L’influenza della Federal Reserve sui mercati globali si affievolisce. Dopo decenni di egemonia, la banca centrale americana non detta più da sola la rotta dei tassi e delle aspettative.
Per decenni, le decisioni della Federal Reserve hanno rappresentato la bussola dei mercati mondiali. Ogni parola pronunciata dal suo presidente — da Alan Greenspan a Jay Powell — poteva innescare reazioni immediate nei rendimenti obbligazionari e nelle valute globali. Oggi, però, questa dinamica sembra cambiare profondamente: la Fed non è più il sole attorno a cui ruotano tutti gli altri pianeti della finanza.
Dal 1990, i tassi d’interesse a lungo termine delle economie avanzate si sono mossi in modo sorprendentemente sincrono. Il declino dei rendimenti dei titoli decennali, osservato in tutto il G7, è stato attribuito a fattori globali: l’invecchiamento demografico, l’abbondanza di risparmi asiatici e la cosiddetta stagnazione secolare.
Uno studio del 2023 di Sebastian Hillenbrand (Harvard Business School) aveva però ribaltato questa lettura, mostrando che gran parte della discesa dei rendimenti statunitensi avveniva nei tre giorni attorno alle riunioni del Federal Open Market Committee. Era come se la Fed fungesse da “condotto informativo”: i mercati assimilavano le tendenze solo quando venivano “confermate” dalla banca centrale. [...]
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