Pensioni, ecco come andarci a 50 anni in Italia

Simone Micocci

2 Agosto 2025 - 09:33

Vuoi smettere di lavorare con ben 17 anni di anticipo? È molto complicato, ma delle soluzioni ci sono. Ecco quali.

Pensioni, ecco come andarci a 50 anni in Italia

È molto complicato andare in pensione a 50 anni in Italia: anzi, è a dir poco impossibile.

D’altronde, con l’età pensionabile fissata a 67 anni (per la pensione di vecchiaia) e requisiti contributivi sempre più stringenti, l’idea di smettere di lavorare a 50 anni sembra lontana anni luce dalla realtà. E in effetti, nella quasi totalità dei casi, lo è.

L’unica eccezione prevista dal nostro ordinamento riguarda situazioni piuttosto gravi, in cui a causa di un’invalidità accertata è possibile accedere a un trattamento pensionistico pur avendo maturato solo 5 anni di contributi. Ma si tratta di una condizione estrema, che nulla ha a che vedere con un vero e proprio progetto di pensionamento anticipato.

Eppure, nonostante le difficoltà, smettere di lavorare a 50 anni non è del tutto fuori discussione. A renderlo possibile non è tanto il sistema previdenziale pubblico, quanto la capacità individuale di pianificare il proprio futuro economico. Accumulare un capitale sufficiente a coprire almeno 17 anni di spese, fino cioè al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia, richiede disciplina, costanza, uno stipendio adeguato che permette di risparmiare, e una gestione intelligente dei risparmi. È un traguardo ambizioso, certo, ma non del tutto irrealizzabile per chi riesce a investire con lungimiranza e costruire nel tempo un piano solido e sostenibile.

Pensione a 50 anni, solo un caso previsto dalla legge

Per andare in pensione a 50 anni, o anche prima, è necessario essere lavoratori dipendenti, autonomi e iscritti alla Gestione Separata con capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale.

Una situazione spiacevole che ovviamente speriamo non si verifichi mai, anche perché la pensione che viene riconosciuta rischia di essere molto bassa.

Nel dettaglio, laddove al verificarsi della suddetta condizione il lavoratore abbia maturato almeno 5 anni di contributi, di cui almeno 3 anni nel quinquennio precedente, può fare domanda del cosiddetto Assegno ordinario di invalidità.

Una vera e propria pensione, con la differenza che non richiede di soddisfare alcun requisito anagrafico. Anche il calcolo dell’importo segue le stesse regole dei trattamenti previdenziali, il che come anticipato può rappresentare un problema. Specialmente per i periodi successivi al 1996, per i quali si utilizza il sistema di calcolo contributivo, il rischio è di ritrovarsi con una pensione non sufficiente per far fronte a tutte le spese.

Pensiamo ad esempio a chi richiede l’Assegno ordinario di invalidità a 50 anni con 20 anni di contributi e un montante contributivo di 200.000 euro. Con il coefficiente di trasformazione 2025 per i 50enni pari al 4,204%, l’assegno mensile sarà di circa 701 euro lordi, ovvero poco più di 650 euro netti al mese.

Chi invece lo richiede a 35 anni, con appena 10 anni di contributi e un montante pari a 85.000 euro, riceverà un assegno di circa 298 euro lordi, che corrisponde a circa 280 euro netti al mese. In questo secondo caso, trattandosi di un contributivo puro, non spetta l’incremento al minimo, ulteriore elemento penalizzante.

Va ricordato che l’AOI è compatibile con l’attività lavorativa, ma subisce una riduzione se il titolare ha altri redditi. In particolare, nel 2025, con un reddito compreso tra 31.376,28 euro e 39.220,35 euro annui (cioè tra 4 e 5 volte il trattamento minimo Inps), l’assegno viene ridotto del 25%. Se il reddito supera 39.220,35 euro, invece, la riduzione sale al 50%.

Spetta invece la pensione di inabilità per coloro ai quali viene accertata l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa. Requisiti e calcolo dell’importo seguono le stesse regole dell’Assegno ordinario di invalidità, e di conseguenza delle pensioni in generale, con la differenza che non è compatibile con lo svolgimento di alcuna attività lavorativa.

In entrambi i casi, le suddette misure si trasformano in pensione di vecchiaia al raggiungimento dei requisiti previsti, quindi all’età di 67 anni.

Pensione a 57 anni con la RITA

Per quanto in Italia non esistano altre misure che consentano di andare in pensione a 50 anni, come detto all’inizio dell’articolo questo traguardo è comunque possibile attraverso un’accurata gestione finanziaria dei propri risparmi.

A tal proposito, è importante sapere che investendo in un fondo di previdenza complementare si può percepire una rendita mensile con 10 anni di anticipo rispetto al compimento dei 67 anni di età.

Merito della RITA (acronimo di Rendita integrativa temporanea anticipata), con la quale chi ha aderito a un fondo pensione può chiedere di ricevere in anticipo il capitale maturato al fine di percepire una rendita negli anni che lo separano dalla pensione.

Nel dettaglio, la RITA si può richiedere da chi è iscritto da almeno 5 anni al suddetto fondo, ha maturato almeno 20 anni di contributi nella gestione obbligatoria di riferimento e ha cessato l’attività lavorativa. La richiesta può essere avanzata 5 anni prima dal compimento dei 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia, oppure persino 10 anni prima da chi ha cessato l’attività lavorativa da almeno 2 anni.

Come andare in pensione a 50 anni con i propri risparmi

Come abbiamo avuto modo di appurare, smettere di lavorare a 50 anni in Italia non è possibile (se non in caso di invalidità) attraverso il sistema pensionistico pubblico, che richiede almeno 67 anni d’età e 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia, od oltre 41 anni di contributi per accedere alla pensione anticipata.

Tuttavia, nulla vieta di lasciare il lavoro prima, a patto di avere costruito nel tempo un capitale o comunque una fonte di rendita alternativa che consenta di vivere senza dover dipendere da uno stipendio o da una pensione pubblica.

Il vero “segreto” per andare in pensione con largo anticipo sta nella capacità di pianificare con anticipo e con metodo la propria libertà finanziaria. Si parte dalla definizione di un obiettivo: sapere quanto denaro servirà ogni anno per coprire le spese essenziali e per quanto tempo; a questo si affianca un percorso strutturato che comprende l’analisi delle entrate e delle uscite, il calcolo del patrimonio netto, l’estinzione dei debiti ad alto tasso e la costruzione di un fondo di emergenza.

Nel tempo, diventa fondamentale trasformare parte del reddito da lavoro in reddito da capitale, investendo in strumenti capaci di generare rendite passive: immobili da affittare, azioni a dividendo, ETF, fondi comuni e obbligazioni sono tra le soluzioni più utilizzate.

Tutto ciò deve avvenire all’interno di un piano di investimento coerente con il proprio profilo di rischio, preferibilmente diversificato e pensato sul lungo periodo. In quest’ottica, anche aderire a un fondo pensione e sfruttare in futuro strumenti come la RITA di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente può rafforzare il percorso, permettendo di accedere a una rendita mensile anche prima dei 67 anni.

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