Ecco come funzionano i congedi per lutto: quanti giorni spettano, quando si possono richiedere (anche in base al contratto) e per quali familiari.
I permessi per lutto (o congedi per lutto) permettono ai lavoratori dipendenti di assentarsi dal lavoro in caso di decesso di un familiare.
La legge italiana (art. 4, c.1, L. 53/2000) riconosce il diritto a 3 giorni di permesso retribuito per la perdita del coniuge, del convivente o di un parente entro il secondo grado. L’assenza è quindi giustificata e non intacca lo stipendio.
Per ottenerli, il lavoratore deve fare richiesta al datore di lavoro, allegando il certificato di morte (o un’autocertificazione). Il permesso va usato entro 7 giorni dal decesso.
Ma non tutte le categorie di lavoratori possono usufruire allo stesso modo dei medesimi giorni di assenza retribuiti, soprattutto se si parla di lavoratori autonomi e non dipendenti. Ecco, allora, come funziona il congedo per lutto familiare e cosa dice la normativa vigente.
Cosa sono i permessi per lutto e a chi spettano
I congedi o permessi per lutto rientrano in una disposizione normativa che consente ai lavoratore dipendenti di assentarsi volontariamente in caso di decesso di un familiare stretto - in seguito vedremo entro quale grado di parentela. Tali assenze sono retribuite e non comportano alcuna limitazione o diminuzione sullo stipendio. Sempre facendo riferimento ai contratti regolari di lavoratori dipendenti, sia nel pubblico che nel privato.
Nel Regolamento di attuazione D.M. 21.07.2000 n. 278 della legge 53/2000 è stabilito che:
“La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica.”
Alcuni CCNL prevedono condizioni migliorative, come un numero maggiore di giorni o l’estensione ai parenti di terzo grado, motivo per cui conviene sempre verificare il proprio contratto.
Tali permessi sono regolarmente retribuiti e, pertanto, chi ne usufruisce non noterà variazioni in busta paga, a patto che, al rientro in ufficio/azienda, si giustifichi l’assenza con il certificato di morte del parente.
Possono chiedere i permessi per lutto tutti i dipendenti: a contratto determinato, indeterminato, part-time e apprendistato, in smart working e non.
È importante inoltre sottolineare come i permessi in oggetto non spettano solamente in caso di decesso: se ne può godere, infatti, anche in caso d’improvvisa grave infermità.
I lavoratori a cui non spettano i congedi per lutto
Per i lavoratori autonomi e partite IVA non esiste un permesso per lutto strutturato come nei contratti subordinati. Tuttavia, in alcuni casi - ad esempio, professionisti iscritti ad albi con casse previdenziali -, possono essere previste agevolazioni o sospensioni temporanee di obblighi lavorativi in caso di lutto.
I lavoratori con contratti di collaborazione (Co.co.co. oppure Co.co.pro.) non hanno diritto automatico ai permessi per lutto, salvo specifiche previsioni contrattuali. In alcuni casi, possono negoziare giorni di assenza con il committente.
Giorni di permesso retribuito per lutto: quanti ne spettano e come usufruirne
Come anticipato, I giorni di permesso per lutto a cui un dipendente ha diritto nell’arco di un anno sono 3. Nel computo del limite non sono considerati i giorni festivi e quelli non lavorativi.
Tuttavia, bisogna specificare che nel caso dei permessi per lutto il limite non si applica per il singolo evento, bensì su ogni singolo anno di lavoro.
Spieghiamoci meglio: in caso di morte di un familiare, convivente o parente entro il grado previsto dalla legge, si può godere di 1 o più giorni di permesso retribuito, a patto di non superare i 3 giorni l’anno.
Quindi, laddove ci fosse più di un lutto in un anno, i giorni di permesso restano comunque 3: ciò significa che se per il primo lutto si fruisce già dei tre giorni limite, per quelli successivi non si potrà disporre di altri permessi.
