pressioni sulla Fed. Un modesto allentamento della politica monetaria nel corso dell’anno appare plausibile, ma la flessibilità della Fed potrebbe essere limitata se l’inflazione si rivelasse più persistente del previsto. In Europa, anche le banche centrali dovrebbero allentare leggermente la politica monetaria per compensare gli effetti dei dazi e della forza della valuta rispetto al dollaro. Nel frattempo, il Giappone dovrebbe proseguire il suo graduale percorso di inasprimento. Nel complesso, il contesto politico globale rimane eterogeneo e gli investitori dovrebbero prestare attenzione al modo in cui le banche centrali bilanciano i rischi di inflazione con la necessità di sostenere la crescita”.
Wall Street, la reazione all’annuncio sui tassi
Wall Street rimane lievemente positiva in attesa dell’inizio della conferenza stampa che vedrà il presidente della Fed Jerome Powell spiegare l’ennesima decisione di lasciare i tassi USA invariati. Il Dow Jones è piatto, mentre lo S&P 500 e il Nasdaq Composite salgono rispettivamente dello 0,19% e dello 0,42%.
Tassi Fed, Bowman e Waller avrebbero preferito taglio tassi di 25 pb
Nel comunicato del FOMC si legge chiaramente che i membri che hanno votato per la decisione odierna di politica monetaria, ovvero per lo status quo sui tassi sono stati Jerome H. Powell, presidente; John C. Williams, vicepresidente; Michael S. Barr; Susan M. Collins; Lisa D. Cook; Austan D. Goolsbee; Philip N. Jefferson; Alberto G. Musalem; e Jeffrey R. Schmid.
Hanno votato invece contro, si legge, “ Michelle W. Bowman e Christopher J. Waller , che avrebbero preferito un taglio dei tassi sui fed funds di 1/4 di punto percentuale in questo meeting”. Assente e quindi esponente che non ha votato è stata Adriana D. Kugler.
Cosa è cambiato nel comunicato della Fed rispetto alla riunione di giugno
Dal comunicato del FOMC relativo alla decisione della Fed sui tassi, emerge un tono più cauto riguardo alle condizioni di salute dell’economia USA.
Al termine della riunione di giugno, la Commissione aveva infatti sottolineato che l’economia aveva continuato a espandersi “a un ritmo solido”. Nel comunicato appena diffuso, si parla invece di una crescita moderata. Ancora, la Fed ha messo in evidenza nella nota diffusa oggi che l’incertezza sulle condizioni “rimane elevata”, esprimendo maggiori dubbi sul futuro rispetto a giugno, quando aveva scritto che “l’incertezza è diminuita ma è rimasta elevata”.
Comunicato tassi Fed: “tasso di disoccupazione rimane basso, inflazione rimane in qualche modo elevata”
“Sebbene le oscillazioni delle esportazioni nette continuino a condizionare i dati, gli ultimi indicatori suggeriscono che l’attività economica ha moderato il passo nel primo semestre dell’anno ”. Così si legge nel comunicato con cui il FOMC ha annunciato la decisione di lasciare i tassi USA fermi al 4,25%-4,5%. Nel comunicato si legge anche che “ il tasso di disoccupazione rimane basso , e le condizioni del mercato del lavoro rimangono solide. L’inflazione rimane in qualche modo elevata ”.
La Fed lascia tassi fermi al 4,25%-4,5% per la quinta volta consecutiva
A dispetto dei ripetuti appelli lanciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il numero uno della Fed Jerome Powell ha confermato i tassi sui fed funds all’interno della forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,5%, per la quinta volta consecutiva, come da attese.
Poco prima della pubblicazione del comunicato da parte del FOMC, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, lo S&P 500 guadagnava lo 0,26%, il Nasdaq Composite saliva dello 0,48%, mentre il Dow Jones Industrial Average oscillava appena poco al di sopra della parità (+0,06%). I rendimenti decennali dei Treasury USA erano in rialzo di quasi 3 punti base, al 4,356% e i rendimenti a due anni avanzavano di quasi 2 punti base, al 3,893%.
Per la prima volta dal 1993, sono stati due gli esponenti del FOMC che, come previsto, hanno deciso di votare contro lo status quo sui tassi. Si tratta di Christopher Waller e di Michelle Bowman, che avevano auspicato un primo taglio dei tassi nel 2025, per questa riunione di luglio, da parte della Banca centrale americana.
Il commento su dato PIL USA di Janus Henderson. Dopotutto Powell ha ragione?
Lara Castleton, US Head of Portfolio Construction & Strategy di Janus Henderson ha commentato in vista della decisione sui tassi della Fed di Jerome Powell i dati preliminari relativi al PIL statunitense del secondo trimestre 2025 diffusi nella giornata di oggi, osservando che i numeri hanno messo in evidenza “una solida ripresa dell’attività economica, con un aumento del 3,0% rispetto alla contrazione dello 0,5% registrata nel primo trimestre, superando le aspettative del mercato”. Si tratta di dati, ha fatto notare Clastleton, che “ contrastano nettamente con le previsioni catastrofiche successive all’annuncio dei dazi , dimostrando che la crescita è ben lontana dai livelli di recessione”.
