Matteo Salvini VS Antonio Patuelli: c’è un limite alla decenza. Ma quanto soffriranno davvero le banche italiane con le misure contenute nella manovra di Meloni?
Matteo Salvini continua a sparare a zero contro le banche italiane con nuove minacce: se dall’ABI e, in generale dal settore bancario italiano, arriveranno nuove lamentele, il governo Meloni imporrà al settore contributi ancora più alti di quelli che ha chiesto finora per finanziare la legge di bilancio.
Il leader della Lega, vicepremier, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti - che ha fatto della sua storica crociata contro le banche italiane uno dei cavalli di battaglia più importanti della campagna elettorale del suo partito, in tempi di elezioni regionali - ha alzato di nuovo il tiro contro le banche, rispondendo per le rime al presidente dell’ABI - Associazione bancaria italiana - Antonio Patuelli, che ha lanciato nuovi attenti sulle conseguenze che le tasse decise dal governo italiano potrebbero avere sugli istituti di credito.
ABI, Patuelli: concetto extraprofitti non esiste, unico precedente nella Prima Guerra Mondiale
Così Antonio Patuelli nella giornata di sabato 25 ottobre, in risposta a una domanda sui continui attacchi di Salvini contro le banche.
Nel sottolineare di non voler partecipare alla “ polemica politica e alle campagne elettorali ”, Patuelli ha affermato che i numeri che il governo Meloni enuncia sugli utili incassati dal settore “non sono esatti” e questo “perché non bisogna confondere i ricavi lordi con gli utili netti ”.
Il numero uno dell’ABI ha continuato, affermando che “i numeri da esaminare sono quelli già tassati” e che, sommando la tassazione che le banche già versano, alle imposte pagate dai loro azionisti sui dividendi, “anche semplicemente in maniera algebrica, si vede che la tassazione sui redditi lordi bancari è nettamente superiore al 50% ”.
Interpellato con una intervista in collegamento con la Festa dell’educazione finanziaria di “TuttoSoldi”, del quotidiano La Stampa , Patuelli ha ricordato che il concetto di “extraprofitti giuridicamente non esiste”, facendo notare che “l’unico precedente storico” si è manifestato nel corso della Prima Guerra Mondiale quando a fare extraprofitti furono i produttori di armi.
“Nel linguaggio costituzionale e di diritto privato e pubblico italiano non esiste il concetto giuridico di extraprofitti. Solo durante la prima guerra mondiale si sono citati gli extraprofitti delle industrie belliche, che avevano un monopolio senza concorrenza e quindi si erano arricchite. Non è un elemento che si trova nel diritto costituzionale o in tempo di pace”.
Ancora, Patuelli ha rimarcato che “ il conto economico è fatto di profitti e perdite ” e che, a partire dal “2008, abbiamo attraversato crisi finanziarie gravi: la crisi dei debiti sovrani, Lehman, e una decina di crisi bancarie italiane, affrontate con risorse delle banche concorrenti”.
Tutti eventi in occasione dei quali “ le banche italiane hanno fatto sacrifici, aumenti di capitale pubblici e responsabili ”.
Dunque, “non è corretto dire che le banche si siano semplicemente arricchite”, ha detto ancora Patuelli.
Lega, “sorprendenti e irritanti le dichiarazioni di alcuni banchieri su manovra”. Il commento di Bagnai
Immediata la reazione della Lega di Matteo Salvini, e del suo stesso leader.
Ha risposto alle parole di Patuelli in primis il Carroccio, con un comunicato:
“Sorprendenti e irritanti le dichiarazioni di alcuni banchieri a proposito di manovra finanziaria. A fronte di quasi 50 miliardi di utili, è doveroso che i grandi istituti aiutino il settore sanitario, le famiglie e le imprese”.
Nella nota della Lega si legge che “ le banche hanno il dovere morale di restituire al Paese una parte dei guadagni che sono frutto dell’efficace azione del governo e di commissioni e interessi dei cittadini-clienti”.
