Uno studio condanna Stargate, l’alleanza tra i colossi tecnologici per costruire la più grande infrastruttura AI al mondo. Secondo la legge USA, violerebbe 135 anni di antitrust. Ma nessuno protesta.
Il 21 gennaio 2025, nel suo primo giorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato il Progetto Stargate, definendolo un’impresa “monumentale” destinata a costruire la più grande infrastruttura al mondo per l’intelligenza artificiale. L’iniziativa, una joint venture da 500 miliardi di dollari, è guidata da tre protagonisti della tecnologia globale: Larry Ellison di Oracle, Sam Altman di OpenAI e Masayoshi Son di SoftBank. Nel corso dell’evento, i tre CEO hanno attribuito a Trump il merito di aver reso possibile un’alleanza tanto ampia quanto inedita.
Nello stesso giorno, OpenAI ha pubblicato un comunicato con l’elenco completo dei partner coinvolti. Oltre ai tre leader presenti alla Casa Bianca, compaiono Microsoft, Nvidia, Arm e MGX, fondo sovrano di Abu Dhabi. Una concentrazione di potere senza precedenti, soprattutto considerando che si tratta di Big Tech spesso concorrenti tra loro in diversi segmenti dell’AI.
L’aspetto sorprendente del Progetto Stargate non riguarda solo l’imponenza dell’investimento, ma la formazione di un’unica entità composta da 6 colossi dell’AI. Negli Stati Uniti, una simile concentrazione verrebbe normalmente analizzata con estremo rigore dalle autorità antitrust, nate proprio per prevenire collaborazioni che possano ridurre la concorrenza. Eppure, né il Congresso né gli enti regolatori hanno manifestato preoccupazioni. A Capitol Hill, le reazioni oscillano tra gli elogi di Ted Cruz - senatore del Texas, stato che ospita le infrastrutture principali di Stargate - e un generale silenzio.
L’unica critica di rilievo è arrivata da Elon Musk, escluso dall’iniziativa. Il giorno dopo l’annuncio, il CEO di Tesla ha contestato la solidità finanziaria del progetto, sostenendo che i partner non disponessero davvero dei 500 miliardi necessari. Le sue dichiarazioni, tuttavia, hanno accuratamente evitato il nodo più delicato: il rischio che una simile forma di coordinamento industriale finisca per danneggiare la concorrenza più di qualsiasi altra iniziativa nel settore dell’AI.
L’analisi di Yale condanna Stargate
La prima e unica analisi approfondita sulle implicazioni concorrenziali di Stargate arriva dalla ricercatrice Madhavi Singh di Yale, una delle istituzioni accademiche più prestigiose negli Stati Uniti e nel mondo. Nel suo studio, intitolato “Stargate or StarGatekeepers?”, Singh sostiene che l’amministrazione Trump abbia ridotto drasticamente l’applicazione delle leggi Clayton e Sherman, due pilastri dell’antitrust statunitense istituiti nel 1890, spostando l’attenzione su due obiettivi prioritari: creare campioni nazionali per la competizione tecnologica con la Cina e rafforzare la sicurezza nazionale favorendo collaborazioni tra i leader americani dell’AI.
Secondo Singh, questa linea politica permette ai colossi tecnologici di espandere e consolidare il proprio potere con la giustificazione della supremazia tecnologica. Nel caso di Stargate, si tratterebbe del più evidente esempio di come lo Stato abbia legittimato la concentrazione di risorse e competenze tra aziende che, in condizioni normali, dovrebbero competere.
Le informazioni ufficiali sulla governance di Stargate sono poche e frammentarie. Dalla nota di OpenAI si apprende che la nuova società, dotata di un capitale iniziale di 100 miliardi di dollari, ha come azionisti principali SoftBank, OpenAI, Oracle e MGX, mentre Nvidia, Microsoft e Arm giocano un ruolo tecnico e commerciale, senza partecipare alla proprietà.
Parallelamente, i partner stanno portando avanti la più impressionante espansione infrastrutturale della storia dell’AI. La prima mega installazione si trova ad Abilene, in Texas, un data center grande quanto Central Park di New York, con una capacità energetica di 1,2 gigawatt. A settembre, OpenAI ha comunicato un ulteriore piano di sviluppo che include nuove strutture in Texas, Nuovo Messico, Michigan e Ohio, oltre a un programma superiore ai 300 miliardi di dollari per fornire 4,5 gigawatt aggiuntivi attraverso infrastrutture gestite da Oracle.
Nel complesso, i progetti già annunciati superano i 400 miliardi di dollari e coprono oltre 7 gigawatt di potenza, una capacità sufficiente ad alimentare metà delle abitazioni della Georgia. OpenAI e i partner puntano a raggiungere i 10 gigawatt e i 500 miliardi totali entro la fine del 2025.
Il rischio di un’oligarchia dell’infrastuttura AI
Nel suo studio, Singh ricorda che la cosiddetta “AI stack”, la filiera dell’intelligenza artificiale, si divide in infrastruttura, modelli e applicazioni. Se nei modelli e nelle app la concorrenza è ampia e in rapido sviluppo, la parte infrastrutturale - ossia chip e cloud computing - è fortemente concentrata. Nvidia controlla tra l’80% e il 95% del mercato GPU, mentre Amazon, Google e Microsoft detengono il 70% dei servizi cloud globali.
Proprio su questo livello si concentra la forza di Stargate. La collaborazione tra Oracle, OpenAI, Microsoft, Nvidia e Arm riduce ulteriormente il numero di player indipendenti e rende più probabile una convergenza di interessi, dove ciascuno smette di competere aggressivamente per mantenere margini elevati. Singh sottolinea come Oracle, un tempo noto per strategie di prezzo aggressive, potrebbe ora allinearsi ai listini più alti dei partner. Allo stesso modo, Microsoft potrebbe attenuare gli investimenti in chip proprietari che minacciano Nvidia e Arm.
Secondo l’analisi, questo tipo di allineamento infrange lo spirito del Clayton Act, che vieta le joint venture con effetti potenzialmente dannosi sulla concorrenza, anche se non ancora manifesti.
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L’assenza di competizione penalizzerebbe clienti, economia e innovazione
I sostenitori del progetto ribadiscono che la concorrenza tra le Big Tech sia ancora forte, citando esempi come lo sviluppo di chip alternativi a Nvidia, gli sforzi di OpenAI per costruire infrastrutture proprie e il tentativo di Nvidia di ridurre la dipendenza dagli hyperscaler.
Singh, però, ribatte che queste dinamiche sono normali nelle fasi iniziali dei mercati tecnologici e che, con il tempo, il coordinamento tra i giganti finirà per risultare più conveniente della competizione.
Secondo la studiosa, una volta consolidato il progetto, gli incentivi a spartirsi i mercati, evitare conflitti e proteggere i margini diventeranno irresistibili. Il risultato sarebbe una riduzione delle scelte per i clienti, prezzi più elevati e un rallentamento dell’innovazione.
Tuttavia, ad oggi Madhavi Singh rimane quasi l’unica a criticare l’impatto di Stargate sulla concorrenza, mentre le istituzioni sembrano accettare questa concentrazione di potere come inevitabile per motivi geopolitici ed economici, nonostante stia violando nella sostanza 135 anni di principi antitrust.
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