Come funziona la successione testamentaria, chi eredita e quanto spetta a coniuge e figli. Tabella delle quote ereditarie con esempi pratici.
Quando si parla di eredità, la presenza di un testamento può cambiare le carte in tavola. Da un lato c’è la volontà del defunto, che decide a chi lasciare i propri beni; dall’altro, ci sono i limiti fissati dal Codice civile per proteggere gli eredi più stretti.
Saper leggere la tabella delle quote ereditarie è indispensabile per capire come si divide l’eredità, ma occorre considerare anche altri fattori che incidono sul calcolo delle quote, come il diritto di abitazione del coniuge superstite e le donazioni fatte in vita dal defunto.
Cos’è la successione testamentaria e quando si apre
La successione testamentaria è l’istituto giuridico che regola il trasferimento del patrimonio di una persona ai suoi eredi, in base alle disposizioni lasciate nel testamento.
L’art. 587 c.c. definisce il testamento come:
“L’atto con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.
Pertanto, il testamento è l’atto con cui una persona esercita la propria libertà di decidere a chi destinare i propri beni. La morte del testatore segna l’apertura della successione che avviene nel luogo del suo ultimo domicilio (art. 456 c.c.). Da quel momento, le disposizioni testamentarie producono effetto.
Il Codice civile (artt. 601 e ss.) ammette tre forme principali di testamento:
- testamento olografo, scritto, datato e firmato di pugno dal testatore. È la forma più comune e semplice, ma anche quella più esposta a contestazioni su autenticità e capacità di intendere e volere;
- testamento pubblico, redatto dal notaio alla presenza di testimoni e conservato nei suoi atti: garantisce certezza e tutela da vizi formali;
- testamento segreto, scritto dal testatore o da terzi, consegnato sigillato al notaio: combina la riservatezza dell’olografo con la sicurezza del deposito.
Successione testamentaria e successione legittima: le differenze
La differenza tra successione testamentaria e successione legittima è netta. Nel primo caso prevale la volontà del testatore, è lui a stabilire chi eredita, in quale misura e con quali condizioni. Quando invece il testamento manca, è nullo o inefficace, opera la successione legittima, dove l’eredità viene ripartita secondo le regole stabilite dalla legge, in base al grado di parentela.
Esiste poi un terzo scenario, la successione necessaria, che tutela i cosiddetti legittimari. Anche in presenza di testamento, la legge impone che a loro spetti una quota minima, detta quota di legittima.
Tabella delle quote ereditarie: quanto spetta a coniuge, figli e ascendenti?
I legittimari sono, in ordine di priorità, il coniuge, i figli e, in assenza di discendenti, gli ascendenti. A loro la legge riserva la quota di legittima, anche contro la volontà del testatore.
Tutto ciò che resta è la quota disponibile, di cui il testatore può liberamente disporre a favore di chi desidera: altri parenti, amici, enti, associazioni, o anche uno solo dei figli.
La tabella seguente mostra quanto spetta a ciascun erede, secondo le combinazioni familiari più comuni:
| Eredi | Quota Legittima | Quota Disponibile |
|---|---|---|
| Solo coniuge | ½ | ½ |
| Solo un figlio | ½ | ½ |
| Due o più figli | ⅔ complessivo (da dividere in parti uguali) | ⅓ |
| Coniuge + un figlio | ⅓ ciascuno | ⅓ |
| Coniuge + due o più figli | ¼ al coniuge + ½ ai figli complessivamente | ¼ |
| Solo ascendenti (in assenza di figli) | ⅓ | ⅔ |
Come leggere la tabella delle quote ereditarie
Ogni riga rappresenta una composizione familiare diversa. Una volta individuata la propria (ad esempio, coniuge e due figli), la seconda colonna mostra la quota riservata agli eredi legittimi, ovvero, la parte che non può essere ridotta dal testatore.
La quota disponibile, invece, rappresenta ciò che può essere liberamente destinato ad altri soggetti.
Esempio 1 - Patrimonio di 300.000 euro, coniuge e un figlio:
- quota legittima complessiva: ⅓ al coniuge (100.000 €) + ⅓ al figlio (100.000 €);
- quota disponibile: ⅓ (100.000 €), che il testatore può destinare liberamente.
Esempio 2 – Patrimonio di 600.000 euro, due figli e coniuge
- ai figli spetta complessivamente la metà del patrimonio, da dividersi in parti uguali: 150.000 € ciascuno;
- al coniuge spetta un quarto, pari a 150.000 €;
- quota disponibile è il restante quarto, 150.000 €, liberamente attribuibile.
Quando mancano i figli: il ruolo degli ascendenti
Se il defunto non lascia né coniuge né discendenti, la legge tutela gli ascendenti legittimari ovvero, i genitori o, in mancanza, i nonni. A loro è riservato un terzo del patrimonio, mentre i due terzi restano disponibili. Si tratta di un’ipotesi meno frequente nella pratica, ma che diventa decisiva nelle famiglie senza discendenti diretti, dove il testatore può destinare gran parte dei beni a soggetti estranei.
Il diritto di abitazione del coniuge: come incide sulle quote ereditarie?
