Cos’è il Quantitative Tightening, ovvero «rafforzamento quantitativo»? Come funziona QT, i suoi obiettivi e rischi per le banche centrali e i titoli di Stato.
Cos’è il QT, ovvero il Quantitative Tightening, “rafforzamento quantitativo” in italiano?
Nel mondo della politica monetaria, gli strumenti non-convenzionali delle banche centrali stanno acquisendo un ruolo sempre più centrale. Negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere il concetto di “Quantitative Easing” (QE) - l’acquisto massiccio di titoli pubblici o privati da parte di una banca centrale per immettere liquidità nel sistema finanziario e stimolare l’economia. Ma oggi, con le economie che mostrano segnali di ripresa e un’inflazione che torna sotto i riflettori, l’attenzione si sposta verso la fase opposta: il “Quantitative Tightening” (QT).
In altre parole, è arrivato il momento di ridurre il livello di stimolo e riportare i bilanci delle banche centrali a dimensioni più ‘normali’. Esploriamo allora cosa significa QT, come funziona in pratica, a cosa serve e le previsioni sul fronte di questo strumento di politica monetaria Federal Reserve, BCE e non solo.
Cos’è il Quantitative Tightening (QT)?
Il Quantitative Tightening è la manovra con cui una banca centrale riduce attivamente o gradualmente il proprio bilancio. Ciò avviene lasciando scadere i titoli in portafoglio senza reinvestirli, oppure vendendoli sul mercato, con l’effetto di drenare liquidità dal sistema bancario.
In pratica, se in passato le banche centrali hanno accumulato titoli pubblici e privati per immettere moneta e ridurre i tassi a lungo termine, oggi il QT compie l’opposto perché toglie stimolo e ripristina condizioni più “normali”. Questo comporta, tra l’altro, un potenziale aumento dei rendimenti a lungo termine e riduce la base monetaria che circola nell’economia.
Come funziona il QT?
Quando una banca centrale decide di attuare il Quantitative Tightening, non lo fa di colpo come spesso accade con l’avvio del QE, bensì utilizza delle modalità graduali per evitare shock eccessivi ai mercati finanziari. Per esempio, può decidere che ogni mese non reinvestirà una certa quota dei titoli che maturano, o che venderà una parte del proprio portafoglio in un arco di tempo prestabilito.
Così facendo, i fondi che arrivano al rimborso dei titoli non vengono rimessi in circolazione, ma “spariscono” dal sistema delle riserve bancarie. Progressivamente la base monetaria si riduce, le riserve delle banche presso la banca centrale scendono e la capacità delle banche di concedere credito può risentirne.
Quando la banca centrale vende attivi prima della scadenza o smette di reinvestire, vi è un effetto supplementare. Con la domanda per i titoli pubblici diminuisce, i prezzi tendono a scendere e i rendimenti a salire. Di fatto, l’aumento dei rendimenti agisce come un freno alla crescita economica, che è uno degli scopi del QT: raffreddare un’economia che può già surriscaldarsi, contenere l’inflazione e ripristinare spazi di manovra monetaria per eventuali crisi future.
La banca centrale deve comunicare in modo molto chiaro le proprie intenzioni. Se i mercati non sono preparati al QT possono verificarsi turbolenze sull’obbligazionario, un aumento dei costi di finanziamento per le imprese e un riflusso dei capitali verso asset ritenuti più sicuri. Per questo motivo la gradualità e la trasparenza sono fondamentali.
A cosa serve il Quantitative Tightening?
Il primo obiettivo del QT è ritirare l’accomodamento monetario che era stato fornito con il QE. Per anni, le banche centrali hanno sostenuto i titoli e tenuto il sistema molto liquido. Con il QT si inverte la rotta. Un’operazione che ha senso in un contesto in cui l’economia mostra segni di forza, l’inflazione torna a salire o l’equilibrio finanziario richiede un’azione preventiva.
Allo stesso tempo, ridurre il bilancio di una banca centrale serve a “ripristinare” margini di manovra. Infatti, se un giorno si dovrà nuovamente intervenire in emergenza, avere meno stimolo attivo significa poter tornare a espandere quando necessario.
Un secondo canale di trasmissione importante è quello dei rendimenti. Diminuendo la domanda della banca centrale per titoli pubblici, la curva dei rendimenti può spostarsi verso tassi più elevati, soprattutto a medio-lungo termine. Ciò rende il credito più costoso, raffredda investimenti e consumi e aiuta a diminuire pressioni inflazionistiche. Allo stesso tempo, i bilanci delle imprese e il mercato finanziario più in generale si adattano a condizioni meno accomodanti.