L’esperta ha sottolineato di conseguenza che, “sebbene sia vero che le oscillazioni del PIL nella prima metà dell’anno sono in gran parte legate alle importazioni in vista dell’introduzione dei dazi, questi dati non sono del tutto distorti”. Occhio per esempio ai “ consumi personali, il principale contributo al PIL ”, che “si sono attestati all’1,4%, segno che i consumatori sono ancora apparentemente attivi ”.
Detto questo, è “necessaria cautela per quanto riguarda gli investimenti fissi delle imprese e delle famiglie, che sono stati più deboli e potrebbero segnalare un rallentamento della domanda interna ”.
Dal PIL USA è in ogni caso emerso che “questi dati dimostrano che le previsioni di recessione sono infondate e che l’economia è più forte di quanto molti avrebbero previsto”, anche se “sarà importante analizzare attentamente i dati per finanziare una crescita sostenibile per il resto dell’anno”.
Secondo la responsabile della divisione di strategia e costruzione di portafoglio di Janus Henderson “i fattori positivi dovrebbero essere gli investimenti nelle infrastrutture di intelligenza artificiale e la spesa fiscale prevista dall’One Beautiful Big Act, ma tutti gli occhi saranno puntati sui consumatori e sul mercato del lavoro, che sono resilienti ma mostrano segni di cedimento sotto la superficie ”.
Dunque, “gli investitori dovrebbero rimanere pronti a mantenere la rotta in questo contesto, puntando sulla crescita e cercando opportunità in società di qualità” mentre “allo stesso tempo, la Fed dovrebbe mantenere invariati i tassi e gli investitori dovrebbero evitare di estendere la duration oltre la parte centrale della curva in preparazione di uno scenario apocalittico che non si è concretizzato”.
Ftse Mib in solido rialzo nel Fed Day. Azione migliore Intesa SanPaolo, collassa Amplifon
Piazza Affari ha chiuso la giornata di contrattazioni in territorio positivo, con l’indice Ftse Mib che ha riportato un progresso dello 0,98%, a quota 41.637,73 punti. Tra le azioni migliori del listino benchmark della borsa Milano Intesa SanPaolo, in cima al Ftse Mib, dopo la pubblicazione dei conti relativi al secondo trimestre e al primo semestre del 2025. La banca guidata dal CEO Carlo Messina ha migliorato la guidance sull’utile netto dell’anno. Tra le azioni migliori anche BPER e Monte dei Paschi di Siena, oltre a Prysmian. Tra le azioni peggiori, il triste podio è toccato ad Amplifon, crollata di oltre il 25% dopo la pubblicazione della trimestrale e il taglio della guidance. Maglie nere del Ftse Mib anche Stellantis, Recordati, Hera.
Robeco: la Fed taglierà i tassi, ecco di quanto entro la primavera del 2026
Tra gli economisti che hanno diffuso le loro previsioni su quanto emergerà oggi, 30 luglio 2025, dalla riunione del FOMC anche Martin Van Vliet, Global Macro Strategist di Robeco, che ha ricordato che, “dopo aver allentato di 100 punti base nel secondo semestre del 2024, il Federal Open Market Committee (FOMC) ha mantenuto invariato il range obiettivo per i tassi sui FED Funds al 4,25%-4,50%”.
Van Vliet ha messo in evidenza che “l’ultima decisione di mantenere invariati i tassi, presa a giugno, è stata nuovamente motivata dalla combinazione di un’inflazione ’leggermente elevata’ e condizioni ’solide’ del mercato del lavoro, in un contesto di persistente incertezza circa l’entità dell’aumento dei prezzi al consumo e del rallentamento della crescita causati dai dazi sulle importazioni”.
L’esperto ha fatto notare che, in questo contesto, “durante la conferenza stampa di giugno, il presidente Powell ha ribadito che la Fed è ’in una posizione favorevole per attendere’ e potrebbe [presto] trovarsi in uno ’scenario difficile’ in cui i suoi ’obiettivi di doppio mandato sono intenzionali’ ”.
Dunque? Lo strategist macro di Robeco ha affermato di condividere quanto affermato da Powell, aggiungendo che la view è che “nei prossimi mesi l’inflazione dei prezzi dei beni indotta dai dazi continuerà ad aumentare ” e che le stime sono anche di “ una crescita più debole dell’occupazione , nonché revisioni al ribasso dei dati di riferimento sull’occupazione relativa al periodo precedente, in programma all’inizio di settembre”.
Tutto questo, mentre “l’amministrazione Trump, e in particolare il presidente stesso, sta esercitando pressioni sulla Fed affinché riduca i tassi di interesse, tra voci di una rimozione involontaria del presidente della Fed. Una doppia sfida, senza dubbio”.
