Inflazione negativa in Italia, in rallentamento nell’area euro. Il dubbio sui tassi BCE inchiodati da Lagarde

Laura Naka Antonelli

31 Ottobre 2025 - 13:08

I numeri resi noti dall’Istat e dell’Eurostat descrivono una inflazione a due velocità in Eurozona. Rimane il dubbio sui tassi dell’area euro decisi dalla BCE di Lagarde.

Inflazione negativa in Italia, in rallentamento nell’area euro. Il dubbio sui tassi BCE inchiodati da Lagarde

Informazioni cruciali sul trend dell’inflazione in Europa e dunque sulla probabile evoluzione dei tassi di interesse sono arrivate oggi dal fronte macroeconomico dell’Italia e di tutta l’area euro.

Gli indicatori sono stati pubblicati all’indomani del BCE Day, che si è concluso con la decisione di Christine Lagarde di confermare i tassi tassi sui depositi, i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale dell’Eurozona rispettivamente al 2%, al 2,15% e al 2,40%, per la terza volta consecutiva.

Inflazione Italia e nell’area euro, arrivano i dati che fanno sorgere nuovi dubbi su tassi BCE

All’indomani dell’annuncio sui tassi successivo alla riunione della BCE, che si è tenuta stavolta a Firenze, in Italia l’Istat ha annunciato che, nel mese di ottobre del 2025, il trend del tasso di inflazione misurato dall’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha segnato addirittura un trend negativo, scendendo su base mensile dello 0,3%.

Su base annua l’inflazione è salita in Italia dell’1,2%, frenando in modo significativo rispetto alla crescita dell’1,6% di settembre, che già si era messa in evidenza, in quanto inferiore al target fissato dalla BCE per l’inflazione dell’Eurozona, pari al 2%.

Il dato italiano rinfocola il dubbio, che serpeggia già da diverso tempo, sul rischio che la Banca centrale europea guidata da Lagarde stia commettendo un errore, nel continuare a lasciare i tassi di interesse al livello attuale.

Proprio ieri, il costo del denaro dell’area euro è stato riconfermato per la terza volta consecutiva da una Lagarde che rimane convinta del fatto che l’Eurotower si trovi in una “ buona posizione ”.

Eppure, è da mesi che diversi economisti lanciano avvertimenti sul pericolo che il processo disinflazionistico prosegua in modo in troppo accentuato, finendo per tradursi addirittura in una situazione di deflazione.

Va detto che, ovviamente, la BCE deve considerare le condizioni di salute di tutta l’area euro, non solo di quella italiana.

A tal proposito, oggi è stato reso noto anche il dato relativo all’inflazione dell’Eurozona, da parte dell’Eurostat.

L’indice dei prezzi al consumo del blocco è salito a ottobre, secondo i dati preliminari, del 2,1% su base annua, come da attese, rallentando il passo rispetto al +2,2% di settembre.

Occhio però alla componente core, ovvero all’inflazione depurata dalle componenti più volatili, rappresentate dai prezzi dei beni alimentari e dei prezzi energetici, che è tuttavia salita del 2,4%, più delle previsioni, che puntavano a un rialzo del 2,3%, e allo stesso ritmo del mese precedente.

Nell’intera area euro, dunque, l’inflazione ha continuato a marciare a un ritmo superiore al target del 2% della BCE, ed è sicuramente questo il dato a cui Lagarde sta guardando, per decidere come impostare la politica monetaria dell’Eurozona.

Inflazione Italia -0,3% su base mensile, +1,2% su base annua. Tutti i numeri dell’Istat

Certo, le indicazioni che arrivano dall’Italia segnalano come il trend dei prezzi, nel Paese, si stia indebolendo in modo significativo. Ma bisogna anche capire il motivo per cui ciò sta accadendo.

Il dato diramato oggi dall’Istat è inoltre preliminare - così come quello diffuso dall’Eurostat -, il che significa che i numeri saranno soggetti a una revisione nell’arco delle prossime settimane.

L’Istat ha reso noto oggi, come anticipato sopra che, secondo le stime preliminari, nel mese di ottobre 2025 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi - ovvero l’inflazione headline - ha riportato in Italia una flessione dello 0,3% su base mensile, salendo invece del +1,2% su base annua, rispetto al +1,6% nel mese precedente.

L’Istituto Nazionale di Statistica ha commentato la performance dell’indicatore parlando di una “ sensibile decelerazione del tasso d’inflazione ”, dovuta “prevalentemente al marcato rallentamento su base tendenziale (dunque su base annua) dei prezzi degli energetici regolamentati (da +13,9% a -0,8%), degli alimentari non lavorati (da +4,8% a +1,9%) e, in misura minore, di quelli dei servizi relativi ai trasporti (da +2,4% a +2,0%) ”.