Un terzo aspetto rilevante è il rischio di distorsione dei mercati. La liquidità e la domanda artificiale di titoli da parte delle banche centrali possono alterare la formazione dei prezzi e creare dipendenza del mercato dal sostegno della banca centrale. Il QT tende a riportare i mercati a condizioni normalizzate in cui sono gli attori privati a dominare le dinamiche.
Ma attenzione ai rischi del QT. Se la riduzione della liquidità avviene troppo rapidamente, o in un contesto già fragile, possono emergere non poche tensioni nei mercati monetari, ad esempio nei repo, nei certificati di deposito o nelle aste di titoli a breve scadenza. Per questo motivo le banche centrali cercano di calibrare il QT con attenzione, evitando di destabilizzare il sistema finanziario.
Le differenze tra QT e QE
Mentre il QE aveva lo scopo di stimolare l’economia immettendo liquidità e abbassando i tassi a lungo termine, il QT rappresenta la fase di ritiro di quello stimolo.
Nel QE, la banca centrale acquista asset e aumenta il proprio bilancio; nel QT, non reinveste o vende e quindi riduce il bilancio. Dal punto di vista della liquidità, nel QE si fornisce moneta al sistema; nel QT la si rimuove. Dal punto di vista dei rendimenti, il QE tende a comprimere i rendimenti (e elevare i prezzi dei titoli); il QT tende invece a farli salire.
E infine, dal punto di vista temporale, il QE viene solitamente applicato in fase espansiva, in risposta a una crisi o a forte rallentamento, mentre il QT interviene in fase di normalizzazione quando l’economia e l’inflazione lo permettono.
Il Quantitative Tightening di Fed e BCE
La Federal Reserve, banca centrale statunitense, ha avviato un percorso di QT già qualche anno fa, ma ha dovuto bilanciarlo con le condizioni del mercato del lavoro, dell’inflazione e dell’instabilità finanziaria. Ad oggi, la Fed sta valutando attentamente il percorso dei tassi di interesse e del QT in un contesto in cui l’inflazione ha mostrato segnali di moderazione, ma le prospettive di crescita rimangono incerte.
Le comunicazioni più recenti indicano che la Fed considera il QT come uno strumento complementare al rialzo dei tassi e che potrebbe rallentare o modificare il ritmo del QT se venissero rilevati segnali negativi nei mercati finanziari o un indebolimento della domanda. In altri termini, la Fed non ha “abbandonato” il QT, ma lo mantiene in una modalità prudente e altamente dipendente dagli sviluppi macroeconomici. Gli osservatori e gli investitori monitoreranno le dichiarazioni del presidente Powell in occasione della conferenza stampa post-riunione del 29 ottobre,
Anche la BCE si trova in una fase delicata. Dopo anni di stimolo espansivo con il QE, è entrata gradualmente nel processo di normalizzazione. Ad oggi, la BCE ha indicato che l’attuale orientamento di politica monetaria resta immutato nel breve periodo, ma ha confermato che è pronta a considerare il QT come parte della ripresa della normalizzazione. La presidente Lagarde ha segnalato che la dimensione del bilancio rimane elevata e che, una volta completata la fase di restrizione con i tassi, potrà avviare un percorso di riduzione della sua posizione in titoli.
Ma la tempistica dipenderà dalla continua convergenza dell’inflazione verso il target e dalla stabilità finanziaria nell’area euro.
Gli effetti per gli investitori
Per chi investe e opera sui mercati finanziari, gli impatti del QT sono da tenere sotto la lente. Se da un lato un bilancio enorme di una banca centrale ha creato delle condizioni favorevoli per prezzi elevati degli asset e tassi bassi, dall’altro lato il QT indica che i tempi dei “facili stimoli” potrebbero essere in via di chiusura.
In un mondo di tassi in aumento e bilanci in contrazione, i rendimenti obbligazionari potrebbero salire, il credito d’impresa diventare più costoso e alcune asset class sensibili alle condizioni monetarie (ad esempio i titoli tecnologici più “a leva”) potrebbero soffrire.
Le imprese con elevato indebitamento o sensibili al costo del capitale potrebbero trovarsi in difficoltà. Al contrario, le aziende con bilanci solidi, flussi di cassa resilienti e capacità competitiva potrebbero beneficiare di un contesto in cui l’azione di stimolo è terminata e la “normalizzazione” consente una migliore valutazione dei fondamentali.
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