BTP e BOT, quanto debito pubblico hanno famiglie e banche in portafoglio

Laura Naka Antonelli

17 Novembre 2025 - 16:42

Fino a che punto gli italiani sono BTP People, soprattutto in concomitanza con il lancio dei BTP Valore dal governo Meloni. Composizione del debito pubblico dell’Italia.

BTP e BOT, quanto debito pubblico hanno famiglie e banche in portafoglio

Quanti BTP e BOT sono nelle mani degli italiani?

Fino a che punto, le famiglie, le imprese e anche le banche italiane blindano il debito pubblico dell’Italia, compensando l’assenza della BCE che, un tempo acquirente onnipresente dei Titoli di Stato italiani, ha praticamente deciso - prima con la fine del QE-Quantitative easing e il via al Quantitative Tightening (QT), poi staccando la spina anche al PEPP-QE pandemico - di abdicare alla funzione anti-spread, che ha consentito all’Italia di non essere fatta a pezzi dagli speculatori ai tempi della crisi dei debiti sovrani?

Una risposta a questa domanda è stata data dalla divisione Analisi & Ricerche della FABI, il sindacato numero uno dei bancari in Italia guidato da Lando Maria Sileoni, che ha messo in evidenza quanto è trapelato nel corso di questi ultimi anni dalle varie emissioni dei BTP Valore, i Titoli di Stato che hanno fatto il loro debutto ufficiale nel 2023, e che il MEF-Tesoro ha continuato a piazzare fino a meno di un mese fa.

Gli italiani, intendendosi per italiani - in questo caso specifico dei BTP Valore - esclusivamente quelli retail, dunque i piccoli risparmiatori, sono diventati nel corso di questi ultimi anni acquirenti sempre più fedeli e altrettanto entusiasti del debito pubblico di casa.

Usando altri termini: agli italiani, il debito pubblico piace, e anche molto.

Non per niente si parla di BTP People e/o di BOT People. E non per niente, nel fare il punto sulla febbre per i Titoli di Stato italiani esplosa nel Paese, la FABI ha stilato l’analisi “ Italiani sempre più BOT People ”.

Agli italiani il debito pubblico di casa piace. Ecco perché

A provarlo sono i numeri, che sono emersi da una ricerca a cui hanno lavorato gli esperti del sindacato FABI, che hanno preso in considerazione il periodo compreso tra il 2019 e l’agosto del 2025.

In questo arco temporale, guardando nello specifico al ruolo delle famiglie italiane, la quota di debito pubblico in loro possesso è raddoppiata.

Così gli analisti della divisione della FABI:

Le famiglie e le imprese tornano protagoniste nell’acquisto di BOT e BTP. Ad agosto 2025 detenevano 442,4 miliardi di euro di debito pubblico italiano, pari al 14,4% del totale di 3.081 miliardi (3.080,9 a settembre), quasi il doppio rispetto al minimo del 7,9% registrato nel 2021”.

Sono dunque 442,4 miliardi di euro i BTP e i BOT in mano alle famiglie e alle imprese sulla scia, hanno spiegato gli esperti, di diversi fattori che hanno scatenato l’interesse degli italiani per i Titoli di Stato emessi dal Tesoro, che la FABI ha così riassunto:

  • I rendimenti elevati.
  • Il successo dei BTP dedicati al retail, (dunque dei BTP Valore, che quest’anno hanno preso anche la forma dei BTP Più, ma anche dell’ultimo nuovo BTP Italia, nella fase di collocamento dedicata ai retail).
  • Una crescente preferenza per strumenti considerati sicuri, tanto che “il BTP Valore, in particolare, è stato collocato, nelle varie emissioni dal 2023, per un ammontare pari a 93 miliardi ”.

La grande svolta dei BTP People e BOT People iniziata nel dicembre del 2021

La maggior fiducia da parte delle famiglie e delle imprese italiane nei confronti del debito pubblico è sotto gli occhi di tutti, soprattutto se si considerano gli ultimi tre anni, in particolare quelli partiti dal dicembre del 2021.

È in questo arco di tempo che l’approccio degli italiani nei confronti dei BTP e dei BOT è stato interessato da una trasformaziome radicale.

Gli esperti della FABI hanno tenuto a ricordare che, in quel periodo, il debito pubblico era fermo a 2.686,6 miliardi, quasi 400 miliardi meno di oggi e che allora (per l’appunto nel dicembre del 2021), la partecipazione al debito pubblico da parte delle famiglie e delle imprese era “ al minimo storico : appena 212,2 miliardi, pari al 7,9%, un valore che rende ancora più evidente l’inversione di tendenza del 2025”.

Il minimo storico è stato testato dunque in quel periodo, confermando anche allora una inversione di tendenza rispetto al dicembre del 2019 quando, a fronte di un debito pubblico totale pari a 2.415,6 miliardi, dunque 665 miliardi inferiore rispetto a quello attuale, cittadini e aziende “ detenevano 229,8 miliardi, pari al 9,5% del debito, un valore già inferiore a quelli degli anni Duemila, ma comunque più alto rispetto al crollo del 2021”.

