Avvocati: lavorare gratis per amici e parenti si può. La sentenza della Cassazione

Simone Micocci

24 Luglio 2017 - 12:27

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L’avvocato può assistere gratuitamente parenti e amici, ma non può cambiare idea una volta accettato l’incarico. La sentenza della Cassazione fa chiarezza sull’inderogabilità dei minimi tariffari.

Avvocati: lavorare gratis per amici e parenti si può. La sentenza della Cassazione

L’avvocato può lavorare gratis? Nella maggior parte dei casi no, ma come ricordato dalla Corte di Cassazione ci possono essere delle eccezioni.

Nei mesi scorsi abbiamo affrontato in più di un’occasione il tema della parcella degli avvocati, ribadendo l’inderogabilità dei minimi tariffari sancita dall’articolo 24 della legge 794 del 1942.

L’avvocato non può lavorare gratis, né in cambio di pubblicità né per una causa persa. Tuttavia, con il passare degli anni la Corte di Cassazione è intervenuta in più di un’occasione per riconoscere alcune fattispecie in cui la violazione del suddetto principio di inderogabilità è possibile.

L’ultima volta risale alla scorsa settimana quando presso il Palazzo di Giustizia è stata depositata la sentenza n°17975 del 2017.

Una sentenza molto importante perché fa chiarezza sulle eccezioni all’inderogabilità dei minimi tariffari per gli avvocati in riferimento al caso in cui tra l’avvocato e l’assistito ci sia un rapporto di parentela o amicizia.

Il professionista legale, quindi, può decidere di accettare un incarico o di svolgere attività stragiudiziali in maniera totalmente gratuita, ma solo quando alla base di questa decisione c’è un rapporto affettivo nei confronti del cliente.

Assistere gratuitamente amici e parenti si può: il caso di specie

Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un avvocato in merito ad una parcella - del valore di 230€ - non pagata da una donna da lui assistita.

La suprema Corte ha preso questa decisione dopo aver rilevato che l’avvocato non ha svolto un vero e proprio incarico professionale nei confronti della donna e di suo marito, poiché i rapporti tra il legale e i suoi assistiti si erano sostanziati in un’attività prettamente formale.

Nel dettaglio, l’avvocato ricorrente si è occupato della sottoscrizione degli atti redatti dal marito della donna, anche lui un avvocato, in maniera totalmente gratuita. Secondo la Corte di Cassazione questo era possibile visto la riconoscenza che il legale ricorrente aveva nei confronti dell’altro, poiché in passato ne aveva ereditato una buona parte di clientela.

Un rapporto di amicizia che per la Suprema Corte permette di violare il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari per gli avvocati e dal quale non si può tornare indietro.

Nel caso di specie, infatti, una volta deceduto l’avvocato assistito dal ricorrente, questo ha presentato la parcella a sua moglie, chiedendole di pagare un importo di 230 euro.

Per i giudici del Palazzo di Giustizia - che hanno respinto il ricorso - la gratuità dell’incarico deve essere ribadita e quindi non si può cambiare idea qualora uno degli assistiti venga a mancare.

Quando non si può lavorare gratis?

Per la Corte di Cassazione si può rinunciare all’inderogabilità dei minimi solo quando questa decisione si basa sull’esistenza di particolari vincoli di amicizia o di parentela tra avvocato e assistito.

Inoltre, come abbiamo visto nel caso di specie, questo è possibile anche qualora all’avvocato convenga lavorare gratis, per determinate motivazioni.

La rinuncia - anche parziale - delle competenze, invece, non è possibile quando è posta in essere “con l’unico fine di violare la suddetta norma imperativa sui minimi di tariffa”. Per saperne di più potete scaricare il testo della sentenza 17975/2017 che trovate di seguito:

Infine vi ricordiamo che questa non è l’unica sentenza della Corte di Cassazione in cui si fa chiarezza su quando è possibile assistere gratuitamente un cliente. A tal proposito potete leggere anche:

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