Disoccupazione per chi non è stato licenziato

Noemi Secci

5 Ottobre 2018 - 11:21

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In quali casi l’indennità di disoccupazione Naspi può essere riconosciuta senza che il lavoratore abbia subito il licenziamento.

Disoccupazione per chi non è stato licenziato

L’indennità di disoccupazione Naspi è riconosciuta alla generalità dei lavoratori dipendenti che possiedono determinati requisiti di contribuzione e relativi alle giornate lavorate.

Oltre ai requisiti lavorativi e contributivi, però, per aver diritto alla Naspi è anche necessario trovarsi in stato di disoccupazione. Lo stato di disoccupazione si acquista se è verificata la perdita involontaria dell’impiego.

Nel caso in cui il lavoratore sia licenziato, quindi quando il rapporto termina per volontà del datore di lavoro, non ci sono problemi riguardo allo stato di disoccupazione: il licenziamento è sempre considerato come perdita involontaria dell’impiego, anche quando avviene per giusta causa.

Che cosa succede, però, nel caso in cui rapporto di lavoro non termini per licenziamento, ma per dimissioni oppure per risoluzione consensuale, quindi col consenso del dipendente? Si ha diritto lo stesso alla Naspi?

Facciamo il punto della situazione e cerchiamo di capire chi ha diritto alla disoccupazione pur non essendo stato licenziato.

Quali sono le condizioni per il diritto alla Naspi?

Nella generalità dei casi, il lavoratore dipendente ha diritto alla Naspi se possiede:

  • lo stato di disoccupazione;
  • almeno 30 giornate lavorate nell’anno;
  • almeno 13 settimane di contributi accreditati negli ultimi quattro anni (che non abbiano dato luogo a una prestazione di disoccupazione).

Quali sono le condizioni per il diritto allo stato di disoccupazione?

Perché un lavoratore ottenga lo stato di disoccupazione, in base alla normativa attuale, deve:

  • aver perso l’impiego involontariamente;
  • aver dichiarato, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa (Did) e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego.


Ma quando si perde l’impiego involontariamente senza essere stati licenziati? Scopriamolo.

Diritto alla disoccupazione per dimissioni per giusta causa

Se il lavoratore si dimette per giusta causa ha ha comunque diritto alla disoccupazione Naspi, proprio come se fosse stato licenziato.

Questo, perché le dimissioni per giusta causa sono considerate come un motivo di cessazione involontaria del rapporto di lavoro: parliamo di dimissioni per giusta causa, difatti, quando è verificato un inadempimento del datore di lavoro così grave da non consentire la prosecuzione neppure momentanea del rapporto.

Diritto alla disoccupazione per dimissioni durante il periodo di maternità


Sono assimilate le dimissioni per giusta causa quelle presentate dalla lavoratrice durante la gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore (che abbia usufruito del congedo di paternità) durante il primo anno di vita del bambino.

Diritto alla disoccupazione per risoluzione consensuale

La risoluzione consensuale è un accordo con cui datore di lavoro e dipendente decidono di terminare il rapporto lavorativo.

Se il lavoratore termina il rapporto per risoluzione consensuale, normalmente l’indennità di disoccupazione non spetta, perché la cessazione del rapporto è considerata volontaria.

Lo stato di disoccupazione e la relativa indennità spettano, però, se la risoluzione consensuale si verifica nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria che segue il licenziamento da parte dell’azienda.

La risoluzione consensuale dà diritto alla disoccupazione, inoltre, quando si verifica a seguito del trasferimento del lavoratore: nel dettaglio, il lavoratore può risolvere il rapporto se rifiuta il trasferimento perché la sede di lavoro dista oltre 50 km dalla sua residenza, oppure risulta mediamente raggiungibile 80 minuti oltre con i mezzi di trasporto pubblici.

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