È dunque la fine del 2021 lo spartiacque tra il periodo in cui il disinteresse delle famiglie e delle imprese verso i BTP e i BOT ha testato il valore massimo della storia e l’agosto del 2025, quando gli italiani (riferimento sempre a piccoli risparmiatori e imprese), a seguito di uno shopping evidentemente significativo, si sono ritrovati tra le mani 442,4 miliardi di euro di debito pubblico italiano, pari al 14,4% del totale.

Tutto, tenendo in considerazione che, nel complesso, il debito pubblico italiano è salito dai 2.415,6 miliardi del 2019 a 3.080,9 miliardi nel 2025 ( +665 miliardi, in crescita del 27,5%).

L’esposizione delle banche italiane verso i BTP è diminuita. Ma non per mancanza di interesse

Guardando agli ultimi dati relativi sempre all’agosto del 2025 va detto che, a fronte della maggiore partecipazione al debito pubblico italiano da parte di cittadini e imprese, l’esposizione delle banche italiane verso i Titoli di Stato è invece diminuita, ma non sulla scia della decisione da parte degli istituti di credito di prendere le distanze dagli investimenti in BTP & Co., quanto per l’interesse più alto manifestato per l’appunto dai BTP e dai BOT People, in un contesto in cui il valore del rosso di bilancio è salito.

La FABI ha fatto il punto della situazione rispondendo alle seguenti domande che i suoi analisti si sono posti: “Quanto è cambiato il comportamento delle banche italiane rispetto al debito pubblico negli ultimi sei anni?”.

Ancora: “ Quanti BOT e BTP hanno oggi nei propri portafogli gli istituti di credito e quanto pesano, in percentuale, rispetto all’intero ammontare dei titoli di Stato in circolazione?”.

Il sindacato è partito dal fatto che, a gennaio 2020, poche settimane prima dello scoppio della pandemia, gli istituti di credito italiani “ detenevano circa 630 miliardi di euro di Titoli di Stato, pari a una quota prossima al 26% del totale”.

Evidente la retromarcia innestata se si considera che oggi, sulla base dei dati che risalgono all’agosto scorso, se da un lato l’ammontare di BTP e BOT detenuto dal comparto bancario è molto simile in valore assoluto a quello di cinque anni fa, in quanto corrispondente a 620,5 miliardi, “il peso percentuale è sceso in maniera netta, fino al 20,1% del totale ”.

Tanto che la FABI ha sottolineato:

È questa la novità più significativa: le banche non hanno diminuito in modo sostanziale la quantità di BTP e BOT posseduti, ma poiché il debito complessivo del Paese è cresciuto di oltre 660 miliardi tra il 2019 e il 2025, la loro incidenza relativa si è progressivamente ridotta, passando da un ruolo centrale a una posizione meno dominante”.

Insomma, hanno scritto gli esperti del sindacato, nel corso di questi sei anni, il comportamento delle banche italiane è cambiato più volte, rispecchiando le diverse fasi economiche e finanziarie.

Lo shopping di BTP & Co. fatto dalle banche italiane dal 2020 al 2025

Di seguito, gli shopping di Titoli di Stato che le banche italiane hanno effettuato anno per anno, sempre sulla base di quanto ha reso noto la FABI:

  • Nel 2020, durante il lockdown e la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, le banche hanno svolto un ruolo stabilizzatore e hanno ampliato in modo significativo la propria esposizione: il picco si è registrato nella primavera di quell’anno, quando la loro quota ha superato il 27% e l’ammontare ha sfiorato i 690 miliardi.
  • Nel 2021 la consistenza dei titoli in portafoglio è rimasta elevata, oscillando tra 660 e 680 miliardi, con una quota compresa tra il 24% e il 26%, sostenuta ancora dagli effetti indiretti del Quantitative easing (della BCE).
  • Il 2022 è stato l’anno dell’ultimo vero picco, non tanto in percentuale quanto in valore assoluto: a metà anno, infatti, le banche italiane hanno toccato la soglia simbolica dei 710 miliardi di BTP e BOT. Da quel momento in avanti è iniziata una graduale discesa, legata sia al rialzo dei tassi d’interesse sia al progressivo ritiro della BCE dagli acquisti. A fine 2022 l’ammontare era sceso sotto quota 690 miliardi, pur rimanendo comunque su livelli storicamente alti.
  • Nel 2023 si è registrata una tendenza più chiaramente discendente. Da valori iniziali prossimi ai 680 miliardi, le banche sono arrivate a fine anno attorno ai 620-650 miliardi, con la quota percentuale sul totale del debito pubblico scesa sotto il 23%, effetto diretto dell’aumento dell’indebitamento complessivo.
  • Nel 2024 e nel 2025 la dinamica si è ulteriormente ridimensionata, al livello più basso del periodo osservato. Le banche hanno continuato a ridurre fino a 601,4 miliardi, pari al 21,7% del totale.

