Il reddito minimo è una necessità: ecco 2 proposte di finanziamento

Valentina Pennacchio

17 Giugno 2013 - 13:32

Il reddito minimo è una necessità: ecco 2 proposte di finanziamento

Negli ultimi tempi si è parlato molto del reddito minimo, termine più volte usato in campagna elettorale dal M5S, ma sotto le vesti di reddito di cittadinanza.

Sul reddito minimo, poco dopo il suo insediamento, Letta aveva mostrato parere favorevole e al vaglio ci sarebbero diverse ipotesi, come ha ribadito anche il ministro del Lavoro Enrico Giovannini in recenti interviste.

In un intervento su lavoce.info Massimo Baldini, Paolo Bosi, Sara Colombini, Daniela Mesini e Emanuele Ranci Ortigosa hanno individuato 2 proposte di finanziamento, ecco quali.

Reddito minimo: una necessità

Parlare di reddito minimo in questa fase così difficile della storia italiana è quantomeno una necessità. Secondo l’intervento degli studiosi occorre intervenire attraverso un’azione mirata e unitaria nella lotta alla povertà. Le misure tradizionali di welfare (assegno sociale, social card) avrebbero un carattere di tipo riparativo-assistenziale e risulterebbero poco efficaci, nonché poco eque, perché disgiunte da una logica di responsabilizzazione dei soggetti interessati e di inclusione di tutte le famiglie povere nel beneficio.

Ne consegue che l’introduzione di un reddito minimo dovrebbe seguire invece un universalismo selettivo e una logica redistributiva. La selettività dovrebbe essere relativa alla condizione economica, non ad altri vincoli, quali la composizione familiare, in linea con l’idea del Premier Letta di “studiare forme di reddito minimo per le famiglie bisognose con figli piccoli”, la situazione anagrafica o la perdita del lavoro.

Come dovrebbe essere il reddito minimo? Secondo gli studiosi:

“Il reddito minimo dovrà abbinare a una erogazione monetaria interventi e servizi di sostegno e anche, compatibilmente con le caratteristiche e le possibilità dei beneficiari, di attivazione e promozione sociale e lavorativa. Ne potranno beneficiare tutte le famiglie ‘povere’, le cui condizioni economiche presentino una ISEE riformata inferiore a 8.000 euro, e un reddito disponibile inferiore alla soglia della povertà assoluta (che è differenziata per caratteristiche familiari, area geografica, dimensione del comune di residenza). A ciascuna di queste famiglie spetterà un contributo che integri il suo reddito fino alla soglia della povertà assoluta”.

Alla luce di quanto esposto potrebbero beneficiare del reddito minimo 1 milione di famiglie per un costo complessivo di circa 5 miliardi di euro all’anno, “che potrebbero salire a 5,5 miliardi considerando anche i costi gestionali e amministrativi necessari per l’attuazione della misura a livello territoriale”.

Reddito minimo: quali risorse?

Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso: quali risorse per il reddito minimo? Dove e come trovarle? L’idea avanzata è quella della distribuzione dei benefici delle misure di integrazione dei redditi esistenti, che, come abbiamo accennato, risulterebbero scarsamente eque ed efficaci.

Le ipotesi proposte? Una prima idea, probabilmente troppo drastica e difficilmente percorribile, sarebbe quella di finanziare il reddito minimo mediante “un azzeramento della spesa per pensione sociale, integrazione al minimo, social card, quattordicesima e maggiorazioni sociali percepite dalle famiglie appartenenti ai quattro decili superiori della distribuzione”. Questa manovra consentirebbe di recuperare 4,8 miliardi di euro.

La seconda idea, più soft e, quindi, fattibile, sarebbe quella di procedere con una fase di transizione, cominciando “a diminuire le erogazioni dei quattro decili ISEE superiori con aliquote di taglio differenziate: 80% al decimo, 60% al nono, 40% all’ottavo e 20% al settimo”.

Questa manovra consentirebbe, solo nel primo anno, di ottenere 2,2 miliardi di risorse disponibili, a cui si potrebbero aggiungere risorse da altre fonti, ad esempio “una modesta quota di concorso soprattutto alla spesa per l’implementazione dei necessari servizi di Regioni e comuni che il reddito minimo sgraverà di alcuni oneri e delle spese relative”.

In sintesi, il reddito minimo dovrà assorbire le misure categoriali di integrazione dei redditi esistenti (pensione sociale, social card, sconti su forniture di energia), ma non quelle relative a condizioni peculiari, come la disabilità.

Reddito minimo: a chi la gestione?

Secondo questa analisi la gestione del reddito minimo dovrebbe essere trasferita dall’INPS alle Regioni e ai Comuni, abbandonando la logica dell’assistenzialismo attraverso politiche attive e progetti personalizzati di inserimento, che responsabilizzino i beneficiari su determinati obiettivi e impegni da assumere.

Insomma, bisogna rendere il nostro welfare più efficace perché:

“Riformare si può, il vincolo finanziario può essere superato, occorre la volontà politica di affrontare le resistenze che indubbiamente si incontreranno”.

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