Sono dipendente posso aprire partita Iva?

Noemi Secci

13/09/2018

17/09/2018 - 13:49

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I lavoratori subordinati possono mettersi in proprio come professionisti, lavoratori autonomi e imprenditori?

Sono dipendente posso aprire partita Iva?

Il lavoratore dipendente può aprire la partita Iva?

Sono sempre di più i lavoratori subordinati, cioè i dipendenti, che svolgono una doppia attività, complice la crisi del mercato del lavoro, che ha ridotto gli stipendi ed il numero di ore lavorate. Il lavoro subordinato non è, in linea generale, incompatibile con una contemporanea attività di lavoro autonomo, sia senza che con la partita Iva aperta, purché non in concorrenza col datore di lavoro.

Il discorso cambia, invece, per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, per i quali, salvo specifiche eccezioni, vige il principio di esclusività del rapporto pubblico.

Se, dunque, ti stai chiedendo se essendo dipendenti puoi aprire la Partita Iva questo è l’articolo giusto per te; di seguito, infatti, faremo chiarezza su quando il lavoratore subordinato può svolgere una seconda attività in proprio, ed in quali casi non è permesso.

I dipendenti pubblici possono aprire partita Iva?

I dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali o degli enti locali non hanno, nella generalità dei casi, la possibilità di aprire la partita Iva: secondo il principio di esclusività del rapporto pubblico (D.lgs. 165/2001 “Testo unico del pubblico impiego”), non è possibile che il rapporto d’impiego alle dipendenze di una pubblica amministrazione sia svolto contemporaneamente ad altre attività.

Nello specifico, i lavoratori del settore pubblico non possono esercitare attività commerciali, industriali o professionali, o assumere impieghi presso datori di lavoro privati, o cariche in società con scopo di lucro: fanno eccezione i casi in cui la nomina sia di competenza dello Stato e sia conferita un’apposita autorizzazione ministeriale (Art. 60 Dpr 3/1957).

I dipendenti pubblici, inoltre, non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano attribuiti o autorizzati dall’amministrazione di appartenenza (Art. 53 del D.lgs. 165/2001).

L’autorizzazione viene rilasciata o negata sulla base di requisiti oggettivi, fissati dalle singole amministrazioni e diretti a evitare che i dipendenti:

  • esercitino attività vietate dalla legge;
  • riducano l’impegno e l’efficienza nel servizio pubblico, a causa delle energie e delle ore dedicate al secondo lavoro;
  • si pongano in conflitto d’interessi con la pubblica amministrazione.

In quali casi l’impiego pubblico è incompatibile con un’altra attività?

In base a quanto esposto, l’incompatibilità dell’impiego pubblico con le altre attività può essere:

  • assoluta, riferita all’esercizio di un’altra attività di carattere commerciale, industriale o professionale. Quest’incompatibilità vale per i dipendenti pubblici con contratto a tempo pieno o part-time superiore al 50%;
  • relativa, riferita a incarichi retribuiti saltuari, che possono essere autorizzati da parte dell’autorità competente.

Quando il dipendente pubblico non necessita di autorizzazione per la seconda attività?

Il dipendente pubblico non necessita di autorizzazione se la seconda attività esercitata è una delle seguenti:

  • collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie, etc.
  • sfruttamento economico di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali da parte dell’autore o inventore;
  • partecipazione a convegni e seminari;
  • incarichi per i quali è previsto il rimborso delle spese documentate;
  • incarichi per il cui svolgimento il dipendente è posto in aspettativa, in comando o fuori ruolo;
  • incarichi assegnati da organizzazioni sindacali a dipendenti che siano distaccati presso i sindacati stessi, o in aspettativa non retribuita;
  • attività di formazione rivolta ai dipendenti pubblici;
  • attività di docenza e di ricerca scientifica.

Quali dipendenti pubblici possono aprire partita Iva?

I divieti e i limiti all’esercizio di un secondo lavoro, in particolare di un’attività libero professionale con partita Iva, non si applicano ai seguenti dipendenti pubblici:

  • docenti della scuola (per gli insegnanti è comunque prevista l’autorizzazione del direttore didattico o del dirigente scolastico, che deve verificare la compatibilità della seconda attività con l’orario di insegnamento e di servizio);
  • docenti universitari a tempo determinato;
  • personale sanitario, in regime intramoenia o extramoenia (cioè all’interno o all’esterno della struttura sanitaria pubblica);
  • i dipendenti pubblici in regime di part-time inferiore o pari al 50%, anche a tempo indeterminato.

Questi lavoratori, dunque, possono aprire partita Iva: l’attività in proprio, però, non deve risultare incompatibile o determinare un conflitto di interessi rispetto all’impiego pubblico.

I dipendenti del settore privato possono aprire partita Iva?

I dipendenti di datori di lavoro del settore privato hanno, in generale, la facoltà di mettersi in proprio, aprendo o meno partita Iva.

L’attività di lavoro autonomo, difatti, non comporta problematiche quali il superamento dell’orario di lavoro massimo consentito, problema che invece potrebbe porsi per una seconda attività di lavoro subordinato: non sono difatti previsti orari particolari o limiti di orario per chi lavora in proprio.

Tuttavia, lo svolgimento di una contemporanea attività in proprio potrebbe essere incompatibile col lavoro subordinato a causa del generale divieto di concorrenza, che discende direttamente dall’obbligo di fedeltà del dipendente (stabilito dall’articolo 2105 del codice civile).

In parole semplici, secondo il codice civile, il lavoratore non può trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza col datore di lavoro, né recargli pregiudizio utilizzando informazioni sull’organizzazione o sui metodi di produzione dell’impresa.

Pertanto, se un dipendente intende mettersi in proprio, e l’attività svolta può contrastare, anche solo in parte, con quella del datore di lavoro, potrebbe incorrere in sanzioni disciplinari gravi, come il licenziamento per giusta causa.

È dunque consigliabile che il lavoratore, per non rischiare di essere sanzionato o licenziato, richieda un’autorizzazione al datore di lavoro relativa all’esercizio dell’attività in proprio.

Il dipendente può aprire partita Iva col regime forfettario?

In alcuni casi, l’attività di lavoro dipendente può essere incompatibile con l’attività in proprio a causa del regime fiscale prescelto.

In particolare, i problemi sorgono per chi vuole aprire partita Iva aderendo al regime forfettario, un regime fiscale agevolato, che consente di non essere assoggettati all’Iva ed ai relativi adempimenti, e di non pagare Irpef, addizionali e Irap, pagando invece un’imposta sostitutiva del 15% (del 5% per i primi 5 anni di attività, a determinate condizioni).

Attualmente, non è possibile aderire al regime forfettario se il reddito da lavoro dipendente conseguito nell’anno precedente supera i 30mila euro annui: se il rapporto è cessato nello stesso anno, e non è stato intrapreso un nuovo rapporto di lavoro dipendente o un rapporto assimilato, il limite non opera.

Questa limitazione potrebbe essere cancellata dalla legge di Bilancio 2019, che mira ad ampliare le categorie di lavoratori che possono aderire al nuovo forfettario.

Ad ogni modo, per il dipendente che supera la soglia dei 30mila euro di reddito nell’anno precedente, aprire partita Iva è sempre possibile, ma senza avvalersi del regime forfettario.

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