Andare in pensione prima di Quota 100: quando è possibile?

Simone Micocci

12 Aprile 2019 - 09:37

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Quota 100 consente di anticipare l’accesso alla pensione fino all’età di 62 anni: ci sono alcune misure, però, che fanno persino meglio.

Andare in pensione prima di Quota 100: quando è possibile?

Quota 100 ha rivoluzionato il sistema previdenziale italiano, consentendo - per il momento - ad oltre 100.000 persone di anticipare l’accesso alla pensione. Come noto questa opzione consente di anticipare il pensionamento all’età di 62 anni, ma solo quando l’interessato ha maturato 38 anni di contributi.

Ci sono altre misure, però, che consentono di smettere di lavorare persino prima del compimento dei 62 anni, ossia prima della maturazione dei requisiti di Quota 100; ad esempio, nello stesso decreto che disciplina questa misura - il n°4/2019 - vi è uno scivolo pensionistico con il quale si può smettere di lavorare quando mancano tre anni al raggiungimento dei requisiti per Quota 100.

Ma ci sono anche altre opzioni che consentono di anticipare il collocamento in quiescenza di diversi anni: la stessa Opzione Donna, prorogata per un anno con l’ultima riforma delle pensioni dà alle lavoratrici l’opportunità di andare in pensione persino prima dei 60 anni (quando sussistono determinate condizioni).

In questo articolo vedremo tutte quelle misure con le quali è possibile smettere di lavorare con largo anticipo rispetto a quanto previsto dalla pensione di vecchiaia (67 anni di età e 20 di contributi), persino prima di Quota 100; non sempre però si tratta di opzioni per il pensionamento, visto che in alcuni casi è meglio parlare di prepensionamento.

Prepensionamento: smettere di lavorare prima di Quota 100

Come prima cosa è bene fare chiarezza sul significato di prepensionamento: si tratta di uno strumento che consente sì di smettere di lavorare con largo anticipo, e prima del raggiungimento dei requisiti per le varie opzioni di pensionamento, ma senza percepire una pensione. Nell’attesa della decorrenza dell’assegno previdenziale, infatti, si ha diritto ad un’indennità sostitutiva, finanziata dall’ex datore di lavoro.

Ad oggi ci sono diverse forme di prepensionamento alle quali ricorrere: a quelle in vigore lo scorso anno si è aggiunto lo scivolo pensionistico di Quota 100, con il quale è possibile anticipare l’uscita dal lavoro di tre anni rispetto a quanto previsto dal provvedimento.

Ma partiamo dall’isopensione - conosciuto anche come scivolo pensionistico - con il quale, grazie alle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2018, si può smettere di lavorare con 7 anni di anticipo. Considerando che nel 2019 l’età pensionabile (pensione di vecchiaia) è pari a 67 anni, con questa misura si può smettere di lavorare a 60 anni.

Si tratta di uno strumento al quale possono ricorrere solamente quei lavoratori che:

  • sono occupati in aziende con più di 15 dipendenti;
  • hanno siglato un accordo sindacale e uno con l’impresa con i quali si acconsente alla cessazione anticipata del rapporto di lavoro.

Non è il lavoratore però a fare domanda per l’isopensione, visto che la richiesta deve partire dall’azienda: è questa, dopo aver individuato i dipendenti in esubero e a pochi anni della pensione, a dover comunicare ai sindacati la propria intenzione e favorire il ricambio generazionale ricorrendo allo scivolo pensionistico.

È l’azienda stessa a farsi carico dei costi da pagare per il versamento dei contributi al lavoratore, per una durata pari agli anni in cui si anticipa l’uscita dal lavoro; all’interessato, invece, spetterà un’indennità sostitutiva per tutto l’arco dell’isopensione e solo dopo aver raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia avrà diritto all’assegno previdenziale.

Ci sono altre forme di prepensionamento - che potete approfondire cliccando qui - ma probabilmente la più importante del 2019 è quella introdotta insieme a Quota 100 che consente di smettere di lavorare anche all’età di 59 anni.

Si tratta di una misura simile all’isopensione: è il datore di lavoro, quindi, a farsi carico dell’onere sostenuto da un Fondo di solidarietà per il pagamento dell’indennità sostitutiva che spetta al lavoratore nel periodo di anticipo, in attesa della pensione che decorre al raggiungimento delle condizioni previste da Quota 100.

Lo scivolo per la Quota 100, però, stabilisce che questo è possibile solo in presenza di accordi collettivi di livello aziendale o territoriale, con i quali si stabilisce il numero di lavoratori da assumere in sostituzione di coloro che anticipano l’accesso alla pensione; quindi, così come l’intera Quota 100, si tratta di uno strumento con il quale il Governo conta di favorire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro, incrementando l’assunzione di giovani leve.

Andare in pensione prima di Quota 100: come fare?

Non solo prepensionamenti; ci sono infatti anche delle misure con le quali si può anticipare direttamente l’accesso alla pensione. In tal caso, quindi, l’interessato non percepisce un’indennità sostitutiva negli anni di anticipo, ma direttamente la pensione.

La misura migliore in tal senso è senza dubbio Quota 41 che consente - indipendentemente dall’età anagrafica - l’accesso alla pensione una volta maturati 41 anni di contributi (l’assegno però decorre una volta trascorsa una finestra mobile di tre mesi). Quota 41 non è per tutti: possono ricorrervi, infatti, solamente i lavoratori precoci (coloro che hanno maturato 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni) che rientrano in determinate categorie (disoccupati, caregiver, invalidi al 74%, lavoratori gravosi o usuranti).

Con Quota 41 si può anticipare la pensione di diversi anni, smettendo di lavorare persino prima rispetto a quanto previsto con Quota 100. Pensate ad esempio ad una persona che ha iniziato a lavorare a 18 anni mantenendo una carriera lavorativa senza interruzioni: per questa il collocamento in quiescenza è previsto all’età di 59 anni.

C’è poi la pensione anticipata Inps che come Quota 100 non prevede alcun requisito anagrafico: gli uomini possono andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi, le donne con un anno in meno. Ebbene se questi hanno cominciato a lavorare all’età di 19 anni, e senza vuoti contributivi, possono andare in pensione rispettivamente all’età di 61 anni e 10 mesi e 60 anni e 10 mesi.

Per le donne c’è un’ulteriore misura: si tratta dell’Opzione Donna che il decreto 4/2019 ha prorogato per un anno. Questa consente l’accesso alla pensione alle nate nel 1960 (coloro che compiono 59 anni del 2019) o nel 1959 se lavoratrici autonome (60 anni nel 2019); parimenti è richiesto un requisito contributivo di 35 anni purché maturati entro il 31 dicembre 2018. Con Opzione Donna, però, l’assegno di pensione decorre dal 12° mese successivo a quello in cui sono stati maturati i requisiti richiesti, o dal 18° mese nel caso delle lavoratrici autonome.

Inoltre, questa misura ha un “prezzo” da pagare dal momento che chi vi ricorre deve accettare che la pensione venga ricalcolata interamente con il sistema contributivo.

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