Qual è in questa situazione lo scenario di base sui tassi di Robeco? Così Martin Van Vliet:
“Il nostro scenario di base (ancora) prevede una ripresa del ciclo di allentamento della Fed entro settembre, con un taglio complessivo dei tassi di 100 punti base entro la primavera del 2026. Data la possibilità che la debolezza del mercato del lavoro si manifesti più tardi di quanto ipotizziamo, il rischio per questa visione di base è orientato verso un inizio più tardivo dei tagli. Riteniamo infatti che vi sia un 20% di probabilità che, come previsto da 7 dei 19 membri del FOMC, la Fed mantenga i tassi di interesse attuali fino al prossimo anno, potenzialmente in risposta a un aumento delle aspettative di inflazione indotto dai dazi. Assegniamo una probabilità del 25% a uno scenario recessivo, in cui potrebbero concretizzarsi tagli dei tassi più consistenti. Tenendo conto di questi scenari, la nostra previsione ponderata sulla probabilità per il tasso dei fed Funds è leggermente inferiore alle attuali quotazioni di mercato per il resto del 2025 e per il primo semestre del 2026”.
Le previsioni su cosa farà la Fed (ma anche la BOJ) di UBP. Focus su EUR-USD e USD-JPY
Così Michaël Lok, Group CIO e Co-CEO Asset Management di UBP, annuncia in una nota le previsoni sull’esito della riunione del FOMC, il braccio di politica monetaria della Fed, atteso alle 20 nella giornata di oggi:
“I governatori della Fed valuteranno l’impatto dei dazi sul loro dual mandate (ovveroobiettivi di inflazione e di massima occupazione). Sebbene i tassi dovrebbero rimanere invariati al 4,50% per il momento, prevediamo due tagli entro fine anno. È poco probabile che il dollaro tragga beneficio dalla decisione del FOMC di mantenere invariati i tassi, soprattutto in presenza di un possibile voto diviso al suo interno, che potrebbe anzi alimentare pressioni al rialzo sull’EUR/USD. Inoltre, il Tesoro USA pubblicherà le stime di rifinanziamento per il terzo trimestre, facendo luce sulla propria strategia per finanziare il crescente deficit di bilancio”.
Lok ha ricordato che, in partiicolare, “ il cambio USD/JPY è sceso a livelli intorno a 146,50 , dopo le elezioni della Camera alta giapponese”, con lo yen che “ha beneficiato dell’annuncio di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Giappone, mentre i mercati hanno iniziato a scontare un rialzo dei tassi da parte della Banca del Giappone (BoJ) a ottobre”.
Attesa dunque anche per il verdetto sui tassi che arriverà domani da parte della Bank of Japan (BOJ), che dovrebbe secondo il direttore degli investimenti di UBP mantenere i tassi invariati allo 0,50%. Di conseguenza, per ora, “è improbabile che il cambio USD-JPY esca dai recenti intervalli di oscillazione ”.
Wall Street poco mossa dopo dato PIL USA. Dollaro in forte ripresa
Wall Street ha aperto la giornata di contrattazioni poco mossa, con gli operatori di mercato che, in vista del verdetto sui tassi della Fed, stanno ancora digerendo la pubblicazione del dato macro relativo al PIL USA.
Il Dow Jones rimane praticamente ingessato (+0,01%), mentre lo S&P 500 e il Nasdaq avanzano rispettivamente dello 0,11% e dello 0,25%. I rendimenti dei Treasury USA a 10 anni segnano un progresso al 4,37%, mentre sul mercato del forex si conferma molto solida la performance del dollaro, con il rapporto EUR-USD che perde lo 0,70% a $1,1462 circa, e il cambio USD-JPY, ovvero dollaro-yen, in crescita dello 0,40%, a quota JPY 149,06.
Wall Street, futures in lieve rialzo post dato PIL USA. Il dato dà ragione a Powell
In attesa dell’annuncio sui tassi da parte della Fed, i futures sui principali indici azionari americani riportano un lieve rialzo. Piatti i contratti sull’indice Dow Jones, che viaggiano appena al di sopra della parità, mentre i futures sullo S&P 500 e sul Nasdaq Composite avanzano rispettivamente dello 0,10% e dello 0,20%. Ieri Wall Street ha fatto un passo indietro rispetto ai recenti record incassati, con il Dow Jones che ha chiuso in ribasso dello 0,46%, di 204 punti circa, a 44.632,99 punti, lo S&P 500 che ha ceduto lo 0,30%, a 6.370,86 punti e il Nasdaq che è arretrato dello 0,38%, a quota 21.098,29.
Sotto i riflettori la pubblicazione oggi del dato del PIL degli Stati Uniti relativo al secondo trimestre del 2025, che è salito del 3% su base annua, rispetto al +2,3% previsto dagli economisti di Dow Jones, confermando così come l’economia USA non stia lanciando alcun SOS alla Banca centrale americana.
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