La divisione Analisi & Ricerche della FABI ha tenuto a precisare che la partecipazione delle banche italiane al debito pubblico è calata ulteriormente nei mesi successivi, fino a scendere ad agosto di quest’anno al 20,1%.

La precisazione è stata tuttavia d’obbligo: “Questa contrazione percentuale, però, non è attribuibile a un disimpegno in senso stretto, quanto piuttosto all’aumento del debito complessivo, oggi oltre i 3.080 miliardi, e alla crescente presenza di altri investitori, in particolare esteri e famiglie ”.

Insomma, le banche italiane non stanno mollando i BTP e i BOT. Piuttosto, è la crescita del debito pubblico, insieme alle maggiori quote in mano alle famiglie italiane e agli investitori esteri, il fattore che ha diminuito l’incidenza della loro esposizione complessiva sul totale.

Ma la posizione TOP tra i sottoscrittori dei Titoli di Stato rimangono gli investitori esteri

La FABI ha tenuto a puntualizzare che, BTP e BOT People a parte, ad acquistare fette di debito pubblico italiano rimangono tuttora soprattutto gli investitori esteri.

Nella fotografia più completa, quella dell’agosto 2025, gli investitori esteri restano — come in tutto il periodo — i principali sottoscrittori dei titoli di Stato italiani detenendo 1.039,9 miliardi, pari al 33,8% del totale, una quota più alta di quella registrata sia nel 2021 sia nel 2019”, a conferma di come “la domanda internazionale” sia “uno dei pilastri principali del mercato del debito sovrano italiano”, pur a fronte della massiccia sottoscrizione di BTP e altri titoli sovrani da parte dei piccoli risparmiatori.

La composizione del debito pubblico italiano dal 2019 all'agosto del 2025 La composizione del debito pubblico italiano dal 2019 all’agosto del 2025 Chi è che detiene maggiori fette di debito pubblico italiano? La partecipazione in valori assoluti e percentuali da parte di banche; fondi e assicurazioni; Banca d'Italia; investitori esteri; famiglie. (Fonte FABI)

Chi ha ridotto la propria esposizione è stata sicuramente la Banca d’Italia, che opera per l’Eurosistema e che dunque ha limato la propria quota a causa della fine dei piani di QE e PEPP stabilita dalla BCE.

Risultato: Bankitalia detiene BTP e BOT per un ammontare pari oggi a 592,1 miliardi del 2025, rispetto ai 721 miliardi del 2022, con l’incidenza sul debito pubblico totale che è scesa dal 26,1% al 19,2%, proprio per “ effetto della fine degli acquisti netti BCE ”.

Una quota inferiore di BTP e BOT è detenuta oggi anche da fondi e assicurazioni, che incidono sul debito pubblico complessivo con una partecipazione pari al 12,5% (386,3 miliardi), rispetto al 15,8% del 2019, poco prima del 14,4% detenuto dalle famiglie e dalle imprese.

Il commento di Lando Maria Sileoni (FABI) su quote debito pubblico in mano a BTP People e banche

Così Lando Maria Sileoni, numero uno della FABI, ha commentato quanto è emerso dalla divisione Analisi & Ricerche:

Le famiglie italiane stanno tornando a investire nei Titoli di Stato e lo fanno perché hanno fiducia. Fiducia nel Paese, fiducia nella sua tenuta sociale e politica, fiducia nella capacità dell’Italia di attraversare una fase internazionale complicata con più solidità rispetto ad altri grandi partner europei. Questo dato non nasce per caso: le famiglie non mettono i loro risparmi nei BTP se non percepiscono stabilità, continuità e una prospettiva credibile. Allo stesso tempo, il ruolo delle banche rimane fondamentale: pur con una quota relativa in calo continuano a garantire oltre 620 miliardi di debito nei propri portafogli. Una presenza massiccia, strutturale, che testimonia ancora una volta quanto il settore bancario sia un pilastro della stabilità finanziaria del Paese. Le banche fanno la loro parte, in modo responsabile, come sempre: in piena pandemia, quando sono state un argine, anche grazie alle lavoratrici e ai lavoratori bancari; oggi, con un approccio prudente, ma senza sottrarsi al proprio dovere. Poi c’è il capitolo degli investitori esteri, che sono tornati con forza e oggi rappresentano più di un terzo del nostro debito pubblico. È un segnale politico, prima ancora che economico. Con l’Europa attraversata da tensioni elettorali, instabilità istituzionale e crescita debole — basti guardare cosa sta accadendo in Francia e Germania — l’Italia è percepita come un porto più sicuro, un mercato più affidabile, un Paese che garantisce maggiore continuità. È proprio qui che si vede la differenza: famiglie, banche e investitori internazionali mostrano tre dinamiche diverse, ma tutte convergono su un punto. L’Italia è oggi considerata più stabile e più credibile di altri grandi Paesi europei. È questa la vera chiave politica dei dati”.

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