Pensioni: le differenze tra i requisiti nel 2021 rispetto al 2022

Antonio Cosenza

26 Gennaio 2021 - 17:17

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Requisiti per la pensione nel 2021 rispetto al 2022: con l’addio di Quota 100 si rischiano cinque anni di ritardo. Urge una soluzione.

Pensioni: le differenze tra i requisiti nel 2021 rispetto al 2022

Pensioni: quali differenze tra i requisiti da maturare quest’anno e quelli richiesti tra altri 12 mesi? Per chi è in procinto di andare in pensione, la scadenza del 31 dicembre 2021 è molto sentita, in quanto oltre questa data l’unica possibilità per smettere di lavorare sarà quella dettata dalle regole della Legge Fornero.

Tra il 2021 e il 2022, infatti, rischia concretamente di esserci uno scalone di cinque anni: ciò dipende dalla fine annunciata di Quota 100, alla quale dovrebbe seguire un’alternativa sulla quale però ad oggi non c’è ancora un accordo.

Chi è nato entro il 1959 avrà la fortuna di poter andare in pensione nel 2021 grazie a Quota 100, possibilità che invece non sarà riservata a coloro che sono nati con un solo anno di ritardo. Essere nati con un anno di ritardo potrebbe comportare un differenza di oltre cinque anni nella data di pensionamento: una disparità sulla quale il Ministero del Lavoro ha cercato di intervenire negli ultimi mesi ma - per adesso - con poco successo. Si è ragionato su una misura che potesse evitare lo scalone di cinque anni ma le difficoltà legate alle poche risorse a disposizione non hanno permesso di arrivare ad un accordo comune con i sindacati. E adesso, con la crisi di Governo e le indicazioni che arrivano dall’Unione Europea riguardo alla necessità di dare piena attuazione della Legge Fornero in vista dell’arrivo delle risorse del Recovery Fund.

La riforma delle pensioni, quindi, è in serio rischio e a pagarne le conseguenze saranno coloro che non riusciranno a soddisfare i requisiti per andarci entro il 31 dicembre 2021. Per pochi mesi, infatti, questi rischiano di dover aspettare altri cinque anni prima di poter smettere di lavorare: una disparità di trattamento sulla quale speriamo il Governo - di qualunque colore sia - intervenga al più presto.

Pensioni: differenze tra il 2021 e il 2022

Come prima cosa è importante chiarire che tra il 2021 e il 2022 non ci saranno variazioni nei requisiti della pensione di vecchiaia e anticipata. Non è in programma, infatti, l’adeguamento dei requisiti con le aspettative di vita, previsto piuttosto per il 1° gennaio 2023 (ma solo per la pensione di vecchiaia, poiché per la pensione anticipata l’adeguamento è bloccato fino al 2026).

Sia nel 2021 che nel 2022, quindi, si potrà andare in pensione all’età di 67 anni e con 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia), o anche con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno e meno per le donne) e indipendentemente dall’età anagrafica (pensione anticipata). Vi è poi la pensione anticipata riservata ai precoci - la cosiddetta Quota 41 - con la quale il diritto alla stessa si raggiunge con soli 41 anni di contribuzione.

Ci sono, inoltre, le opzioni contributive di queste due misure, riservate a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996. Nel dettaglio, per la pensione di vecchiaia questa permette di smettere di lavorare con soli 5 anni di contributi, aspettando però il compimento dei 71 anni di età; per la pensione anticipata, invece, l’opzione contributiva consente di smettere di lavorare a 64 anni e 20 anni di contributi, ma solo se nel frattempo l’assegno maturato è superiore alle 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale.

Ebbene, queste opzioni non subiranno modifiche tra il 2021 e il 2022: il problema, infatti, è legato tutto a Quota 100. Entro il 31 dicembre di quest’anno, infatti, si potrà andare in pensione anche una volta che la somma tra contributi ed età anagrafica dà come risultato 100, con il minimo però di 38 anni di contribuzione e di 62 anni di età. Chi raggiunge questi requisiti entro l’anno in corso potrà fare domanda per Quota 100 anche dopo il 1° gennaio 2022; parimenti, però, non potranno farlo coloro che maturano i suddetti requisiti nel 2022.

Anche se per un solo giorno - ad esempio un lavoratore nato il 1° gennaio del 1960 che nel frattempo ha già maturato 38 anni di contributi - bisognerà ricorrere ad una delle suddette opzioni per andare in pensione. Nella migliore delle ipotesi, quindi, bisognerà continuare a lavorare per altri 4 anni e 10 mesi e accedere alla pensione anticipata, o comunque servirà attendere il compimento del 67° anno di età. Una disparità di trattamento che si traduce su un ritardo nel pensionamento di circa cinque anni: servirà intervenire per evitare che ciò accada.

Ad esempio, per chi dovrà attendere il 2022 per andare in pensione servirà trovare una soluzione rispetto alle misure di flessibilità. Si è parlato di una Quota 102 che permetterà di andare in pensione a 64 anni anziché 62; si tratterebbe di un passo avanti per permettere ai lavoratori che non rientreranno in Quota 100 di ritardare il loro pensionamento di appena due anni.

E servirà prorogare ancora Opzione Donna e l’Ape Sociale (in scadenza il 31 dicembre 2021) così da dare un’alternativa a coloro che saranno già penalizzati dall’addio di Quota 100.

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