Di conseguenza, “i gruppi della Lega sono determinati a proporre soluzioni per rendere ancora più significativo il contributo ”.
leggi anche
Banche italiane troppo ricche, per Meloni è colpa del M5S. Super utili e dividendi grazie alle loro scelte
Bagnai, “da banche sorprendente e inopportuna manifestazione di ingratitudine”
A rincarare la dose il deputato della Lega, presidente della commissione Enti Gestori e responsabile del dipartimento Economia del Partito, Alberto Bagnai:
“La dichiarazione del presidente dell’ABI (Antonio) Patuelli, secondo cui durante la crisi finanziaria globale le crisi bancarie sarebbero state risolte ’con risorse delle banche’ è una sorprendente e inopportuna manifestazione di ingratitudine, oltre a essere storicamente inesatta (i cittadini ricordano bene che cosa accadde nel 2015 per il mancato salvataggio di Chieti, Etruria, Ferrara e Marche da parte del Fondo interbancario). Solo chi può contare sul fatto di essere salvato comunque vadano le cose, perché gestisce un’infrastruttura strategica per il Paese, può permettersi di disconoscere l’entità degli interventi pubblici dalla Grande crisi ad oggi (oltre 25 miliardi)”.
Bagnai ha continuato: “Con le loro risorse le banche hanno invece sostenuto un’altra cosa: una riduzione del personale per circa 75.000 unità, tramite pensionamenti anticipati finanziati dal Fondo di solidarietà del settore”, spiegando che “questa operazione ha determinato un importante risparmio di costi a beneficio degli utili degli istituti, che quindi possono raccontarla come un guadagno in termini di efficienza”.
Peccato che la stessa operazione, ha accusato l’esponente della Lega, “è stata anche fortemente regressiva dal punto di vista sociale, perché ha determinato la chiusura di circa 7.700 sportelli, causando la desertificazione bancaria delle zone meno avvantaggiate del Paese, con gravi difficoltà per le PMI, e ha costretto la clientela più fragile ad affidarsi ad applicazioni informatiche di non facile utilizzo per le persone più anziane o meno alfabetizzate”.
Insomma, ha ammonito Alberto Bagnai, “una visione più equilibrata e aderente ai fatti storici porta quindi a considerare doveroso un contributo del settore bancario a sostegno dell’economia reale, poiché questa è stata chiamata più volte e in vari modi a sacrificarsi sull’altare del risanamento dei bilanci bancari”.
Salvini e la guerra contro le banche: Patuelli piange miseria. Nuove minacce: più lamentele, più tasse
A scendere in campo contro le dichiarazioni di Patuelli di nuovo il leader della Lega Matteo Salvini, che ha affermato che “ c’è un limite anche alla decenza ”, attaccando frontalmente il presidente dell’Associazione bancaria italiana:
“ Il dottor Patuelli piange miseria , le banche dicono ’sono soldi nostri’, le banche che grazie a questo governo stabile hanno potuto mettere da parte utili senza precedenti”.
In un discorso proferito al Teatro Sannazzaro nel corso della presentazione dei candidati della Lega in Campania il leader della Lega ha di nuovo messo nel mirino i troppi utili incassati dalle banche:
“Il sistema bancario italiano è l’unico dove alcune banche sono saltate per la pessima gestione della sinistra e i soldi li hanno messi non loro ma voi. I banchieri sono gli unici che non possono lamentarsi: nel 2024 hanno fatto 46 miliardi euro di utili. Il governo gli ha chiesto un contributo di 4 miliardi. Se continuano a lamentarsi può arrivare anche a 5/6/7 miliardi”.
Unimpresa calcola i danni che le banche soffriranno in 3 anni con la manovra. Il peso maggiore
Nel frattempo, la conta dei danni che le banche italiane dovranno sostenere a causa delle misure contenute nella legge di bilancio varata dal governo Meloni per il 2026 è stata presentata da Unimpresa che, nella giornata di ieri, ha pubblicato una nota con cui ha avvertito che “la manovra di bilancio 2026 avrà un impatto complessivo di circa 9,5 miliardi di euro sul sistema bancario italiano nel triennio 2026-2028 ”.
