I titoli del Tesoro con ricchi ritorni effettivi a scadenza presentano un grosso problema di fondo. Scegliere il rischio o il rendimento?
Nel corso del tempo la yield curve sale e scende muovendosi in scia agli eventi di mercato. Parallelamente prezzi e rendimenti imboccano i rispettivi trend sulle orme della prima, la cui corretta interpretazione resta quindi fondamentale per investire con successo sull’asset.
Prendiamo il caso dei bond targati MEF con lunghe scadenze che offrono ancora ritorni effettivi di tutto rispetto. Ad esempio assicura più del 100% di rendimento totale su questo BTP con cedola 2,45% per i prossimi 25 anni, ma presenta un grosso interrogativo di fondo. Vediamo di quale si tratta.
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Titoli di Stato corti, medi o lunga scadenza?
L’avvento imperioso dell’inflazione a inizio decennio ha inaugurato la stagione dei rialzi dei tassi di interesse. Se fino a metà luglio 2022 si era allo 0,00%, il 27/07 si passò allo 0,50%, il 14/09 all’1,25%, il 02/11 al 2,00% e il 21/12/’22 al 2,50%. I rialzi seguirono anche nel 2023 fino al 20 settembre, quando si giunse al picco del 4,50%. Il percorso inverso è iniziato 12/06/’24 con il primo taglio di un quarto di punto (4,25%) ed è proseguito fino al 2,15% dell’11/06/’25.
Morale, qualche anno fa bastava un BTP 10y per assicurarsi un 4,50% circa di rendimento effettivo a scadenza e mixare più obiettivi in un unico strumento. Ossia certezza del capitale a scadenza, un discreto ritorno sul reddito fisso, un impegno temporale non breve ma neanche eccessivamente lungo. Nel frattempo il contesto è cambiato (i rendimenti sono scesi) ma non è ancora tornato indietro all’era pre-Covid, semmai vi ritornerà e se sì, quando lo farà?
A grandi linee oggi il cassettista medio retail (ma anche tanti istituzionali) predilige le medie durate, magari con data rimborso entro i 10 anni, con ritorni in area 3% circa. Pensiamo per un attimo a quanti contratti si sono conclusi in occasione delle 5 serie del BTP Valore. I titoli corti, invece, restano sempre dei buoni parcheggi della liquidità sul breve, alternativi al risparmio postale e/o ai conti deposito. Il discorso infine si complica per i titoli lunghi: come approcciare ad essi, quanti rischi e quante opportunità d’investimento offrono realmente?
Il BTP Tf 2,45% in scadenza tra 25 anni
Consideriamo il BTP con identificativo ISIN IT0005398406 emesso il 1° settembre del 2019 e scadenza alla stessa data del 2050, ossia una durata in origine a 30 anni. Se vogliamo, un “cugino” del più recente BTP Fx4,3% Oct54 nato a settembre dell’anno scorso, cioè un altro trentennale nato però in epoca differente.
Ora, per quest’ultimo è irrilevante l’essere nato a 5 anni di distanza dal BTP Tf2,45% St50? Se il contesto di mercato fosse rimasto lo stesso, non più di tanto. Invece il differente macro scenario monetario di fondo e la diversa percezione del rischio del mercato nei rispettivi tempi di emissione hanno influito sul nominale in origine dei due titoli “cugini”. Il recente BTP Oct54 offre infatti interessi annui lordi del 4,30%, essendo nato sui massimi dei tassi BCE. Invece il payout del BTP St50 è del 2,45%, quasi due punti percentuali in meno per 30 anni, davvero tanta roba. In compenso si approssimano di più i rendimenti effettivi a scadenza, con il St50 che rende il 4,24% e l’Oct54 il 4,42% (dati: Borsa Italiana).
In soldoni, quindi, l’obbligazione ISIN IT0005398406 garantisce un rendimento totale netto poco oltre il 100% tra l’insieme di tutte le cedole e la plusvalenza finale del rimborso a 100.
Più del 100% di rendimento totale su questo BTP con cedola 2,45% per i prossimi 25 anni
In verità rispetto al BTP Oct54 a ricca cedola c’è che qui la componente “plusvalenza finale” pesa assai sull’economia dell’investimento. Il BTP Tf 2,45% St50 ha chiuso la scorsa ottava a 73,48, un prezzo a sconto di quasi il 27% sul valore di emissione, a differenza del 99,21 del BTP Oct54. Detta diversamente, oggi il ritorno effettivo a scadenza del titolo giovane è quasi tutto dovuto alle cedole, mentre quello del bond più anziano dipende non poco dal recupero delle quotazioni. Questo perché intanto di sicuro ci sono gli interessi annui lordi fissati in origine, mentre il recupero dei corsi è tutto da dimostrare, ricercare e attendere.
Da emissione a oggi il massimo storico del BTP Tf 2,45% St50 è stato a 127,1 il 12 febbraio 2021, e minimo a 59,38 il 4 ottobre 2023. I rispettivi min/max degli ultimi 12 mesi, invece, rispettivamente a 68,66 il 14/03/’25 e a 80,91 il 6/12/’24.
Il vero dilemma del titolo, quindi, sta tutto nel “quando?” i suoi corsi torneranno verso la pari, e questo per almeno 3 categorie di investitori. Vale a dire quelli della prima ora, che oggi si ritrovano con potenziali perdite in doppia cifra in portafoglio, e perdite reali in caso di effettiva liquidazione ai corsi attuali. Gli investitori degli ultimi tempi e/o prossimi a venire, fossero cassettisti o trader in bond. I primi hanno a cuore cedola e rendimento, per cui un titolo che li garantisce entrambi espone a un minor livello di rischio. Ad esempio la sua duration modificata del BTP St50 è del 16,64, maggiore del 15,83 del BTP Oct50, malgrado quest’ultimo abbia una durata residua maggiore. Per i secondi, invece, il tempo è la risorsa chiave per fare denaro e tenerlo incagliato a lungo equivale a un mezzo flop del trade in essere.
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