Quota 100? Un flop, non risponde ai veri problemi

Sara Nicosia

18 Settembre 2019 - 10:15

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Quota 100 da sola non basta a rispondere alla rigidità della legge Fornero. I sindacati chiedono al nuovo governo giallorosso una riforma del sistema previdenziale che vada incontro a tutti lavoratori.

Quota 100? Un flop, non risponde ai veri problemi

Quota 100 è un flop. Duplice. Da una parte le domande crollano, che la riforma introdotta dall’ex esecutivo gialloverde avrebbe interessato un pubblico più ristretto rispetto alle ipotesi iniziali si è capito presto, ma i dati Inps non lasciano spazio a fraintendimenti e Quota 100 cala nelle preferenze.

Dall’altra parte tutte lacune che la costituiscono sono ormai troppo evidenti. Quota 100, che non è mai stata vista di buon occhio dai sindacati, è rea di non riformare in maniera puntuale il sistema pensionistico e favorire solo alcune categorie di lavoratori, continuando così a perpetuare le disparità sociali.

Il superamento della legge Fornero e l’attuazione di una vera flessibilità previdenziale sono i temi al al centro del dibattito sulle pensioni da parte dei sindacati che, con l’ascesa di un nuovo governo, sperano finalmente di arrivare a una vera riforma del sistema pensionistico.

Quota 100, perché da sola non basta

Il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha confermato, durante l’incontro dell’Eurogruppo a Helsinki, che Quota 100 rimarrà fino al 2021. Una notizia che non incontra il favore dei sindacati che a più riprese l’hanno giudicata come la risposta sbagliata ai problemi del sistema previdenziale italiano.

In particolare Maurizio Landini, Presidente della Cgil, bolla Quota 100 come portatrice di nuove forme di discriminazione tra i lavoratori, andando a svantaggiare la categoria delle lavoratrici per cui è storicamente più difficile raggiungere i requisiti contributivi richiesti, ma anche quella dei lavoratori con impieghi discontinui, pesando sul futuro pensionistico dei giovani.

La misura gialloverde, che ricordiamo permette di andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi, per quanto possa essere un inizio nella lotta alla riformazione del sistema pensioni non va a superare le rigidità imposte dalla precedente legge Fornero, uno scoglio che ancora fa vacillare le riforme pensioni.

Il motivo per cui il nuovo esecutivo giallorosso avrebbe deciso di mantenere, seppur con tutte le sue lacune, Quota 100 fino alla fine della sua sperimentazione sembra essere la mancanza di risorse da investire in una una nuova riforma previdenziale.

Riforma pensioni, la proposta dei sindacati

Ma è davvero così? Il crollo delle domande di adesione a Quota 100 sta producendo dei risparmi, secondo i dati Inps circa 4 miliardi solo nel 2020, che si ipotizzano si protrarranno fino alla fine della sperimentazione, 2021.

Risorse che i sindacati sperano quindi possano essere indirizzate proprio verso una riforma che superi finalmente i limiti imposti dalla legge Fornero.

La Cgil, in particolare, in vista della nuova legge di bilancio 2020 ha già proposto al nuovo esecutivo una riforma pensioni che consenta a tutti i lavoratori di uscire dal lavoro a 62 anni di età, indipendentemente dal requisito contributivo.

Una proposta ambiziosa ma anche difficile da realizzare perché vorrebbe dire consentire ai lavoratori di andare in pensione con un anticipo di 5 anni rispetto a quanto attualmente previsto.

E per renderlo possibile ci sono altri fattori da considerare, non solo le risorse, ma un piano di turnover che permetta un ricambio indolore soprattutto nella PA, già vessata dalle uscite di Quota 100.

Non resta che aspettare l’evoluzione del tavolo di confronto aperto tra sindacati e governo per capire quali strade andranno battute, quali le misure che effettivamente troveranno posto nella nuova manovra finanziaria per riformare le pensioni.

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