Una gigantesca fabbrica russa costretta a chiudere. La più grande del Paese

Ilena D’Errico

18 Novembre 2025 - 21:35

Un’altra grande fabbrica della Russia è costretta a chiudere per evitare il peggio. I segnali dell’industria russa sono sempre meno incoraggianti.

Una gigantesca fabbrica russa costretta a chiudere. La più grande del Paese

Nessun miglioramento in vista per l’industria russa, messa in ginocchio dalle conseguenze dirette e indirette della guerra contro l’Ucraina. È adesso ufficiale che un’altra gigantesca fabbrica è destinata a chiudere, peraltro la più grande del Paese nella produzione di silicio. Si tratta dello stabilimento di Kremniy dell’azienda Rusal, che è anche tra i maggiori produttori mondiali di alluminio. Un duro colpo all’industria russa, che rischia così di vedere crollare rovinosamente la posizione duramente conquistata nell’assetto mondiale.

Il buon andamento dell’alluminio non potrà a lungo essere un contrappeso sufficiente all’economia di Mosca, che anche dal punto di vista energetico vacilla sempre di più. Sarebbe ormai tempo di tirare le somme, ma non c’è da essere ottimisti. Putin non sembra avere dubbi sul proseguimento del conflitto, per quanto logorante si stia rivelando. Nel frattempo, la nazione ne fa le spese giorno dopo giorno.

Gigantesca fabbrica russa costretta a chiudere

La gigantesca fabbrica russa di Kremniy, nell’Oblast’ di Irkutsk, ha annunciato ai media, tramite il proprio ufficio stampa, che la produzione sarà interrotta definitivamente dal 1° gennaio 2026. Secondo quanto è stato riportato al pubblico la causa è da ricercare nel crollo della domanda interna del silicio, influenzata dalla crescita delle importazioni che hanno un costo nettamente inferiore, oltre che dal “disinteresse” estero rispetto ai prodotti russi. Un modo edulcorato per sintetizzare quanto sta accadendo nel mondo e come si sta riflettendo sull’economia del Paese, ma sarebbe stato difficile parlarne diversamente.

Di fatto questo è un problema importante per Rusal, che aveva permesso alla Russia di posizionarsi tra i principali produttori mondiali di silicio. Nel 2022 la compagnia mineraria ha estratto ben 640.000 tonnellate di silicio, facendo della Russa il secondo produttore del mondo. Tempi d’oro che sarà difficile replicare, tant’è che anche l’azienda ha da tempo abbassato le proprie aspettative. Nel 2024 Rusal ha prodotto circa 53.400 tonnellate di silicio e per quest’anno si aspetta una riduzione del 35%, per un totale di 35.000 tonnellate, di cui attribuisce la colpa principalmente alla sovrapproduzione cinese.

Le milioni di tonnellate provenienti da Pechino non conoscono rivali, venendo oltretutto esportate a costi a dir poco convenienti, tant’è che anche nel 2022 ha superato di oltre 10 volte la produzione russa. Sul punto bisogna anche considerare che il mondo produce comunque pochissimo silicio metallico, indispensabile per microchip e pannelli solari, che invece corrisponde grosso modo alla metà della produzione cinese. In questo campo, comunque, la Russia ha ormai perso la partita.

La Russia non produce più silicio

Lo stabilimento Kremniy chiude definitivamente e l’azienda, che ha chiesto alle autorità un supporto per mitigare le conseguenze per i lavoratori, è costretta a diminuire la produzione anche dell’impianto Silicon Ural, l’unico rimanente a occuparsi del silicio metallico. Quest’ultimo stabilimento dovrà operare a capacità ridotta, mentre la Russia perde un motore importante della propria economia e sarà costretta a rivolgersi all’estero per soddisfare il proprio fabbisogno nazionale. Al momento non sono stati riportati segnali di crisi nella produzione dell’alluminio, che anzi ha visto momenti particolarmente floridi quest’anno, ma la prudenza è imperativa.

Pressoché tutta la produzione interna russa sta arrancando con l’ostilità degli acquirenti nel mercato globale e una competitività via via inferiore. Sospensioni delle attività e licenziamenti di massa sono stati infatti annunciati anche da altri importanti impianti, come Ashinsky nell’Oblast’ di Chelyabinsk (per l’acciaio inox), Cemros (cemento), Alrosa (diamanti), Russian Railways e pure la fabbrica di legno compensato a Tiumen della compagnia Sveza.

Molti altri cercano di trovare compromessi come la settimana lavorativa corta (come accade nell’impianto elettrometallurgico di Ashinsky e di Trakor), ma è impossibile prevedere per quanto tempo questi espedienti saranno sufficienti. La produzione arretra perfino per i droni, grazie agli attacchi mirati di Kiev, perciò l’unico vero punto fermo di Mosca è oggi l’industria bellica, che ovviamente non restituisce nulla alla nazione.

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