Gli ultimi sondaggi politici presentano un dato curioso: nessuna delle grandi forze di maggioranza e opposizioni ha guadagnato consensi. Ecco come è potuto succedere.
I sondaggi politici rispondono alla curiosità di elettori e addetti del settore, curiosi di sapere qual è l’andamento di una forza rispetto a un’altra nonché cosa succederebbe laddove si tornasse al voto in anticipo.
A tal proposito, il Tg La7 prevede un appuntamento fisso con gli ultimi sondaggi politici - realizzati dal Swg - utile per capire come gli eventi della settimana hanno inciso sulle intenzioni di voto degli italiani.
Per quanto ovviamente si tratti in genere di piccole oscillazioni, analizzare i sondaggi politici è comunque interessante. A tal proposito, nei sondaggi andati in onda nel Tg di lunedì 13 ottobre è emerso un dato curioso e piuttosto raro: tra i partiti più importanti - per quanto riguarda il peso elettorale - non ce n’è uno che guadagna consensi.
A crescere sono solamente le forze elettorali minori, da Azione di Calenda a Italia Viva di Matteo Renzi (che molto probabilmente ha “incassato” l’effetto Leopolda), mentre Fratelli d’Italia, Partito Democratico, Movimento 5 stelle, Lega e Forza Italia al massimo possono sorridere per essere rimasti stabili nell’ultima settimana.
Le ragioni di una tale perdita di fiducia - seppur limitata intendiamoci - non sono chiare, fatto sta che l’evento è perlomeno “curioso” e merita di essere approfondito.
Le intenzioni di voto: tra stabilità e segnali nei partiti minori
La nuova rilevazione Swg per il Tg La7 fotografa un panorama politico sostanzialmente stabile, ma con alcuni movimenti degni di nota nelle formazioni minori.
In testa rimane Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che conferma la propria leadership con un 30,8% dei consensi, invariato rispetto alla settimana precedente. Segue il Partito Democratico, che perde lievemente terreno e si ferma al 21,8% (-0,1), mentre il Movimento 5 stelle registra una flessione di due decimi, scendendo al 13,4%.
Nel campo del governo, sia la Lega che Forza Italia segnano una battuta d’arresto: la prima scende all’8,7% (-0,1), la seconda al 7,8% (-0,2). Stabili invece i Verdi e Sinistra, che mantengono il 6,8%.
Il dato più interessante arriva però dal centro liberale, dove si osservano piccoli ma significativi segnali di crescita: Azione guadagna un decimo e raggiunge il 3,1%, Italia Viva di Matteo Renzi sale al 2,4% (+0,2), probabilmente sull’onda dell’effetto Leopolda, mentre +Europa tocca l’1,9% (+0,1). Nel complesso, le altre liste minori crescono di due decimi, totalizzando il 3,3%.
Da segnalare anche l’aumento dell’area dell’astensione e dell’incertezza, che raggiunge il 33% dell’elettorato, in crescita di due punti percentuali. Un dato che conferma quanto una parte significativa dei cittadini resti disorientata o poco motivata rispetto all’attuale offerta politica.
Le possibili ragioni della flessione dei partiti maggiori
Ma questo dato, che potremmo definire perlomeno curioso, ha delle ragioni? La leggera flessione registrata dai principali partiti politici italiani può essere letta come il risultato di una combinazione di fattori strutturali e contingenti, più che di un reale mutamento dell’opinione pubblica.
Innanzitutto, dopo mesi di sostanziale stabilità, il consenso delle grandi forze sembra aver raggiunto una fase di saturazione: per chi occupa già le prime posizioni è fisiologicamente più difficile crescere ulteriormente, specie in assenza di novità politiche o programmatiche capaci di attrarre nuovi elettori.
A ciò si aggiunge un certo affaticamento dell’elettorato, legato al clima di incertezza economica e alla percezione di una politica sempre più distante dai problemi reali. Non sorprende, dunque, che il numero di cittadini che non si esprime o si dichiara indeciso sia salito al 33%, segno di un disorientamento diffuso che penalizza soprattutto i partiti più esposti mediaticamente.
Un altro elemento è rappresentato dal parziale travaso di voti verso le forze minori, in particolare del centro liberale (Azione, Italia Viva, +Europa), che stanno beneficiando di un momentaneo “effetto visibilità” grazie a eventi e iniziative politiche come la Leopolda.
Infine, non va escluso che parte delle variazioni osservate rientri nel margine fisiologico di oscillazione statistica: con un margine di errore del 2,8%, piccoli scostamenti di pochi decimi non indicano, infatti, necessariamente un cambio di tendenza, ma piuttosto la naturale volatilità dell’elettorato in una fase di sostanziale equilibrio tra le principali forze politiche.
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