Cos’è il diritto di abitazione, chi ne ha diritto e quando cessa

Ilena D’Errico

4 Ottobre 2025 - 17:47

Ecco tutto quello che c’è da sapere sul diritto di abitazione. Che cosa si intende, a chi spetta, quali limiti comporta e quando cessa.

Cos’è il diritto di abitazione, chi ne ha diritto e quando cessa

Si sente parlare molto spesso del diritto di abitazione, generalmente facendo riferimento al coniuge superstite. Quando muore uno degli sposi, infatti, l’altro può continuare a vivere nella casa familiare proprio in virtù di questo diritto, salvo eccezioni, a prescindere dalla titolarità dell’immobile. Chi ha il diritto di abitazione non è proprietario né inquilino, ma può appunto vivere nella casa in questione.

La morte di uno dei coniugi non è l’unica circostanza che fa nascere questo diritto, che può originare anche da altri eventi, compreso il libero accordo tra le parti. La modalità di istituzione del diritto di abitazione non è una differenza di poco conto, perché cambia i limiti del beneficiario, la durata e pure le ipotesi di cessazione. In alcune ipotesi, infatti, il diritto di abitazione è piuttosto circoscritto e vincolante, mentre quando nasce da un semplice accordo volontario lascia spazio a maggiore discrezionalità.

Può cosi accadere, per esempio, che il proprietario di casa non possa cacciare via il titolare del diritto di abitazione o che quest’ultimo sia costretto a lasciare l’immobile contro le aspettative. Non bisogna però guardare a questo diritto come una fonte di problemi, basta un’adeguata conoscenza delle norme per non farsi cogliere impreparati.

Il diritto di abitazione, inoltre, può rivelarsi molto utile in alcune circostanze, garantendo al beneficiario un «tetto sulla testa» senza problemi di trasferimento immobiliare. Vediamo quindi tutto quello che c’è da sapere sull’argomento.

Cos’è il diritto di abitazione

Il diritto di abitazione fa parte dei diritti reali minori, così come il diritto d’uso con il quale peraltro condivide alcune somiglianze. La differenza principale fra i due, tuttavia, consiste nel fatto che il titolare del diritto d’uso può godere dei frutti dell’immobile, possibilità del tutto esclusa per il diritto di abitazione.

Quest’ultimo, infatti, consente al titolare di abitare nell’immobile o in una sua parte, insieme agli altri aventi diritto, ma senza poter utilizzare l’abitazione in modo diverso. Chi è titolare del diritto di abitazione su una casa può soltanto viverci e non può, invece, adibirla a uso professionale o concederla in locazione. In particolare, il diritto di abitazione è limitato ai bisogni del titolare e della sua famiglia. Il diritto, comunque, comprende l’utilizzo degli accessori e delle pertinenze dell’immobile.

In ogni caso il diritto di abitazione è completamente gratuito, anche se il titolare è tenuto al pagamento delle spese ordinarie e dei tributi. Di norma, poi, il titolare deve anche corrispondere una cauzione per garanzia. L’immobile, infatti, deve essere restituito, al termine del diritto, così come era stato ricevuto. Il titolare è quindi tenuto a far eseguire un inventario, in quanto dovrà risarcire il valore di beni mancanti o danneggiati.

Chi è titolare del diritto d’abitazione

Il diritto di abitazione può costituirsi in diversi modi, talvolta anche senza la volontà di trasferimento del proprietario dell’immobile. Nel dettaglio, il diritto di abitazione si può costituire per:

  • Atto tra vivi.
  • Testamento.
  • Usucapione.
  • Legge.

L’atto tra vivi non è altro che un contratto con cui il titolare trasferisce il proprio diritto nei confronti di un’altra persona, per consentirle di utilizzare la propria abitazione come alloggio. La stessa disposizione può anche essere indicata nel testamento e, anzi, questo metodo di costituzione è tra i più diffusi perché consente al testatore di permettere alla persona designata di utilizzare la casa, senza ledere la proprietà che magari spetta a qualcun altro.

Il diritto di abitazione può poi essere costituito per usucapione ossia attraverso il possesso ventennale pacifico e ininterrotto dell’immobile. Infine, in alcuni casi è la legge stessa a trasferire il diritto di abitazione, per lo più ciò avviene nei confronti del coniuge superstite o del genitore collocatario. A prescindere dalla modalità di costituzione, il diritto di abitazione deve essere trascritto così da essere opponibile a terzi.

Oltre al titolare vero e proprio, questo diritto si estende anche ai suoi familiari, purché il titolare viva con loro. In particolare, il diritto di abitazione si estende:

  • al coniuge non separato legalmente.
  • Ai figli nati dopo la costituzione del diritto.
  • Ai figli adottivi.
  • Ai minori in affidamento preadottivo.
  • Ai figli riconosciuti.
  • Ai figli non riconoscibili.
  • Ai conviventi con il titolare, anche se non sono a suo carico.
  • Ai genitori, ai fratelli e agli affini in linea retta per i quali il titolare è obbligato al versamento degli alimenti.
  • Alle persone che convivono con il titolare per la prestazione di servizi.

Facciamo ora qualche esempio pratico per capire meglio come funziona il diritto di abitazione, perché è utile e quando, invece, risulta limitante. Pensiamo a una persona che ha una sola abitazione di proprietà, la quale spetterà alla sua morte ai figli, eredi legittimari, per almeno 2/3. Indipendentemente dal problema della legittima, comunque, è anche comprensibile che il proprietario voglia lasciare l’immobile ai figli.

Supponiamo però che questa persona abbia un amico o un familiare in difficoltà economica, a cui vuole garantire la possibilità di vivere gratuitamente nell’immobile per il tempo necessario a risollevarsi e accumulare dei risparmi. Il proprietario potrebbe così costituire il diritto di abitazione in favore della persona attraverso il testamento e lasciare comunque agli eredi la proprietà, che tornerà piena al termine del diritto.

Tra le ipotesi che in genere risultano più fastidiose, invece, c’è il diritto di abitazione del genitore collocatario. La situazione è di questo tipo: due coniugi, di cui solo uno proprietario dell’immobile, si separano e il tribunale colloca i figli prevalentemente presso la madre, sancendo il diritto della prole di continuare a vivere nell’abitazione familiare. La madre non è proprietaria né ha alcun tipo di diritto sulla casa, ma può continuare a viverci finché i figli non sono autonomi.

È un esempio semplificato, ma è così che funziona l’assegnazione. L’ex marito non può cacciare l’ex moglie se non ci sono variazioni, ma la donna dovrà lasciare l’immobile quando previsto.

Quando viene cessa il diritto di abitazione

Il diritto di abitazione viene meno per:

  • scadenza del termine contrattuale previsto.
  • Morte del titolare.
  • Prescrizione, ossia per il mancato esercizio del diritto per almeno 20 anni.
  • Rinuncia.
  • Abuso del titolare.
  • Raggiungimento della maggiore età e dell’autosufficienza dei figli, se il diritto era stato concesso al genitore collocatario, o scadenza del loro diritto per inattività.

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