Il calcolo è arrivato per via di una analisi del Centro studi di Unimpresa, realizzata sulla base delle tabelle del DDL bilancio depositato al Senato. Ne è emerso che, a carico delle banche italiane, “il peso maggiore (della manovra di Meloni) si concentrerà nei primi due anni: 3,9 miliardi nel 2026 e 3,9 nel 2027, mentre nel 2028 l’effetto si ridurrà a 1,6 miliardi ”.
Unimpresa ha presentato poi la misura che peserà maggiormente sui bilanci delle banche, messi continuamente sotto assedio dalla manovra del governo Meloni.
“La misura più onerosa è la sospensione della deduzione dei componenti negativi legati alle DTA (articolo 22), che vale 3,3 miliardi in due anni, seguita dall’aumento dell’IRAP dal 4,65% al 6,65%, con un impatto di 3,27 miliardi nel triennio. A queste si aggiunge la limitazione della deducibilità degli interessi passivi, pari a 913 milioni, e l’effetto favorevole della nuova deducibilità delle perdite su crediti, che genera un beneficio di 316 milioni. Una voce straordinaria, ma una tantum, è infine l’affrancamento degli extraprofitti 2023 (quella tassa sugli utili del 2023), che porterà 1,65 miliardi nel 2026”.
La conta dei danni che soffriranno le banche italiane con la manovra di Meloni calcolata da Unimpresa
Unimpresa: «Secondo le elaborazioni del Centro studi di Unimpresa, l'impatto complessivo della manovra di bilancio 2026 sul settore bancario italiano ammonta a circa 9,5 miliardi di euro nel triennio 2026-2028. Si tratta di un intervento significativo, distribuito in modo non uniforme nel tempo e concentrato soprattutto nei primi due anni di applicazione». (Fonte Unimpresa).
Il commento del presidente di Unimpresa Longobardi con tanto di avvertimento
Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, ha commentato le misure affermando tuttavia che, a suo avviso, “il contributo richiesto al sistema bancario appare complessivamente equilibrato rispetto agli utili record registrati negli ultimi esercizi, che hanno beneficiato del prolungato rialzo dei tassi di interesse”, aggiungendo che, a suo avviso, “è giusto che una parte di quei profitti straordinari contribuisca al consolidamento dei conti pubblici, purché ciò non comprometta la capacità degli istituti di sostenere famiglie e imprese in una fase economica ancora incerta”.
Allo stesso tempo, ha avvertito Longobardi, “ sarà tuttavia indispensabile un confronto approfondito del governo con l’ABI prima della conclusione dell’iter parlamentare del disegno di legge di bilancio, per garantire un equilibrio tra esigenze di gettito e stabilità del sistema creditizio. Il dialogo tra esecutivo, banche e rappresentanze imprenditoriali può favorire un assetto normativo condiviso e sostenibile, capace di evitare effetti distorsivi sul credito e sulla crescita”.
Ma le vere vittime saranno i correntisti?
Ma a fronte di questo nuovo capitolo del populismo finanziario, alla fine chi pagherà davvero?
Pagheranno davvero le banche italiane o le vere vittime saranno i correntisti?
Già un mese fa, in un intervento alla trasmissione Omibus di La7, il segretario generale della FABI, Lando Maria Sileoni, aveva lanciato un avvertimento:
“Se si applicasse una tassa tout court sulle banche, alla fine la pagherebbero i lavoratori bancari, i cittadini e i correntisti in termini di maggiori costi e commissioni. Sarebbe una presa in giro totale. Non vorrei che fosse solo un argomento elettorale per la ricerca di consenso”.
Sileoni aveva ammesso che le banche italiane “hanno guadagnato molto negli ultimi tre anni, in termini di utili, 112 miliardi di euro complessivi: 46 miliardi nel 2024, 40 miliardi nel 2023 e 26 miliardi nel 2022”, sulla scia della “politica sui tassi della BCE”, che “ha favorito la crescita dei profitti del settore bancario”.
Detto questo, il numero uno della FABI aveva ricordato anche un altro particolare, ovvero che le banche “pagano più tasse rispetto alle altre categorie di imprese, per esempio, con aliquote più alte di IRES e IRAP”.
E tra i grandi schiaffi mollati dal governo Meloni con la manovra 2026 c’è stato proprio l’aumento, tra le altre cose, dell’IRAP.
© RIPRODUZIONE RISERVATA