Oltre alla quota di legittima, la legge riconosce al coniuge superstite un diritto autonomo e di natura reale: l’abitazione della casa familiare e l’uso dei mobili che la arredano. Si tratta di un diritto che non dipende dal testamento, ma che nasce automaticamente al momento dell’apertura della successione, come forma di tutela della continuità domestica. L’art. 540 c.c. al secondo comma, lo chiarisce espressamente:
«Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano.»
In altre parole, anche se il testatore non lo menziona, il coniuge ha sempre diritto a continuare a vivere nella casa coniugale e a utilizzare i beni che la arredano. Questo diritto opera ex lege, non può essere revocato né limitato, e incide direttamente sulle quote ereditarie. In particolare, grava sulla quota disponibile, cioè sulla parte che il testatore può liberamente assegnare. Se la casa di famiglia ha un valore molto alto rispetto al resto dei beni, questo diritto può assorbire completamente o in larga parte la quota disponibile, riducendo ciò che rimane per altri beneficiari o legatari.
Esempio – Patrimonio complessivo di 600.000 € (di cui casa familiare del valore di 250.000 €), due figli e coniuge
- ai figli spetta complessivamente la metà del patrimonio 300.000 €, da dividersi in parti uguali: 150.000 € ciascuno;
- al coniuge spetta un quarto del patrimonio, pari a 150.000 €, come quota di legittima.
- il restante un quarto, 150.000 €, costituisce la quota disponibile, che il testatore può destinare liberamente.
Tuttavia, al coniuge superstite spetta il diritto di abitazione sulla casa familiare e di uso dei mobili che la arredano. Poiché la casa vale 250.000 €, il valore economico di questo diritto grava sulla quota disponibile. I figli non perdono la loro quota di legittima, ma la casa resta di fatto vincolata finché vive il coniuge superstite.
Il diritto di abitazione, infatti, non toglie ai figli la proprietà dell’immobile: li rende semplicemente nudi proprietari, cioè titolari del bene senza poterne usare o godere i frutti.
«L’immobile rimane nella disponibilità del coniuge superstite fino alla sua morte. Solo allora la piena proprietà della casa tornerà agli altri eredi, che potranno dividerla, venderla o utilizzarla liberamente.»
Se la casa era in comunione dei beni?
Quando la casa familiare è stata acquistata in comunione dei beni, metà dell’immobile è già di proprietà del coniuge superstite. In questo caso, il diritto di abitazione previsto dall’art. 540 c.c. non riguarda l’intera casa, ma solo la metà caduta in successione. Il coniuge superstite, dunque, diventa proprietario pieno della sua metà e titolare del diritto di abitazione sull’altra. Gli altri eredi non possono chiedere la vendita né pretendere di entrarne in possesso, salvo che il coniuge superstite decida espressamente di rinunciarvi mediante atto notarile.
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Come calcolare il valore dell’eredità
Determinare il valore del patrimonio complessivo del defunto è indispensabile per stabilire quanto spetta a ciascun erede. Nel calcolo rientrano tutti i beni di cui il defunto era titolare al momento della morte. Si considerano, quindi:
- beni immobili (case, terreni, fabbricati) valutati secondo il valore venale o catastale;
- beni mobili di rilievo economico, come auto, opere d’arte, gioielli, collezioni;
- conti correnti e depositi bancari, titoli e azioni;
- quote societarie o partecipazioni in imprese;
- crediti vantati dal defunto verso terzi, anche se non ancora riscossi.
Dal totale dei beni si devono sottrarre i debiti del defunto esistenti alla data della morte: mutui, prestiti, imposte non pagate, fatture o canoni arretrati. Una volta sommati i beni e detratti i debiti, si ottiene il valore netto dell’eredità. È questo l’importo su cui si calcolano le quote di legittima, la quota disponibile e le eventuali imposte di successione.
Donazioni e legati: come rientrano nel calcolo delle quote
Ai sensi dell’art. 556 c.c.:
“Nel calcolo dell’eredità si tiene conto anche delle donazioni fatte in vita dal defunto, il cui valore si somma a quello dei beni esistenti al momento della morte per determinare le quote spettanti agli eredi legittimari”.
Non si tratta di un recupero materiale dei beni donati, ma di una ricostruzione contabile, chiamata riunione fittizia, che serve a garantire equilibrio tra la libertà del testatore e la tutela dei legittimari. Serve a fotografare il patrimonio come se le donazioni non fossero mai state fatte, così da verificare se la libertà del testatore o le liberalità pregresse abbiano inciso sui diritti degli eredi legittimari.
Esempio - Donazione al figlio prima del testamento
Immaginiamo un padre che dona al figlio maggiore un appartamento da 200.000 € e con testamento, lascia al figlio minore un conto da 100.000 €. Alla sua morte, il patrimonio residuo è di altri 200.000 €, pertanto, il valore complessivo dell’eredità è di 500.000 € (200.000 + 100.000 + 200.000). Poiché ci sono due figli, la legittima complessiva dei fratelli è pari a due terzi del patrimonio, cioè 333.333 € , quindi ciascun figlio ha diritto a 166.666 €.
Il figlio maggiore, avendo già ricevuto 200.000 € (appartamento), ha percepito più della sua quota, con un’eccedenza di 33.334 € che lede la legittima del fratello. Quest’ultimo potrà quindi esercitare l’azione di riduzione per ottenere il riequilibrio delle quote ereditarie.
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