Stupore per le dichiarazioni rilasciate dalla portavoce della Casa Bianca sulla fine dei dati macro. Focus sulla Fed di Powell: cosa può succedere ora ai tassi.
Tutta colpa della Fed. Si potrebbe spiegare con queste poche parole quanto sta accadendo oggi sull’azionario globale, e quanto è accaduto ieri a Wall Street, presa d’assalto dalle vendite, sulla scia dello smorzarsi delle speculazioni su un terzo taglio dei tassi da parte della Federal Reserve nel meeting del FOMC di dicembre, l’ultimo dell’anno.
Da segnalare che la Fed è tornata a tagliare i tassi questo anno soltanto a settembre, annunciando il secondo taglio del 2025 lo scorso 29 ottobre, quando i tassi sui fed funds sono stati abbassati dalla precedente forchetta compresa tra il 4% e il 4,25%, al nuovo range tra il 3,75% e il 4%.
I tassi saranno lasciati a questo livello nell’ultima riunione di dicembre?
Terzo taglio tassi a dicembre meno probabile dopo doccia fredda sui dati dalla Casa Bianca
Le scommesse su una terza e nuova riduzione dei tassi sono state affossate dalle dichiarazioni arrivate dalla Casa Bianca, nello specifico dalla portavoce dell’amministrazione Trump Karoline Leavitt che, nel corso di un incontro con i giornalisti, ha ammesso che è possibile che, a causa dello shutdown che ha paralizzato diverse attività del governo federale USA, diversi dati macroeconomici che avrebbero dovuti essere pubblicati nelle ultime settimane, non vengano più diffusi.
“È possibile che i Democratici abbiano provocato un danno permanente al sistema federale di Statistica e che il CPI (dato relativo all’inflazione USA) e i dati relativi al mercato del lavoro di ottobre non vengano più pubblicati”.
Lo shutdown, ha continuato Leavitt, parlando di “ shutdown dei Democratici, ha reso incredibilmente difficile per gli economisti, gli investitori e per i rappresentanti della Federal Reserve ricevere dati governativi cruciali ”.
L’addetta stampa della Casa Bianca ha aggiunto che è possibile che lo shutdown abbia inoltre sforbiciato la crescita del PIL USA relativa al quarto trimestre fino a -2 punti percentuali, mentre Kevin Hassett, numero uno del National Economic Council, ha riferito che, a suo avviso, gli effetti dell’impasse potrebbero essere di taglio al prodotto interno lordo USA dell’ultimo trimestre dell’anno pari a -1,5 punti percentuali.
Motivo in più per la Fed, potrebbero dire le colombe, per tagliare di nuovo a dicembre. Ma proprio l’assenza di dati cruciali potrebbe convincere invece il presidente della banca centrale americana Jerome Powell a optare per lo status quo sui tassi.
Tra l’altro, a fronte dei timori dell’amministrazione Trump per le conseguenze dello shutdown sul PIL, la maggior parte degli economisti ritiene che l’impatto dovrebbe essere decisamente basso.
La divisione di ricerca di Goldman Sachs ha per esempio addirittura rivisto al rialzo le previsioni sulla crescita del PIL, annunciando di aver migliorato le attese sull’espansione prevista per l’intero 2025 di 0,3 punti percentuali, a un ritmo di espansione pari a +1,3%, a dispetto dello shutdown più lungo della storia, durato più di sei settimane.
Wall Street sotto il fuoco dei sell, smorzate le scommesse dei mercati su terzo taglio tassi Fed a dicembre
L’ottimismo degli economisti, in generale, per la resilienza dell’economia americana - condiviso tra l’altro dallo stesso presidente della Federal Reserve Jerome Powell, come è emerso dalle ultime riunioni del FOMC - unito alla molto probabile assenza, a questo punto, di dati macroeconomici chiave, ha portato i mercati a ridurre subito le aspettative su nuovi tagli dei tassi da parte della Fed.
Risultato: ieri i trader hanno scommesso su un nuovo e terzo taglio dei tassi da parte della istituzione, pari a -25 punti base e nella prossima riunione di dicembre, con una probabilità di quasi il 52%, in deciso calo rispetto alla probabilità pari al 62,9% prezzata il giorno precedente e contro la chance (praticamente una certezza) del 95,5%, di appena un mese fa, stando ai dati del CME FedWatch Tool.
Ed è stato proprio l’improvviso dietrofront delle speculazioni su un terzo taglio dei tassi a dicembre ad affossare il sentiment a Wall Street, erodendolo in modo significativo.
Alle prese anche e soprattutto con la paura di una bolla AI, la borsa USA ha sofferto forti perdite alla vigilia, con l’indice Dow Jones che ha segnato uno scivolone di 800 punti circa, o dell’1,65%, azzerando i guadagni che aveva riportato nella seduta di mercoledì, quando aveva superato la soglia di 48.000 punti.
Di nuovo tartassati dalle vendite sono stati i titoli hi-tech, in particolare Nvidia, Broadcom e la holding a cui fa capo Google, ovvero Alphabet. Male così il Nasdaq Composite, che ha perso il 2,29%, così come anche lo S&P 500, in calo dell’1,66%.
Forti sell a Wall Street infettano la borsa di Tokyo e l’azionario europeo
Tutti e tre i principali indici azionari USA, così come anche l’indice delle small cap Russell 2000, hanno sofferto la sessione peggiore in un mese, ovvero dal 10 ottobre scorso, azzannati da vendite che hanno finito per infettare anche l’Asia e l’Europa, quest’ultima scossa anche dall’alert scattato su alcuni bond.
Male così in Asia l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo, scivolato dell’1,77%, a 50,376.53 punti, così come sta andando male tutto l’azionario europeo, come conferma il trend degli indici del Ftse Mib di Piazza Affari, dell’indice Dax della borsa di Francoforte, del Cac 40 della borsa di Parigi e del Ftse 100 della borsa di Londra.
A far scattare l’allarme sulla possibilità che la Fed rimanga con le mani in mano nel prossimo meeting del FOMC, dopo l’ultima mossa annunciata alla fine di ottobre, sono state anche le dichiarazioni rilasciate da alcuni funzionari della stessa istituzione. Tra queste, sicuramente quelle proferite lo scorso mercoledì 12 novembre dalla presidente della Federal Reserve di Boston Susan Collins, che ha consigliato di fatto a Powell & Co. di propendere per la cautela, lasciando invariati i tassi:
“Considerando il mio scenario di base, sarà probabilmente appropriato lasciare i tassi ai livelli attuali per un po’ di tempo, per bilanciare i rischi sull’inflazione e sull’occupazione presenti in questo contesto altamente incerto”.
Collins ha aggiunto di “individuare diverse ragioni per mantenere l’asticella relativamente alta nel considerare nel breve termine un ulteriore allentamento monetario ”.
Le parole di Collins si sono confermate in linea con le posizioni dei cosiddetti falchi della Fed, che includono il presidente della Fed di Kansas City Jeffrey Schmid - che si è opposto tra l’altro al taglio dei tassi annunciato dalla Banca centrale a ottobre - Beth Hammack della Fed di Cleveland e, secondo la CNBC, anche Alberto Musalem della Fed di St. Louis e Lorie Logan della Federal Reserve Bank di Dallas. Tutti falchi le cui posizioni, si teme ora, si irrigidiranno ulteriormente soprattutto se quei dati cruciali per capire come si è evoluta la crescita dell’economia e, nel loro caso, soprattutto la crescita dell’inflazione, non vedranno mai la luce, come ha avvertito la stessa amministrazione di Donald Trump.
A quel punto il presidente della Fed Jerome Powell, che ha sempre rimarcato la dipendenza della Banca centrale dai dati macro, potrebbe attendere il ritorno della pubblicazione degli indicatori, prima di tornare a muoversi sui tassi. Ed è questo bagno di realtà che sta spaventando, oggi, gli investitori di tutto il mondo.
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