Risarcimento licenziamento illegittimo, la Consulta ribalta il referendum. Ecco cosa cambia

Simone Micocci

30/07/2025

Cambia la tutela dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo. Il limite di 6 mensilità di risarcimento è illegittimo.

Risarcimento licenziamento illegittimo, la Consulta ribalta il referendum. Ecco cosa cambia

Sono passati quasi due mesi dal fallimentare, visto il mancato raggiungimento del quorum, del referendum sul lavoro e la cittadinanza, che metteva in discussione anche il limite di risarcimento fissato a 6 mensilità per i licenziamenti illegittimi e dimezzato per le piccole imprese.

Come oramai è noto, il referendum non ha raggiunto il quorum e tutto è rimasto immutato. Nonostante ciò, il limite del risarcimento è stato comunque abolito, su diretta decisione della Corte Costituzionale. Il tetto massimo in caso di licenziamento illegittimo, pur quando limitato alle piccole imprese, è infatti stato giudicato incostituzionale dalla sentenza n. 118/2025. I giudizi devono quindi essere personalizzati e commisurati alla situazione specifica.

Nel frattempo, la Consulta incentiva un intervento legislativo che elimini le incongruenze in materia di diritti dei lavoratori. Vediamo cosa ha deciso e cosa cambia adesso.

Sono pochi 6 mesi di risarcimento per il licenziamento illegittimo

Il decreto legislativo n. 23/2015 prevedeva un tetto massimo per il risarcimento in caso di licenziamento illegittimo, fissato in particolare a 6 mensilità di stipendio, una per ogni anno di servizio entro questo limite. La forbice veniva inoltre dimezzata in caso di licenziamenti illegittimi da parte delle Pmi, prevedendo appunto un indennizzo ulteriormente ridotto.

Questa ulteriore previsione riguardava esclusivamente le imprese sotto soglia, con un massimo di 15 lavoratori dipendenti per sede o unità produttiva, in ogni caso che non occupano più di 60 lavoratori dipendenti in totale.

Per queste imprese l’onere del risarcimento nei confronti degli ex dipendenti risulta piuttosto oneroso e talvolta limitante, motivo per cui la legge ha riconosciuto, almeno finora, questa previsione speciale. Di fatto, la legge ha previsto delle misure di compromesso tra le esigenze dei lavoratori licenziati ingiustamente e la sostenibilità del pagamento da parte delle imprese.

Una sorta di meccanismo graduato che però non considera correttamente i diritti dei lavoratori, come confermato dalla decisione della Corte Costituzionale. Il risarcimento dovuto in caso di licenziamento illegittimo non è una sanzione, ma una forma di salvaguardia del lavoratore licenziato ingiustamente, anche se agisce come deterrente. Commisurarlo alle possibilità dell’azienda fa venire meno il principio che lo regola, per quanto ci siano oggettive difficoltà nella sostenibilità.

Come confermato dalla recente sentenza della Consulta, non è costituzionale imporre un massimo di 6 mesi.

Questo limite non consente infatti al giudice di stabilire il risarcimento in base all’effettivo danno subito dal lavoratore. Di conseguenza, l’indennità risarcitoria rischia di essere troppo bassa rispetto alla lesione subita a causa del licenziamento illegittimo. Il giudice deve invece avere la possibilità di regolare l’importo del risarcimento in base alla gravità della violazione, potendo poi imporre anche un importo inferiore a 6 mesi se ritenuto opportuno. Questo tetto massimo, inoltre, vanifica anche un’altra finalità della legge, ovvero disincentivare i licenziamenti illegittimi. Il risarcimento non costituisce un deterrente sufficiente per le imprese, avendo un importo relativamente basso e comunque predefinito.

Cosa cambia adesso

Nelle cause sul lavoro non sarà più possibile tenere conto del limite di 6 mensilità, né delle misure agevolate per le imprese sotto soglia. Il risarcimento da licenziamento illegittimo deve sempre essere stabilito dal giudice in base alle circostanze concrete.

Per definire l’importo sarà quindi necessario valutare le modalità con cui è avvenuto il licenziamento illegittimo, l’effettivo danno subito dal lavoratore, le motivazioni dell’impresa e così via. Il giudice può quindi superare il limite di mensilità, se ritenuto opportuno in base al caso in essere, ma anche prevede un risarcimento inferiore a seconda del caso. I lavoratori, soprattutto delle piccole imprese, non devono quindi essere penalizzati e con questa possibilità di ricorso hanno anche un maggiore margine di trattativa nella risoluzione stragiudiziale della controversia.

Ovviamente, urge un intervento legislativo che fornisca parametri chiari da prendere in riferimento, magari tenendo conto delle particolari esigenze delle Pmi ma senza ledere i diritti costituzionali dei lavoratori.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO