Chi compie aggressioni fisiche sul luogo di lavoro rischia conseguenze molto serie. Ecco tutti i casi possibili, dalle sanzioni disciplinari ai reati.
Stress e tensione sul luogo di lavoro possono culminare in esplosioni inaspettate e portare anche le persone più tranquille e pacate a compiere gesti estremi. Nulla che comunque giustifichi le aggressioni fisiche agli altri lavoratori o ai clienti, una situazione non rara come si potrebbe pensare. Un problema parallelo a quello della violenza a danno dei lavoratori, pensando soprattutto ai professionisti dell’ambito sanitario e alle forze dell’ordine. Questi episodi molto frequenti, che richiederebbero interventi più ampi di quelli attualmente messi in campo, corrono di pari passo alle violenze perpetrate dai lavoratori stessi. Aggressioni a danno di colleghi o subordinati (più raramente dei superiori, per ovvie ragioni), ma anche dei clienti stessi, che compromettono il benessere lavorativo complessivo, oltre alla salute della vittima. Ecco perché chi commette aggressioni sul posto di lavoro (proprio o altrui per la verità) rischia conseguenze molto gravi.
Sanzioni disciplinari per aggressioni fisiche
Le sanzioni disciplinari al dipendente che commette aggressioni fisiche a danno di altre persone sul luogo di lavoro sono il primo scalino di conseguenze per un lavoratore dipendente. Pur essendovi diverse sanzioni, con provvedimenti da commisurare alla gravità delle infrazioni, le sanzioni disciplinari diverse dal licenziamento sono generalmente troppo lievi rispetto ad atti di tale entità. Le aggressioni fisiche possono corrispondere a infrazioni specifiche individuate dalla contrattazione individuale e collettiva, ma possono comunque essere punite come azioni illecite (se non veri e propri reati) e violazioni degli obblighi generali del dipendente.
Nei casi di minore gravità, tuttavia, il lavoratore può essere sottoposto a procedimenti modesti. Per esempio, il datore di lavoro potrebbe considerare la condotta generale del lavoratore e anche le circostanze specifiche dello scontro o dell’aggressione, tra motivazioni e danni effettivamente procurati. Per esempio, c’è una grande differenza tra una spallata e un pugno. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari possono essere adottati soltanto dopo aver sentito la versione del dipendente. Per le sanzioni più gravi del rimprovero verbale - sotto elencate - è inoltre necessario attendere 5 giorni dalla contestazione scritta.
All’esito della procedura di contestazione disciplinare, l’azienda può decidere di adottare:
- ammonizione scritta, di norma utilizzata per le infrazioni di minor gravità;
- multa, sino a un massimo di 4 ore di retribuzione base;
- sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un massimo di 10 giorni;
- trasferimento ad altro reparto, ufficio o sede dell’azienda;
- licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
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Licenziamento per giusta causa in caso di liti e aggressioni
La sanzione disciplinare più grave, ossia la risoluzione del rapporto di lavoro, può essere comminata al dipendente colpevole di aggressioni fisiche. Una vasta giurisprudenza, sia della Corte di Cassazione che dei tribunali ordinari, inquadra queste fattispecie nelle giuste cause di licenziamento. Il dipendente che aggredisce altri lavoratori o clienti può quindi essere licenziato in tronco, ma non solo.
Secondo vari precedenti, il licenziamento è legittimo anche quando c’è uno scontro tra due o più persone, nei confronti di coloro che lo hanno causato volontariamente o anche solo vi hanno partecipato attivamente pur avendo alternative. Il datore di lavoro può quindi licenziare per giusta causa chi prende parte a risse e similari sul luogo di lavoro, a meno che costretto per necessità di difesa. A tal proposito, sarà però necessario poter dimostrare l’aggressione e la volontà del lavoratore.
Risarcimento del danno e reati
Al di là delle sanzioni disciplinari, chi compie delle aggressioni sul lavoro può essere chiamato a risarcire i danni alle vittime e anche al datore di lavoro. La persona aggredita ha sicuramente diritto a un risarcimento per i danni fisici, morali e materiali, ma anche l’azienda può agire in giudizio se la condotta del dipendente ha compromesso i propri interessi (oggetti rotti, danno reputazionale e così via).
L’autore dell’aggressione fisica può inoltre essere accusato di alcuni reati, tra cui:
- percosse, punite con reclusione fino a sei mesi o la multa fino a 309 euro;
- lesioni personali, quando viene procurata una malattia, con una pena variabile a seconda della durata della prognosi;
- maltrattamenti (secondo la Cassazione l’ambiente lavorativo può talvolta integrare questa fattispecie vista la convivenza forzata e i rapporti di soggezione).
Le stesse conseguenze sotto il profilo civilistico e penalistico riguardano anche le aggressioni attuate dalla clientela ai danni del personala, generalmente fatta eccezione per il reato di maltrattamenti. Alcune categorie di lavoratori, tuttavia, sono tutelati da norme specifiche rese necessarie proprio dalle continue violenze. Ciò riguarda medici e infermieri, ma anche i pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio.
Come difendersi
Chi subisce un’aggressione sul posto di lavoro può:
- attivare la procedura Inail per infortunio;
- chiedere l’intervento del datore di lavoro, obbligato a garantire un ambiente sicuro;
- agire contro l’autore della violenza, con una querela e/o una richiesta civile di risarcimento del danno.
A seconda dell’autore, bisognerà inoltre considerare le fattispecie del mobbing.
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