Licenziamenti 2015, reintegri e indennizzi nel Jobs Act: i fronti di modifica ancora aperti

Simone Casavecchia

17/01/2015

Licenziamenti e possibili casi di reintegri secondo il primo decreto attuativo del Jobs Act dedicato al contratto a tutele crescenti: ecco che cosa potrebbe ancora cambiare nel passaggio al Senato.

Licenziamenti 2015, reintegri e indennizzi nel Jobs Act: i fronti di modifica ancora aperti

Anche se i primi due decreti attuativi del Jobs Act sono stati già emanati dal Governo, sono ancora molte le questioni che suscitano dubbi e rilievi, soprattutto riguardo al primo dei due decreti attuativi, quello dedicato alla disciplina del contratto a tutele crescenti, ai casi in cui non è previsto il reintegro in seguito a licenziamento e alle possibili forme di indennizzo. I decreti sono ora all’esame delle Commissioni Lavoro dei due rami del Parlamento per un parere consultivo e non vincolante che tuttavia potrebbe ancora avere alcuni effetti sul Jobs Act.

Cosa prevede attualmente il Jobs Act
Il primo dei decreti attuativi del Jobs Act, dedicato al nuovo contratto a tutele crescenti, prevede che l’efficacia dell’Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, dedicato al reintegro in seguito a licenziamento, sia limitata ai soli casi di:

  • Licenziamenti discriminatori;
  • Licenziamenti nulli e intimati in forma orale;
  • Licenziamenti disciplinari ingiustificati, limitatamente alle eventualità in cui il fatto materiale non sussista;
  • Licenziamenti ritenuti ingiustificati per motivi legati all’inidoneità fisica o psichica del lavoratore;

Cosa chiedono le forze politiche
Il punto principale su cui ancora discutono le forze politiche riguarda proprio la disciplina del reintegro che rimane obbligatoria nei casi elencati sopra. Nel caso dei licenziamenti disciplinari ingiustificati Maurizio Sacconi (Ap), presentando la relazione che apre la discussione relativa al provvedimento della Commissione Lavoro del Senato, da lui presieduta, ha affermato che

"Bisogna dare la possibilità anche al datore di lavoro, in caso di condanna alla reintegrazione, di optare per una sanzione economica congrua. Già oggi nei principali paesi europei, Francia, Spagna e Germania, in cui vige la tutela reale, l’impresa può sostituirla con un adeguato indennizzo"

Il datore di lavoro, trovandosi di fronte all’obbligo di reintegrare il lavoratore, a seguito di giudizio espresso dal giudice del lavoro in sede di contenzioso, dovrebbe avere la possibilità del cosiddetto "opting out" ovvero di scegliere tra l’effettivo reintegro e l’indennizzo economico.
Sul fronte opposto, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), vorrebbe che le regole vigenti per il licenziamento non valessero per i licenziamenti collettivie e che fosse aumentato l’indennizzo minimo.

Tutele crescenti per la pubblica amministrazione
Seguendo l’opinione diffusa tra molti giuslavoristi, tra cui anche Pietro Ichino (Scelta Civica), Sacconi ha chiesto che le nuove regole del Jobs Act siano estese anche a tutti i vecchi contratti a termine che saranno convertiti in contratti a tempo indeterminato, con il nuovo contratto a tutele crescenti e ha auspicato che le regole del Jobs Act diventino

"applicabili anche ai dipendenti del pubblico impiego, con le sole eccezioni riferibili alle procedure concorsuali di accesso e alle cosiddette carriere d’ordine (magistratura, prefetti, corpo diplomatico, polizia e forze armate, ndr)"

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