BCE, QE più lontano e requisiti di capitale più elevati: quali conseguenze sullo scenario europeo?

Simone Casavecchia

10 Gennaio 2015 - 12:20

Le Borse Europee crollano nella giornata di ieri per effetto della lettera della BCE sulle soglie di capitale e per i dubbi sul varo del quantitative easing ma anche la ripresa USA è meno solida di quel che sembra. Ecco quali potrebbero essere i possibili effetti.

BCE, QE più lontano e requisiti di capitale più elevati: quali conseguenze sullo scenario europeo?

La giornata di ieri ha visto risultati deludenti per tutte le piazze europee che hanno registrato cali oltremodo consistenti la peggiore è stata Madrid (-3,52%), seguita da Milano (-3,27%); male anche Parigi e Francoforte (entrambe hanno perso più del 2%) e, a ricasco, anche Wall Street (il Dow Jones ha perso ieri lo 0,92%, il Nasdaq lo 0,68%, S&P 500 lo 0,8%).

Nella seduta di Piazza Affari di ieri chiudono con un calo particolarmente consistente i bancari per effetto delle decisioni della BCE riguardo all’innalzamento delle soglie per i requisiti di capitale: MPS perde l’8.63%, Unicredit il 5.49%, Intesa Sanpaolo il 4.05%.

Per quanto riguarda lo scenario europeo la maggiore responsabile del caos avvenuto ieri sui mercati azionari sembra essere stata la BCE che, oltre ad aver inviato una lettera alle banche dei Paesi dell’Eurozona per elevare i requisiti di capitale rispetto agli standard previsti dalle regole di Basilea III, ha riunito ieri, il suo consiglio direttivo.

La riunione del board della BCE
Uno dei fattori che ha appesantito maggiormente i listini europei sono stati i rumors circolati ieri circa la riunione del board della BCE. A preoccupare maggiormente gli operatori finanziari sarebbe la possibilità di un quantitative easing in scala ridotta, a 500 miliardi di euro, che, oltretutto potrebbe anche essere posticipato rispetto alla data del 22 Gennaio (prossima riunione del Consiglio direttivo della BCE) che, fino a ieri, sembrava quella più probabile per la messa in campo del Quantitative Easing.
Il posticipo dell’avvio dell’operazione di alleggerimento quantitativo, tanto attesa dai mercati, sarebbe da imputare ai persistenti dubbi circa la situazione greca e i possibili effetti che potrebbero essere prodotti da una vittoria di Syriza alle prossime elezioni politiche del 25 Gennaio. Starebbe diventando sempre più consistente, infatti, il fronte dei consiglieri della BCE contrari a un’accelerazione dell’intervento sull’acquisto dei titoli di stato, come ben dimostrano le affermazioni del Governatore della Banca Centrale Estone Ardo Hansson che, pur a titolo personale, ha dichiarato che:

"personalmente troverei problematico annunciare un programma di acquisto bond inclusi quelli greci a gennaio".

La lettera della BCE
Sempre ieri è stata resa nota la notizia in base alla quale la BCE, con una lettera indirizzata alle singole Banche dell’Eurozona, ha preso la decisione di elevare le soglie di capitale rispetto ai minimi standard previsti dagli accordi di Basilea III che impongono un Common Equity Tier1 pari al 7% per tutti gli istituti di credito.
La BCE considerando la situazione finanziaria attuale, i profili di rischio di ogni singola banca e gli esiti del processo di valutazione (Asset Quality Rewiew) emersi lo scorso Ottobre, ha deciso di adottare per ogni singolo istituto di credito, un coefficiente patrimoniale minimo da rispettare che, almeno per le 15 banche italiane controllate dalla BCE, sarebbe, nella quasi totalità dei casi, ben più elevato (in media circa 3 punti percentuali) rispetto alla soglia minima del 7% fissata dai protocolli dell’accordo Basilea III.
La lettera inviata dalla BCE è comunque, una bozza. Le banche europee e italiane avranno tempo fino al prossimo venerdì 16 Gennaio, per inviare alla Banca Centrale Europea le proprie considerazioni e le proprie controproposte, al fine di tentare di abbassare la soglia che gli è stata assegnata. Se gli istituti di credito italiani non riusciranno in questo intento, nei prossimi mesi (presumibilmente già da Febbraio o da Marzo) dovranno applicare nuovi e più severi requisiti di capitalizzazione.

Le conseguenze sullo scenario italiano
In base alla lettera inviata dalla BCE, i requisiti di patrimonializzazione più severi imposti alle banche italiane imporrebbero un passaggio da un coefficiente patrimoniale del 7% a un livello medio del 10,5%. Tale soglia sarà però differente per ogni istituto dal momento che mentre, ad esempio, Ubi Banca vedrà passare la propria soglia al 9,6%, Banca Popolare di Vicenza dovrà rispettare il target dell’11,6% e MPS quello del 14,3%.

Al di là del caso drammatico dell’istituto di credito toscano che ieri ha visto anche sfumare l’ipotesi di una partecipazione di Banco Santander nell’imminente azione di ricapitalizzazione, le conseguenze per questa richiesta, pur legittima, di requisiti di patrimonializzazione più severi, dettata dalla necessità di garantire il capitale necessario per far fronte a nuovi dissesti finanziari, potrebbe portare a risultati opposti a quelli sperati. Le banche, infatti, potrebbero continuare a comprare titoli di Stato, invece che erogare credito. Sarebbe questa la strada più praticabile al fine di ridurre i margini di rischio, dal momento che, la scelta dell’aumento di capitali che consentirebbe, a ciascun istituto di credito, di portare avanti le proprie attività agli stessi livelli di quelli attuali, pur con requisiti patrimoniali più rigidi, sembra essere, al momento attuale, di difficile praticabilità.

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