4 motivi per temere l’inflazione e la recessione

Violetta Silvestri

11 Ottobre 2023 - 11:00

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Inflazione e recessione sono i grandi rischi che possono scuotere ancora l’economia globale. I motivi di preoccupazione sono almeno 4 secondo gli esperti. Cosa può ancora accadere?

4 motivi per temere l’inflazione e la recessione

L’inflazione può ancora andare fuori controllo e una recessione piombare sulle potenze, secondo gli esperti e i motivi sono diversi, con 4 fattori da osservare attentamente per Deutsche Bank.

I prezzi al consumo, sia negli Usa che in Eurozona, stanno decisamente diminuendo anche se gli indici core, osservati attentamente dalle banche centrali e che non comprendono alimenti ed energia, restano saldamente ancorati a percentuali maggiori del target del 2%.

Lo stesso FMI nel suo Outlook di ottobre ha messo in evidenza come questa inflazione sia ostinatamente lenta a scendere, tanto da sollecitare le banche centrali a continuare con l’inasprimento della politica.

Il conflitto esploso violentemente e in modo imprevedibile in Israele, inoltre, ha esacerbato il clima e acceso nuovamente l’allarme sull’inflazione energetica. I prezzi del petrolio stanno scendendo dopo essere però saliti di oltre il 4% subito dopo l’attacco di Hamas in Israele, facendo temere uno shock con forniture a rischio in un Medio Oriente che si infiamma (e che potrebbe coinvolgere l’Iran).

Il politico della Bce François Villeroy de Galhau ha affermato che la Bce è particolarmente cauta riguardo agli sviluppi dei prezzi del petrolio, ma ha aggiunto che tali prezzi rappresentano solo una piccola parte dell’inflazione complessiva, che nel suo complesso è ancora “chiaramente” in diminuzione.

La buona notizia è che in Germania, a settembre, l’inflazione è scesa drasticamente, toccando il livello più basso dallo scoppio della guerra in Ucraina, a un tasso che la Banca Centrale Europea potrebbe considerare sufficiente per porre fine all’attuale ciclo di rialzi.

I prezzi al consumo sono stati più alti del 4,5% a settembre su base annuale, rispetto al 6,1% di agosto, secondo i dati dell’ufficio statistico tedesco Destatis. I mercati ora attendono con molto interesse i dati IPC Usa di domani, che possono offrire indicazioni interessanti sulle prossime mosse Fed.

In questo complesso quadro macroeconomico globale, gli strateghi di Deutsche Bank hanno indicato 4 motivi di massima allerta sull’inflazione che può ancora impennarsi e sulla recessione dietro l’angolo.

Ci sono segnali che indicano che gli investitori dovrebbero preoccuparsi che l’inflazione ritorni e prenda un percorso simile a quello degli anni ’70, e ciò significa che la Federal Reserve non può ancora permettersi di dichiarare la vittoria. Con una stretta al credito che continua, cosa ne sarà della crescita?

1. Inflazione al di sopra dell’obiettivo in tutti i paesi del G7

Nella maggior parte delle economie avanzate i prezzi sono rimasti ben al di sopra degli obiettivi fissati dalle banche centrali e questo continua a essere un motivo di massima prudenza per le banche centrali.

Secondo l’ultimo rapporto sull’indice dei prezzi al consumo, l’inflazione negli Stati Uniti è tornata al 3,7% su base annua ad agosto, registrando una crescita più rapida rispetto alla crescita dei prezzi del 3,2% registrata a luglio. L’attesa per settembre è di un +3,6%.

Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, ovvero le principali economie mondiali racchiuse nel G7, registrano tutte tassi di inflazione ben superiori al 3%. Secondo il FMI, inoltre, “nel complesso, non si prevede che la maggior parte dei paesi ritorni al target di inflazione prima del 2025”, mentre crescono i timori di nuovi shock energetici, geopolitici e meteorologici capaci di spinger ein alto i costi delle materie prime e quindi dell’inflazione.

2. Shock dei prezzi può disancorare le aspettative di inflazione

Per gli strateghi, il disancoraggio può avvenire perché l’inflazione è rimasta al di sopra dell’obiettivo dei banchieri centrali per quasi due anni, e rimane ancora al di sopra dei livelli pre-pandemia negli Stati Uniti e in gran parte dell’Europa.

“Se si verifica un altro shock e l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo per un terzo o addirittura un quarto anno, è sempre più difficile immaginare che le aspettative a lungo termine rimarranno ripetutamente inferiori all’inflazione effettiva, hanno detto gli analisti.

Il tema è ancora più attuale oggi, con gli sconvolgimenti di politica internazionale che stanno cambiando scenari economici in odo repentino. Il fronte energetico, con petrolio e gas in primo piano, si sta infiammando e può davvero creare shock nei prezzi.

3. La crescita economica è lenta

Le condizioni finanziarie più restrittive hanno iniziato a incidere negativamente sull’economia e questo può tradursi un una situazione di stagflazione (prezzi elevati, crescita in rallentamento).

I rendimenti obbligazionari sono aumentati la scorsa settimana poiché gli investitori hanno scontato tassi di interesse più alti per un periodo più lungo, il che potrebbe aumentare i costi di finanziamento sul debito e ostacolare la crescita.

Anche il rapporto debito/Pil degli Stati Uniti è salito ben al di sopra di quello degli anni ’70, il che limita la quantità di stimoli fiscali che possono essere utilizzati per alimentare la crescita economica. L’Eurozona, inoltre, ha già mostrato segni di contrazione e recessione, con il comparto industriale in grande affanno.

Tuttavia, l’allentamento della politica monetaria per sostenere la crescita potrebbe essere fuori discussione data la vischiosità dell’inflazione.

4. Tassi ancora alti?

È difficile dire quando la Fed dovrebbe iniziare ad allentare la politica monetaria, soprattutto se l’inflazione rimane oltre il 2%.

Man mano che l’inflazione si avvicina al suo obiettivo, i mercati esercitano maggiore pressione sulla Fed affinché tagli i tassi di interesse, poiché i maggiori costi di finanziamento pesano sui prezzi degli asset.

Ciò è amplificato dal fatto che la stretta monetaria funziona con un ritardo nell’economia, il che significa che i rialzi dei tassi decisi 18 mesi fa potrebbero non essere ancora stati avvertiti. Tutto ciò aumenta il rischio che la Fed possa esagerare e spingere l’economia in recessione, una delle principali preoccupazioni dei mercati nell’ultimo anno.

“Negli ultimi 18 mesi ci sono stati molti segnali promettenti che indicano che un ritorno agli anni ’70 può essere evitato... ma almeno per il momento è troppo presto per avere chiarezza su cosa accadrà”, hanno avvertito gli strateghi.

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