Questi effetti, ha spiegato l’Istat, sono stati “solo in parte compensati dall’accelerazione dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +3,1% a +3,3%)”.

Inflazione rallenta in modo significativo in Italia. Cosa ha determinato di più il calo dei prezzi

A dimostrazione di come siano state soprattutto le componenti più volatili a provocare il forte rallentamento del dato headline dell’inflazione in Italia è la performance dell’inflazione core, ovvero di quella al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che è rimasta invece invariata, segnando un rialzo del 2% su base annua, mentre quella al netto dei soli beni energetici si è indebolita dal +2,1% a +2%.

Facendo una differenza tra il trend dei prezzi dei beni e quello dei prezzi dei servizi, su base annua i prezzi dei beni sono stati interessati da un rallentamento, avanzando dello 0,2%, rispetto al +0,6% di settembre, mentre stabile si è confermato il trend dei prezzi dei servizi (+2,6%).

Di conseguenza, ha fatto notare l’Istat, il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni si è allargato a +2,4 punti percentuali (dai +2% del mese precedente).

In decelerazione la crescita dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona che sono saliti su base annua al ritmo del 2,3%, rispetto a quello precedente del 3,1%.

A rallentare anche i prezzi dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +2,6% a +2,3%).

Il trend negativo dell’inflazione su base mensile dell’Italia (-0,3% a ottobre 2025) è stato spiegato dall’istituto nazionale di statistica soprattutto con il forte calo dei prezzi degli energetici regolamentati (-6,7%).

A calare anche i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-1,2%), degli energetici non regolamentati (-0,8%), dei beni durevoli, dei servizi relativi alle comunicazioni e dei servizi relativi ai trasporti (-0,3% tutti e tre). Ad aumentare su base mensile sono stati invece i prezzi degli alimentari lavorati (+0,4%) e dei servizi relativi all’abitazione (+0,3%).

Sulla base di quanto è emerso dai numeri, l’Istat ha reso noto che l’inflazione acquisita per il 2025 è risultata pari a +1,6% per l’indice generale e a +2,0% per l’inflazione core.

Annunciato anche il trend dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), pari a un calo dello 0,2% su base mensile e di un aumento dell’1,3% su base annua (da +1,8% del mese precedente).

Così l’Istat ha riassunto il dato relativo all’inflazione in Italia nel mese di ottobre, facendo riferimento anche alla dinamica del carrello della spesa che angustia gli italiani da diversi mesi:

“A ottobre 2025, secondo le stime preliminari, l’inflazione rallenta sensibilmente, scendendo a +1,2% (appena al di sotto del valore di fine 2024). La decelerazione risente del marcato ridimensionamento del ritmo di crescita dei prezzi degli Alimentari non lavorati (+1,9% da +4,8%) e del calo di quelli degli Energetici regolamentati (-0,8% da +13,9% a settembre). In rallentamento la crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” (+2,3% da +3,1%), mentre l’inflazione di fondo rimane invariata (a +2,0%). Il tasso di inflazione acquisito a ottobre, calcolato sulla base dei dati provvisori, si attesta al +1,6%”.

Inflazione euro headline rallenta, ma ancora oltre target BCE. E attenti all’inflazione core

Tornando alla questione dei tassi BCE, va ricordato che Lagarde deve prendere in considerazione il trend dei prezzi che interessa tutto il blocco dell’area euro e sicuramente non quello di una unica economia.

Dall’indicatore relativo all’inflazione dell’area euro pubblicato oggi dall’Eurostat è emerso che l’inflazione core, al 2,4%, rimane tuttora al di sopra del target del 2% stabilito dalla Banca centrale. Anche l’inflazione headline, sebbene in rallentamento, supera ancora l’obiettivo della BCE.

Nell’esaminare il dato appena annunciato, in evidenza la persistenza dell’inflazione dei servizi che, secondo i numeri preliminari, è stata la componente che ha inciso in misura maggiore sul tasso di inflazione di ottobre (accelerando ulteriormente il passo, in rialzo di ben il 3,4%, rispetto al 3,2% di settembre ).

E va ricordato come proprio l’inflazione dei servizi rimanga osservata speciale della BCE di Christine Lagarde. A salire, sebbene rallentando il passo, sono stati anche i prezzi dei beni alimentari, alcol e tabacco (+2,5%, rispettto al +3% di settembre), così come i prezzi dei beni industriali non energetici (+0,6%, rispetto al +0,8% di settembre).

