Previsto incontro Giorgetti-banche su IRAP più alta. E con l’ok a emendamento oro alla Patria governo Meloni rischia scontro con UE-BCE.
Ore concitate per il governo Meloni, ancora a caccia di risorse per finanziare la legge di bilancio 2026. Le ultime indiscrezioni confermano che Palazzo Chigi punta a rendere ancora più salata l’IRAP pagata dalle banche italiane.
Per la precisione, l’intenzione sarebbe di aumentarla di circa 0,5 punti, facendo salire così il prelievo aggiuntivo di 2,5 punti, a carico dei Big del settore. Le banche più piccole verrebbero invece esentate dall’ulteriore schiaffo fiscale.
È passato inoltre l’emendamento alla manovra di Meloni, che porta la firma del capogruppo di Fratelli d’Italia Lucio Malan, che punta a riconoscere la proprietà dell’oro in mano a Bankitalia allo Stato italiano.
La proposta, che dà corpo allo slogan oro alla Patria - e che circola tra l’altro in Italia già da un po’ di anni -, ha superato infatti l’esame di ammissibilità della Commissione Bilancio del Senato, a dispetto dei vari alert che sono stati lanciati dagli economisti.
Aumento IRAP a carico delle banche italiane, previsto incontro di Giorgetti con il settore
Per quanto riguarda l’aumento dell’IRAP a carico delle banche italiane, la proposta è stata presentata ufficialmente dalla Lega, per la precisione da Massimo Garavaglia, e incisa in un emendamento alla manovra Meloni.
L’idea del partito guidato da Matteo Salvini è di alzare l’aliquota base IRAP per le banche e le assicurazioni da 2 a 2,5 punti percentuali.
L’emendamento, che è stato presentato la scorsa settimana, ha proposto al contempo per le banche italiane più piccole, identificate in quelle che hanno attivi per un totale pari o inferiore ai 30 miliardi di euro, l’applicazione di una franchigia di 500.000 euro l’anno.
Nessuna decisione è stata ancora presa. Nella giornata di ieri, in risposta a una domanda su possibili nuovi interventi del governo Meloni alla legge di bilancio 2026 e nel commentare il vertice che si è tenuto a Palazzo Chigi, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani ha affermato che il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti
“parlerà con le banche”.
Ciriani ha puntualizzato che la discussione a Palazzo Chigi c’è stata e che ogni caso “questi argomenti saranno comunicati prima ai soggetti interessati”.
Equita SIM ha intanto commentato le indiscrezioni sull’aumento ulteriore dell’IRAP, sottolineando che “indicativamente, ogni punto addizionale di IRAP stimiamo comporti un impatto del -1,5% sull’EPS (utile per azione) medio di settore ” e facendo notare che il comparto tratta a un Adj. P/E 2026/27E pari a 9,8/9,2 volte, con un P/TE di 1,7x/1,6 volte e ROTE medio 18,1/18,2%.
La SIM ha scritto che il nuovo accordo prevedrebbe praticamente “ un ulteriore aumento (dell’IRAP) del +0,5% rispetto al +2% previsto nella bozza di Legge di Bilancio”.
A parte le azioni di Banca Popolare di Sondrio e Mediobanca, che segnano un lieve rialzo, le azioni delle altre principali banche italiane UniCredit, Intesa SanPaolo, BPER riportano un trend negativo alla borsa di Milano.
Poco mossa la performance dei titoli MPS e di Banco BPM, anch’essi scambiati sul Ftse Mib di Piazza Affari.
Il monito di Messina (Intesa SanPaolo): perché devono essere soltanto le banche a pagare?
Nel frattempo, proprio dal mondo delle dirette interessate, ovvero da quello delle banche italiane, una strigliata al governo Meloni che continua ormai da anni ad assediare periodicamente, sempre in tempi di manovre di bilancio, il settore del credito italiano, è arrivata da Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa SanPaolo.
In un’intervista rilasciata al quotidiano Il Sole 24 Ore, il banchiere ha commentato così le mosse dell’esecutivo:
Ci aspettiamo più rispetto e gioco di squadra, non vedo perché dobbiamo finire ogni giorno sui giornali come imputati”.
Carlo Messina ha continuato, non nascondendo la frustrazione avvertita dal mondo delle banche italiane: “Perché dobbiamo essere soltanto noi a pagare quando è necessario far quadrare i conti pubblici”?
Il CEO di Intesa SanPaolo si è tolto inoltre un sassolino dalla scarpa, ricordando che proprio le “banche sono fondamentali nella tenuta dei conti pubblici. Non va dimenticato”.
E tuttavia le banche italiane continuano a essere tallonate dal governo Meloni.
Dopo quel grande trauma della tassa sugli extraprofitti annunciata nell’agosto del 2023 - prelievo che non ha visto mai la luce - dai partiti di maggioranza diverse sono state le proposte e le minacce contro il settore, puntualmente nel momento del varo della legge di bilancio: l’anno scorso, durante l’autunno del 2024, quando il governo italiano ha lavorato alla manovra 2025, e in questi ultimi mesi, con Palazzo Chigi intento a stilare la legge di bilancio 2026. Tutto, mentre è stata la stessa BCE a lanciare, tra i vari alert, anche un attenti alle banche, a fronte di interrogativi sulla capacità del settore di far fronte alle sfide del 2026.
Da un sondaggio lanciato da Money.it, emerge tuttavia come gli italiani siano decisamente a favore di maggiori tasse a carico degli istituti di credito, tanto da ritenere giusta la tassa sugli extraprofitti.
Dossier oro alla Patria, l’Italia di Meloni rischia di entrare in rotta di collisione con l’UE e la BCE
Per quanto riguarda invece il dossier oro alla Patria, un nuovo attenti sull’emendamento presentato da Fratelli d’Italia è arrivato di nuovo dall’ex direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi.
In un’intervista rilasciata a MF-Milano Finanza, Rossi ha rimarcato tutta la propria perplessità, rispondendo alla richiesta di un commento sull’emendamento della manovra Meloni che recita che le riserve auree di Bankitalia “appartengono allo Stato in nome del popolo italiano”:
“Non capisco a cosa serva e a cosa miri. L’emendamento, qualora diventasse norma di legge, si scontrerebbe inevitabilmente con il diritto europeo. I Trattati europei affermano che le riserve auree sono di proprietà delle banche centrali e ne vietano l’utilizzo nel bilancio pubblico. Mi domando perché innescare un conflitto con l’Europa per affermare un principio di fatto già rispettato: a ben vedere, nella pratica è ovvio che le riserve auree appartengano al popolo, perché una banca centrale è un ente pubblico, detiene e gestisce l’oro nell’interesse dei cittadini”.
Rossi ha avvertito che l’UE reagirebbe, mentre il quotidiano La Repubblica ha pubblicato oggi un articolo dal titolo “Ma la BCE è pronta a opporsi alla norma”, in cui ha sottolineato come l’Italia rischi di entrare in rotta di collissione sia con l’UE che con la Banca centrale europea.
Di fatti, a Francoforte “il dossier viene seguito” e, anche se il parere della BCE “non sarebbe vincolante”, comunque “ avrebbe un enorme peso ”.
Ancora, nel presentare i possibili scenari di una Italia pronta a decretare che l’oro è della Patria, e che per questo va utilizzato, il quotidiano ha sottolineato che “toccherebbe poi alla Commissione contestare all’Italia l’eventuale violazione del diritto UE ”.
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