Pensioni, lavori 5 anni e poi smetti se hai problemi di salute. Ecco come fare

Simone Micocci

29 Settembre 2025 - 09:29

Si può andare in pensione dopo 5 anni di lavoro? La pensione di vecchiaia contributiva è una possibilità, ma non l’unica. Ecco cosa succede a chi ha (gravi) problemi di salute.

Pensioni, lavori 5 anni e poi smetti se hai problemi di salute. Ecco come fare

Oggi la maggior parte delle persone va in pensione a 67 anni di età, a patto di aver maturato almeno 20 anni di contributi. Altrimenti c’è la possibilità di andarci a qualsiasi età, ma solo nel caso in cui i contributi versati siano molti di più: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne e 41 anni per alcuni lavoratori precoci.

Al fianco a queste ci sono le opzioni riservate ai contributivi puri, ossia a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996: la pensione anticipata a 64 anni con 25 anni di contributi (e un importo minimo dell’assegno) e quella di vecchiaia con 5 anni di contributi che tuttavia si raggiunge solamente al compimento dei 71 anni di età.

È vero quindi che su quest’ultima opzione è sufficiente avere 5 anni di lavoro per andare in pensione, ma è anche vero che una volta smesso di farlo si rischia di dover attendere molti anni prima di poter beneficiare dell’assegno. E attenzione, perché considerando le regole del contributivo il rischio è di percepire una pensione di importo molto basso che non beneficia neppure dell’integrazione al minimo.

Ci sono invece delle misure che riconoscono subito la pensione dopo 5 anni di lavoro, per quanto comunque siano riservate solamente a coloro che a causa di un problema psico-fisico non sono più nella condizione di poter lavorare. Ci riferiamo all’Assegno ordinario di invalidità e alla pensione di inabilità di tipo previdenziale, due misure che vanno incontro a chi per problemi oggettivi ha difficoltà a restare nel mercato del lavoro.

Ma il problema è lo stesso di quello descritto sopra: anche in questo caso i 5 anni di lavoro rischiano di restituire un assegno di importo davvero inadeguato, tanto da non poter essere considerato come sostitutivo dello stipendio.

Smetti dopo 5 anni di lavoro se hai questi problemi di salute

Come visto sopra, in alternativa alla pensione di vecchiaia contributiva, ci sono alcuni casi particolari in cui è possibile smettere di lavorare dopo appena 5 anni di contributi, ma solo se la propria salute non consente più di continuare un’attività lavorativa. Gli strumenti previsti dalla legge sono due: l’Assegno ordinario di invalidità (Aoi) e la pensione di inabilità previdenziale, entrambe regolati dalla legge 222/1984 e di competenza dell’Inps.

L’Assegno ordinario di invalidità si rivolge a chi ha una riduzione permanente della capacità lavorativa di almeno due terzi (pari al 67%) per effetto di una malattia fisica o psichica.

Attenzione a questo passaggio: non basta il semplice riconoscimento dell’invalidità civile per averne diritto, dal momento che la valutazione è più specifica, in quanto prende in considerazione il tipo di attività svolta. Per esempio, una menomazione che impedisce di lavorare come muratore potrebbe non avere lo stesso impatto su un impiegato.

Oltre al requisito sanitario, servono almeno 5 anni di contributi (260 settimane), di cui almeno 3 maturati nei 5 anni precedenti la domanda. Possono farne richiesta i lavoratori dipendenti del settore privato, gli autonomi e gli iscritti alla gestione separata.

L’assegno dura 3 anni, rinnovabili; dopo il terzo rinnovo diventa definitivo.

L’importo si calcola in base ai contributi effettivamente versati e, se troppo basso, in alcuni casi può essere integrato al minimo, salvo che il richiedente abbia redditi personali oltre una certa soglia, come pure per coloro che non hanno contributi versati prima del 31 dicembre 1995. Va ricordato anche che l’Aoi è compatibile con il lavoro, ma l’assegno può essere ridotto se il beneficiario percepisce redditi superiori a determinati limiti.

Diversa è la pensione di inabilità previdenziale, che viene concessa solo quando viene accertata un’invalidità totale e permanente al 100%, cioè l’impossibilità assoluta a svolgere qualsiasi attività lavorativa. Anche qui servono almeno 5 anni di contributi, di cui 3 maturati negli ultimi 5 anni, ma una volta riconosciuta la prestazione non è possibile continuare a lavorare: stipendio e pensione di inabilità, infatti, sono del tutto incompatibili. L’importo si calcola come una normale pensione, con il sistema retributivo, misto o contributivo a seconda della carriera assicurativa.

Se l’assegno risulta inferiore alla soglia minima stabilita ogni anno dall’Inps, può essere integrato: ma vale quanto detto per l’Aoi, ossia che l’aumento non spetta ai contributivi puri.

Anche questa pensione è soggetta a revisioni periodiche: se l’invalidità non è più totale, il trattamento può essere trasformato in assegno ordinario di invalidità o addirittura revocato.

Ricapitolando, quindi, con soli 5 anni di contributi si può effettivamente lasciare il lavoro, ma solo a fronte di gravi problemi di salute che incidono sulla capacità di svolgere la propria professione. Non c’è quindi un elenco di malattie vero e proprio, per quanto comunque ci siano delle patologie alquanto comuni che spesso portano al riconoscimento di questo diritto (potete consultarle qui).

In entrambi i casi, però, l’importo può risultare piuttosto basso se la carriera contributiva è breve, e quindi la prestazione va vista come una misura di tutela più che come un vero sostituto dello stipendio.

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