Giù invece in Eurozona i prezzi energetici, scesi a ottobre dell’1%, decisamente più della flessione pari a -0,4% del mese precedente.

Tassi BCE nel Day After riunione Firenze. Lagarde si trova davvero “in una buona posizione?”

In questo contesto, la speranza è che la BCE, che proprio ieri ha fatto il grande annuncio (ampiamente scontato) sui tassi, non stia sbagliando, come qualcuno sostiene, a non toccare più i tassi.

Mentre i mercati continuano a digerire sia la scelta di Francoforte di confermare lo status quo sui tassi, annunciata ieri, che la decisione presa questa settimana dalla Fed di Jerome Powell, economisti, strategist e gestori cercano di fare il punto della situazione.

Nella nota “Tassi fermi al 2% per la BCE: messaggio di prudenza sulla politica monetaria”, Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, ha riassunto quanto emerso ieri dal BCE Day:

“La Banca Centrale Europea ha mantenuto il tasso di riferimento al 2%, segnale di fiducia nella stabilità economica dell’area euro. In assenza di nuove previsioni macroeconomiche questo mese, l’attenzione si concentra sulla comunicazione della BCE, che continua a indicare come l’attuale orientamento di politica monetaria sia ritenuto adeguato alle condizioni economiche in atto. I dati più recenti – tra cui un PIL superiore alle attese e un miglioramento del sentiment economico in Germania – suggeriscono che la regione stia affrontando con una certa resilienza le pressioni esterne, come l’impatto delle tariffe statunitensi. Pur in presenza di rischi residui, la BCE non sembra avere urgenza di modificare i tassi: secondo le attese di mercato, eventuali interventi restano uno scenario più probabile nel corso del 2026”.

Che succede ora ai tassi dell’area euro? Il commento di AllianceBernstein

Occhio anche al commento rilasciato da Sandra Rhouma, European Economist di AllianceBernstein che, a seguito di quanto emerso dalla riunione della BCE che si è conclusa nella giornata di ieri, ha fatto notare che “la conferenza stampa della Presidente Lagarde non ha offerto indicazioni aggiuntive sui prossimi passi del Consiglio, che mantiene dunque la massima prudenza”.

Guardando avanti, Rhouma ha scritto che “a nostro avviso, un taglio dei tassi a dicembre resta lo scenario più probabile, anche se, alla luce dei dati recenti, l’asticella per un nuovo intervento si è alzata rispetto a qualche mese fa”.

In generale, l’opinione di AllianceBernstein è che i tassi attuali rappresentino “il limite superiore della neutralità” e che “salvo cambiamenti strutturali rilevanti, la BCE non avrà bisogno di spingersi oltre ”.

D’altronde, “gli ultimi indicatori offrono argomenti ai falchi: l’inflazione è ormai in linea con il target, la crescita del PIL si dimostra più resiliente del previsto e i tassi reali si collocano in prossimità della neutralità”.

Siamo dunque in presenza di “ una condizione di relativo equilibrio per la BCE ” e che tuttavia “ nasconde elementi di fragilità ”.

Non mancano così gli attenti dell’economista della divisione europea di AllianceBernstein:

“La domanda privata resta debole e il contributo della domanda estera potrebbe ridursi con l’inasprimento dei dazi. La resilienza, infatti, non equivale a forza: significa solo un rallentamento meno marcato. La dinamica disinflazionistica di fondo ha perso slancio, ma non si è interrotta, e il calo dei prezzi nei servizi e dei salari dovrebbe proseguire nei prossimi mesi. Inoltre, l’ultima Bank Lending Survey ha segnalato un inatteso irrigidimento dei criteri di credito verso imprese e famiglie, legato a una percezione più alta dei rischi macroeconomici – un segnale che potrebbe pesare su consumi e investimenti in prospettiva”.

A questo punto, ha concluso Sandra Rhouma, “l’attenzione si sposta ora sulle proiezioni di dicembre, che estenderanno l’orizzonte al 2028. Saranno decisive le nuove valutazioni su tre fronti: l’andamento dell’euro, la politica commerciale e quella fiscale. Le stime attuali indicano un’inflazione inferiore al target già nel 2026 e 2027, rispettivamente all’1,7% e 1,9%. Si tratta di una deviazione moderata, ma che, se dovesse ampliarsi o protrarsi, imporrebbe alla BCE una risposta per mantenere l’equilibrio raggiunto”.

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