Sembrano infiniti e particolarmente intricati i lavori sulla Tobin Tax in Italia, ma a margine dei lavori in Senato, giunge la notizia riportata da Reuters che l’imposta sulle transazioni finanziarie sarà riscritta sul modello francese, la "Tax sur les transactions financières". Ecco, dunque, un breve confronto tra il modello francese e il disegno italiano su una tassa che presente pochi meriti e moltissimi demeriti.
Perplessità sui dettagli
Permangono, tuttavia, i dubbi riguardo alla validità del modello e al generale consenso che qualche giorno fa ha accolto la proposta di Boccia, di allargare la base imponibile per diminuire il carico dell’imposta.
Inoltre, sappiamo bene che il modello francese presenta numerose lacune, la Tobin Tax all’italiana sarà in grado di colmare i vuoti del modello francese o sarà una "traduzione" del testo transalpino?
Tobin Tax in Italia
Nella sua formulazione originale, la Tobin tax all’italiana esclude dall’applicazione dell’aliquota le transazioni sui titoli di Stato e le obbligazioni societarie, prevedendo un’imposta dello 0.05% per gli strumenti partecipativi e derivati (quindi azioni, valute, materie prime etc.). Secondo la bozza di Governo, la Tobin Tax dovrebbe assicurare dal 2013 un gettito di oltre un miliardo di euro all’anno, riducendo il coefficiente di scambi delle compravendite azionarie di cirica il 30% e del 80% per gli scambi di prodotti derivati (da vedere, poi, fino a che punto questa riduzione possa dirsi un bene).
Guerra alla Tobin tax all’italiana
Il disegno per la Tobin tax all’Italiana ha scatenato una vera e propria guerra d’opinione tra trader e associazioni dei consumatori: per come è stata presentata, la tassa sulle transazioni finanziarie penalizzerebbe in maniera eccessiva le transazioni sui derivati, lasciando ampi margini di operatività per la speculazione dannosa e, non di meno, finendo col gravare sulle spalle dei contribuenti, forse anche estranei al concetto di transazione finanziaria.
La scorsa settimana, infine, era stata approvata al parlamento la proposta di Francesco Boccia che, prevedendo un allargamento della base imponibile avrebbe ridotto l’aliquota e che è stata riassunta dal motto "pagare tutti per pagare meno".
Secondo le più recenti indiscrezioni, però, la Tobin Tax al Senato sarebbe stata pensata oggi secondo il modello francese, attivo già dal 1 agosto e certamente non privo di difetti.
Tobin Tax in Francia
In Francia, la Tobin tax si applica alle operazioni che riguardano i titoli di società francesi con capitale superiore al miliardo di Euro e, per impedire la delocalizzazione dell’industria finanziaria francese, l’imposta è applicata indipendentemente dalla residenza dell’intermediario. Inoltre, la tassa francese non è applicata alle singole transazioni, ma sul saldo finale di giornata.
Limiti del modello francese
I limiti del modello francese per la tassa sulle transazioni finanziarie hanno già fatto il giro del mondo, tanto che Business Week titolava qualche giorno fa "Banche 2 - Hollande 0". Se l’intento principale di Hollande era quello di "colpire duramente la Finanza, con la F maiuscola", si può già dire che l’obiettivo sia stato mancato.
Fatta la legge, trovato l’inganno: dall’attivazione della Tobin Tax francese è stata registrata l’impennata delle attività dei CFD, contract for difference che, detta in breve, consentono di puntare su una determinata azione pur non possedendola e aggirare l’aliquota passando per le filiali estere delle banche.
Il punto è proprio che a fare le spese di questa tassa sono i piccoli azionisti e investitori, mentre i grandi speculatori, professionisti della finanza, riescono ad aggirarla senza grandi fatiche.
Non è tutto, secondo l’inchiesta pubblicata da Business Week sarebbe già cominciato l’esodo di operazioni all’estero e delocalizzazione delle imprese (tassate se con capitale superiore al miliardo di euro).
Tobin Tax: pochi meriti, troppi demeriti
Insomma, da quando la Tobin Tax è stata annunciata è ormai evidente che a questa si associno troppi pochi meriti e decisamente un numero eccessivo di demeriti. Tra i meriti, teoricamente, ci sarebbe la creazione di utili da destinare all’incentivo della ripresa economica, ma come ripetiamo da tempo e come sosteneva lo stesso ideatore, James Tobin, per poter funzionare correttamente la tassa sulle transazioni finanziarie dev’essere universalmente condivisa.
Tra i demeriti della Tobin Tax, invece, vale la pena di ricordare:
- Delocalizzazione del mercato Italiano e incentivo per l’over the counter non regolato
Uno dei rischi principali che il modello attuale per la Tobin tax comporta è quello di incentivare l’over the counter dannoso: come farà il fisco a tassare lo scambio di un derivato su azioni italiane stipulato tra una banca del Giappone ed un Hedge fund americano? La domanda è retorica, la risposta è certa: non lo farà.
In questo modo, è sicuro che il mercato italiano finirà con l’essere penalizzato e che ad avere la meglio saranno gli enti non regolamentati. L’effetto, di conseguenza, sarebbe una ricaduta negativa per tutti gli investitori retail che devono far affidamento ad un mercato regolamentato che assicuri la trasparenza ai propri investimenti.
- Chi deve pagare, e come?
Questo continua a rimanere uno dei misteri relativi alla nuova imposta di bollo: i market maker devono pagare? Secondo il modello francese no, secondo la bozza italiana sì, ma come sottolineano gli esperti, i market maker assicurano liquidità al mercato e tassarli potrebbe comportare il rischio di prosciugare questa liquidità, indispensabile alla compra/vendita da parte degli investitori.
- Come calcolare il valore dell’imposta?
Secondo le ultime informazioni pervenute, il valore dell’imposta sarebbe da calcolarsi in base al valore nazionale del derivato che, tuttavia, non corrisponde al valore dello strumento o dell’operazione compiuta. Ecco, dunque, che si torna sull’eccessiva penalizzazione della Tobin tax nei confronti dei derivati cui, teoricamente, dovrebbe spettare una tassazione inferiore rispetto a quella delle azioni.
Germania, rinvio al 2016, per un’Europa più unita
Ciliegina sulla torta, la Germania e il rinvio al 2016 per l’applicazione della tassa. Se James Tobin teorizzava il corretto funzionamento della tassa se applicata su scala globale e se la Tobin tax è stata introdotta per "armonizzare" il sistema finanziario dei paesi Europei, il ritardo dell’applicazione del modello tedesco non farà altro che inasprire le condizioni attuali dei mercati finanziari, penalizzando senza precedenti il mercato italiano. Ora, il dubbio è lecito: la Tobin tax serve a migliorare le condizioni economiche dell’Italia o a gettare nel baratro il mercato finanziario (peraltro ancora instabile) del nostro Paese?
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