Russia sull’orlo del collasso. Putin costretto ad aumentare le tasse

Luna Luciano

15 Settembre 2025 - 21:21

Crisi energetica, deficit record e settori industriali in caduta libera: Mosca valuta l’aumento delle tasse, ma questa scelta potrebbe minare la stabilità di Putin?

Russia sull’orlo del collasso. Putin costretto ad aumentare le tasse

Mosca sembra essere arrivata sull’orlo del collasso. La minaccia di una crisi economica si fa sempre più concreta per la Russia, che si trova a dover fronteggiare anche una preoccupante crisi energetica.

Sembra che nel lungo periodo, la guerra di logoramento “sanzionatoria”, le restrizioni imposte dall’Occidente sul gas e petrolio russo, stia finalmente facendo emergere la fragilità dell’economia russa. E mentre Putin si interroga sull’aumentare o meno le tasse per salvare il settore energetico e non solo, è naturale che gli esperti si domandino se a tremare non sarà solo l’economia ma anche la poltrona dell’inquilino del Cremlino.

Il colpo più duro arriva dal comparto energetico, storica linfa vitale delle finanze statali: gli attacchi mirati dell’Ucraina hanno messo fuori uso circa il 17% della capacità di raffinazione del Paese, facendo impennare i prezzi dei carburanti e creando carenze in tutto il territorio. A questo si sommano l’inflazione in doppia cifra, la contrazione del PIL e i tassi di interesse elevati che soffocano famiglie e imprese.

Ma la crisi non si ferma al settore energetico. La metallurgia, altro pilastro industriale, mostra segni di crollo, con il colosso Mechel sull’orlo della bancarotta. Di fronte a un simile quadro, Putin si trova costretto a manovre difficili e impopolari: aumentare le tasse per finanziare la macchina bellica e contenere un deficit che rischia di diventare ingestibile, ma quali sono i rischi per la sua leadership? E davvero la Russia sembra sul punto di implodere? Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.

Russia sull’orlo del collasso: ecco le cause della crisi

La crisi che sta travolgendo la Russia è il risultato della convergenza di più fattori che si alimentano a vicenda.

  • il settore energetico, cuore pulsante dell’economia russa, è stato duramente colpito. Gli attacchi con droni alle raffinerie hanno abbattuto del 17% la capacità di produzione di carburanti, generando una vera e propria emergenza interna: il prezzo della benzina a Mosca è cresciuto del +30% in poche settimane, mentre i trasporti e la logistica si trovano in ginocchio.
  • l’inflazione, già vicina al 10%, è alimentata dalla crisi del settore energetico.
  • Il potere d’acquisto dei cittadini è in caduta libera a causa dell’aumento dell’inflazione.

Il contesto internazionale, poi, non fa che aggravare lo scenario: le sanzioni occidentali e il tetto al prezzo del greggio hanno ridotto drasticamente le entrate petrolifere, costringendo Mosca a ricorrere a una rischiosa “flotta ombra” per esportare verso Cina e India. Una strategia che garantisce solo parzialmente liquidità e aumenta i costi di trasporto e assicurazione.

Ma la crisi non riguarda solo l’energia. La metallurgia, tradizionale asse portante dell’industria pesante russa, è sull’orlo del baratro: il gruppo Mechel, colosso siderurgico, è vicino al fallimento. Per evitare una catena di fallimenti a cascata, il Cremlino ha varato una moratoria che sospende temporaneamente il pagamento dei debiti, segno della gravità della situazione, e che potrebbe rischiosamente disincentivare le imprese a gestire in modo oculato risorse e investimenti, creando un clima di dipendenza dai sussidi pubblici.

Nel frattempo, la contrazione del PIL (-0,6% nel primo trimestre 2025) e la stretta creditizia dovuta ai tassi altissimi della Banca Centrale frenano qualsiasi possibilità di ripresa. L’immagine di un’economia in guerra, sostenuta quasi esclusivamente dalla spesa militare, rende evidente che la crisi non è più episodica, ma strutturale.

Russia in crisi, Putin è costretto ad aumentare le tasse

Se da un lato Putin cerca di contenere il collasso industriale, dall’altro è costretto a guardare ai conti pubblici. Il deficit statale per il 2025 potrebbe toccare i 62 miliardi di dollari, un livello insostenibile senza nuove entrate. Con oltre il 40% del bilancio destinato alla difesa, la Russia si trova a dover sacrificare spesa sociale e investimenti civili. L’unica strada percorribile sembra essere l’aumento delle tasse, in particolare dell’IVA, definita dagli economisti “la più predatoria” perché colpisce direttamente i consumatori.

Questa mossa avrebbe pro e contro. Da un lato, consentirebbe al Cremlino di garantire i fondi necessari alla prosecuzione della guerra in Ucraina e di tamponare il deficit crescente. Dall’altro, rischierebbe di spingere i prezzi ancora più in alto, aggravando un’inflazione già fuori controllo e riducendo ulteriormente il potere d’acquisto dei cittadini. Un effetto che potrebbe minare la stabilità sociale, già precaria, soprattutto nelle regioni più povere del Paese.

Sul piano politico, l’aumento delle tasse rappresenta un’arma a doppio taglio per Putin. Rafforzare la spesa militare gli garantisce il sostegno dell’apparato bellico e della nomenklatura, ma aliena il consenso popolare in un momento di difficoltà. La popolazione, già stremata da carenze e rincari, potrebbe interpretare la manovra come l’ennesimo sacrificio imposto per finanziare una guerra senza fine.

Il Cremlino insiste nel negare l’esistenza di una crisi sistemica, ma la realtà dei numeri è chiara: la Russia è di fronte a un bivio. O ridimensionare le ambizioni militari o spremere ulteriormente i cittadini. In entrambi i casi, la leadership di Putin rischia di uscirne indebolita.

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