Rendimenti allettanti, nessuna scadenza, stabilità in tempi incerti. Ecco cosa sono e perché potrebbe essere di nuovo il momento delle obbligazioni perpetue.
Al giorno d’oggi, le obbligazioni perpetue potrebbero tornare sotto i riflettori degli investitori istituzionali e non solo. Dopo un grande interesse durante la pandemia, questi strumenti atipici erano stati dimenticati ma ora stanno tornando a far parlare di sé in un contesto finanziario in rapido cambiamento, dove le banche centrali si preparano ad allentare le politiche monetarie restrittive.
Dopo anni di tassi in salita, il mercato si prepara a un’inversione di rotta e il contesto potrebbe tornare favorevole a strumenti capaci di offrire un flusso cedolare costante nel tempo. Se a questo si aggiunge la necessità, per banche e aziende, di rafforzare la propria struttura patrimoniale senza indebitarsi troppo, ecco che i bond perpetui riemergono come un’opzione interessante.
Ma cosa sono esattamente le obbligazioni perpetue? E perché potrebbero rappresentare una scommessa interessante in questo nuovo scenario macroeconomico?
In questo articolo esploriamo le caratteristiche principali delle obbligazioni perpetue, i rischi da considerare e le ragioni per cui potrebbero tornare in auge nel presente, tra ricerca di yield, diversificazione e ottimizzazione di portafoglio.
Bond irredimibili (obbligazioni perpetue): cosa sono e come funzionano
Nel lessico finanziario, “irredimibile” significa proprio questo: qualcosa che non può essere rimborsato. Trasportato nel mondo degli investimenti, il termine si traduce in una categoria particolare di titoli obbligazionari che non prevedono una scadenza prestabilita.
Le obbligazioni perpetue (o bond irredimibili) sono strumenti che garantiscono all’investitore un rendimento sotto forma di cedole regolari, ma senza una data certa in cui riavere il capitale iniziale.
A differenza delle obbligazioni tradizionali, qui il rimborso del capitale non è automatico: l’emittente può decidere di “richiamare” il titolo dopo un certo periodo, ma non è obbligato a farlo. Nel frattempo, l’investitore incassa gli interessi a intervalli regolari, come se avesse una rendita vitalizia.
Il vantaggio è quello di avere un flusso potenzialmente infinito di cedole. Il rischio, invece, di vincolare il capitale per un tempo indefinito, con un valore di mercato del bond che può variare nel tempo in base a fattori come l’inflazione, i tassi e l’affidabilità dell’emittente.
Bond irredimibili oggi
Nel 2025, le obbligazioni perpetue sono tornate protagoniste sul mercato grazie a un numero crescente di emissioni da parte di grandi gruppi industriali e istituti bancari. Questi strumenti vengono scelti non solo per la loro capacità di offrire rendimenti stabili agli investitori, ma anche come leve strategiche per sostenere investimenti strutturali, rafforzare il capitale e rispondere a esigenze regolamentari sempre più articolate.
Prendiamo il caso di ENI, che a gennaio ha lanciato una doppia emissione di obbligazioni perpetue ibride subordinate da 1,5 miliardi di euro, con cedola annua del 2,625% (Isin XS2242929532). Quotate alla Borsa del Lussemburgo, queste obbligazioni sono pensate per rafforzare la struttura patrimoniale del gruppo, mantenendo flessibilità finanziaria e attrattività per gli investitori in cerca di reddito stabile.
Anche il mondo bancario si è affidato a questi strumenti. Intesa Sanpaolo, ad esempio, ha collocato obbligazioni AT1 (Additional Tier 1) con cedole fino al 7% per contribuire ai requisiti di capitale regolamentare, ma anche per offrire rendimenti interessanti in un contesto di tassi ancora elevati. Stesso discorso per Enel, che ha emesso bond perpetui con cedole intorno al 4,25%–4,5%, dimostrando come le utility vedano in questi strumenti un mezzo efficace per finanziare transizioni energetiche e progetti infrastrutturali di lungo respiro. Questi titoli sono quotati sulla borsa irlandese (Euronext Dublin).
Un altro caso emblematico è OMV AG, che ha sul mercato titoli con struttura perpetua e cedola del 6,25%, Isin XS1294343337, con la particolarità di una data di richiamo indicata (9 dicembre 2025), ma senza scadenza effettiva: una soluzione ibrida che offre prevedibilità al mercato ma anche margini di manovra all’emittente.
E poi c’è l’esempio storico per eccellenza: il bond perpetuo emesso dall’Austria nel 2017, oggi ancora attivo con una cedola del 2,10% lordo annuo, che ha segnato un precedente importante nel mondo del debito sovrano a lungo termine.
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Bond irredimibili: le obbligazioni perpetue nella Storia
Il primo titolo perpetuo della storia fu emesso nel 1720 per coprire le perdite causate dalla crisi finanziaria della Compagnia dei Mari del Sud, società stata fondata per rilevare il debito pubblico inglese, in cambio del monopolio sui commerci con le colonie della Spagna in Sud America.
Sono stati emessi da Londra per finanziare guerre (prima contro Napoleone e successivamente durante la Prima Guerra Mondiale) e negli Stati Uniti per finanziare la guerra di secessione.
Uno degli esempi nostrani di Bond irredimibili è la Rendita Italiana, utilizzata da Giolitti nei primi anni del Novecento. Anche in Italia furono usati per finanziare la guerra (in Etiopia), con interessi corrisposti fino al 1981, quando una legge annullò l’irredimibilità, rimborsando l’obbligazione.
Gli emittenti possono essere anche da banche e compagnie di assicurazione. Nell’agosto 2020, Intesa Sanpaolo ha emesso 750 milioni di obbligazioni perpetue raccogliendo oltre 6,5 miliardi di euro.
Obbligazioni perpetue come strumento di sovranità finanziaria. Cosa pensano gli economisti
Il dibattito sui bond irredimibili ha ripreso vigore anche in Italia. A rilanciarlo negli ultimi anni è stato Paolo Savona, presidente della Consob, che in più occasioni ha suggerito di canalizzare parte del risparmio degli italiani verso obbligazioni perpetue a sottoscrizione volontaria, presentate come una forma di “patrimoniale volontaria” in grado di rafforzare la finanza pubblica senza aumentare la pressione fiscale.
Secondo Savona, questi strumenti rappresenterebbero una scelta “dal forte contenuto democratico”, capace di limitare il rischio di misure drastiche future e di contribuire a investimenti di lungo termine senza gravare sulle generazioni successive.
Una visione condivisa anche da accademici come il professor Filippo Zatti dell’Università di Firenze, che evidenzia come l’emissione di titoli perpetui, in un Paese dove il risparmio privato è abbondante, possa rafforzare la sovranità finanziaria e liberare risorse per settori strategici come le infrastrutture e la transizione digitale.
Ma non mancano le voci critiche. Davide Iacovoni, responsabile della gestione del debito pubblico al MEF, frena sull’idea: secondo lui, i bond perpetui restano un “mercato di nicchia”, troppo limitato per sostenere reali esigenze di bilancio. Il dibattito, insomma, è aperto. E per gli investitori, vale la pena capire a fondo cosa sono le obbligazioni perpetue, come funzionano e quali implicazioni possono avere.
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