Dall’1 gennaio al 31 dicembre di ogni anno, dunque, al dipendente vengono riconosciuti potenzialmente 3 giorni di permesso, il cui diritto si acquisisce automaticamente al primo lutto. Bisogna sempre tenere in mente questo limite, dunque, se non si vuole rischiare, nella peggiore delle ipotesi, di non poter usufruire di altri congedi nel corso dell’anno.
Come richiedere il permesso per lutto
Il lavoratore che è costretto ad assentarsi a causa del decesso di un familiare ha l’obbligo di avvertire tempestivamente il datore di lavoro. Nella comunicazione vanno indicati i giorni di permesso che si vogliono utilizzare.
Una volta rientrato a lavoro, il dipendente deve consegnare la documentazione relativa al decesso del parente: va bene il certificato di morte rilasciato dal Comune, ma anche un’autocertificazione firmata dal dipendente.
A tal proposito, ecco un Fac-Simile per giustificare la sospensione dell’attività lavorativa una volta rientrati in servizio.
Per quali familiari spettano i permessi per lutto? Le regole vigenti
I giorni di astensione dal lavoro spettano in caso di morte o grave infermità di un parente stretto, quindi entro il secondo grado.
- Coniuge o convivente (anche unito civilmente)
- Genitori e figli
- Fratelli e sorelle
- Nonni e nipoti (figli dei figli)
I permessi retribuiti spettano anche in caso di morte o grave infermità del coniuge o del convivente stabile (a condizione che la convivenza risulti da certificazione anagrafica).
Parenti di secondo grado e altre situazioni in cui non è previsto il congedo
I dipendenti del settore privato non hanno diritto a usufruire dei permessi per lutto nel caso di morte di parente oltre il secondo grado.
Ecco chi è escluso dai permessi per lutto.
- bisnonno o bisnonna;
- zio o zia;
- suocero e suocera;
- cugino o cugina;
- fidanzato o fidanzata;
- amico o amica;
- nuovo compagno o nuova compagna di un genitore.
Se ne può godere, invece, quando le suddette persone rientrano nella categoria dei conviventi stabili. Dunque sono esclusi, ad esempio, zii, cugini e nipoti a meno che il CCNL di categoria non preveda diversamente.
In caso contrario, il lavoratore può usufruire dei permessi per motivi personali o dei giorni di ferie; per i parenti fino al secondo grado invece i 3 giorni di permesso non possono essere negati.
Di norma, quindi, non si possono chiedere permessi per lutto se il defunto è il suocero o la suocera, non essendo parenti entro il secondo grado.
Tuttavia esistono alcuni CCNL che ammettono questa possibilità, estendendo i permessi agli affini entro il primo grado, quindi anche a suocero o suocera del titolare figlio o figlia del coniuge.
A prevederlo, ad esempio, sono alcuni contratti collettivi dei dipendenti pubblici, come il comparto Ministeri, Regioni e autonomie locali e il comparto sanità.
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Entro quando vanno usufruiti i permessi per lutto
I permessi retribuiti per lutto devono essere usufruiti entro 7 giorni dal decesso del familiare. Non è possibile, dunque, prendere un giorno di permesso per la morte di un parente e poi richiedere gli altri due dopo qualche mese, salvo il caso in cui non dovesse esserci un nuovo lutto.
Permessi per lutto durante le ferie: che succede?
Come in parte anticipato, i permessi per lutto possono coincidere con le ferie e, in tal caso, interrompono la fruizione delle stesse, anche se questa ipotesi non è espressamente disciplina nella normativa nazionale (la legge n. 53 del 2000).
Questo diritto è stato riconosciuto dalla Corte di cassazione poiché la fruizione dei permessi per lutto risulterebbe incompatibile con la funzione delle ferie, ovvero il recupero psicofisico del dipendente.
Quindi i giorni di ferie che coincidono con i permessi per lutto possono essere recuperati in un momento successivo, e non si perdono.
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