Tassazione obbligazioni: aliquota, come funziona

Isabella Ciuca

28 Giugno 2022 - 14:09

Come si tassano le obbligazioni? C’è differenza tra cedole e capital gain a livello fiscale? Come si dichiarano le plusvalenze?

Tassazione obbligazioni: aliquota, come funziona

Come per qualsiasi strumento finanziario, nel caso in cui l’investitore riesca a guadagnare qualcosa dal proprio investimento si genererà un dovuto verso l’Erario. Nel caso delle obbligazioni, la tassazione riguarda sia le plusvalenze generate (ad esempio, dalla vendita degli strumenti) quanto le cedole corrisposte periodicamente sotto forma di pagamenti intermedi.

In qualche caso, per fortuna, sono previste delle agevolazioni. Ecco come funziona la tassazione delle obbligazioni.

La tassazione e le aliquote

Le obbligazioni sono sottoposte a due tipi di aliquota in base alla tipologia di emittente. Si parla di un’aliquota agevolata al 12,50% per i Titoli di Stato e assimilabili e di una al 26% per tutte le altre tipologie di titoli. Per essere qualificati per il regime di favore che lo Stato italiano riconosce a certe tipologie di investimento, come le obbligazioni emesse da enti sovranazionali o sovrani anche esteri (statali o regionali), i titoli devono essere inclusi in determinate liste (le cosiddette «White List»), aggiornate periodicamente e composte da emittenti con particolari condizioni di collaborazione e comunicazione fiscale con il nostro Paese.

In pratica, beneficiano dell’aliquota agevolata i Bot, i Btp, i Cct e i Ctz, i titoli emessi da enti pubblici come le regioni, le province e i comuni, le obbligazioni di organismi internazionali come la World Bank e la BEI e i bond di stati esteri che fanno parte della «White List». Per quanto riguarda le altre topologie di titoli, in Italia il decreto legge n. 66 del 24/04/2014 ha stabilito l’innalzamento dal 20% al 26% dell’aliquota sugli interessi e sui guadagni di natura finanziaria.

La legge è entrata in vigore a partire dal 1° luglio 2014. Le aliquote si applicano nella medesima misura sia sulle cedole incassate che sul capital gain, quindi sul profitto ottenuto rivendendo, ad esempio, un titolo sul mercato secondario prima della scadenza o sulla plusvalenza ricavata alla scadenza. Resta inteso che le aliquote vanno applicate sempre sulla differenza positiva tra il capitale investito e quello che alla maturità del titolo viene riscosso.

L’imposta da pagare sarà dunque pari al nostro «guadagno» (cedola o capital gain) moltiplicata per l’aliquota corrispondente alla tipologia di emittente. Vediamo come si calcola questo guadagno e su cosa dovremo essere tassati.

Tassazione del capital gain e delle cedole

Possiamo analizzare tre casi diversi per comprendere il funzionamento della tassazione sul capital gain o guadagno in conto capitale. Con il termine capital gain si indica la differenza positiva tra il prezzo di vendita o rimborso di un strumento e il suo prezzo di acquisto o sottoscrizione. Il capital gain rappresenta solo una parte del rendimento totale del rendimento di un’obbligazione poiché non tiene conto dei frutti periodici (le cedole).

  • Se l’obbligazione è stata acquistata all’emissione ed è arrivata a scadenza, al termine riceveremo il valore nominale del titolo e non ci genererà alcun capital gain. In questo caso, l’imposta dovuta sarà pari a zero;
  • Se l’obbligazione è stata acquistata sul mercato secondario e, dunque, a un prezzo diverso dal valore nominale, alla scadenza l’eventuale guadagno si calcolerà come differenza tra il valore nominale e il prezzo di acquisto, se questa è positiva. Si possono infatti verificare due casi: nel primo caso abbiamo pagato il titolo di più del suo valore nominale: in questo caso abbiamo generato una perdita o, meglio, una minusvalenza, che possiamo portare in detrazione con i meccanismi descritti qui; il secondo caso è quello in cui si genera una plusvalenza perché il valore nominale del titolo è maggiore del prezzo che è stato pagato al momento dell’acquisto. Pagheremo su questa differenza l’aliquota dovuta;
  • Se l’obbligazione è stata venduta prima della scadenza a un prezzo maggiore rispetto a quello di acquisto, il guadagno che avremo ottenuto sarà calcolato come differenza tra il valore nominale e il prezzo di vendita sul mercato secondario.

Come già detto, per le cedole sono valide le stesse regole e le stesse aliquote (al 26% o al 12,5% a seconda dell’emittente).

Come dichiarare le plusvalenze

Le plusvalenze sono componenti straordinarie di reddito che si manifestano quando si vende un’immobilizzazione finanziaria. La plusvalenza si genera quando lo strumento finanziario, nel nostro caso l’obbligazione, viene venduta a un prezzo maggiore rispetto al prezzo di acquisto. Le plusvalenze rientrano nella categoria dei «redditi diversi» e sono tassate sempre al 26% salvo le eccezioni di cui abbiamo parlato in precedenza per i titoli white list.

Se ci si trova in regime amministrato e, quindi, la nostra banca opera come nostro sostituto di imposta, sarà l’intermediario stesso che controllerà la nostra posizione fiscale e pagherà quanto dovuto al fisco. Se, invece, ci troviamo in regime dichiarativo, saremo noi stessi a calcolare la nostra posizione fiscale e pagare le tasse dovute. Ricordiamo che le plusvalenze realizzate possono essere portate a compensazione di eventuali minusvalenze accantonate nello zainetto fiscale, con meccanismi più laboriosi ma flessibili nel caso del regime dichiarativo, più comodi ma più rigidi nel caso del regime amministrato. Abbiamo già parlato di cosa sono le minusvalenze e di come si possono recuperare.

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