Per il governo Meloni una grande banca italiana. Ma la composizione del capitale dice sempre più Francia. Mentre l’altra rimane la grande straniera.
La chiamano banca italiana, con qualcuno che si è azzardato anche a bollarla banca della Lega, definizione che il CEO ha prontamente smontato e smentito.
Attorno al DNA di questo grande istituto ruota uno dei dossier che scottano di più sia a Piazza Affari che sulla scrivania della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: l’OPS che UniCredit ha promosso ormai in quel lontano, almeno per i tempi della finanza, 25 novembre 2024. Una OPS il cui successo, come sa bene in primis l’amministratore delegato di UniCredit Andrea Orcel, è decisamente in bilico.
Motivo: al governo Meloni non è andato mai a genio il fatto che Orcel si sia azzardato a puntare alla conquista di questa grande banca italiana: Banco BPM.
Va detto che la questione del DNA delle banche italiane non sarebbe diventata forse neanche acceso argomento di discussione, se non fosse stato prima di tutto il governo Meloni a decidere se conferire la caratteristica della italianità a questa o a quell’altra banca.
E se, soprattutto, lo stesso governo non avesse definito UniCredit una banca straniera. Ma è andata invece così, visto che a chiamare straniera Piazza Gae Aulenti è stato iil ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, vicepremier del governo Meloni e leader della Lega Matteo Salvini.
In realtà, da Piazza Affari si sono levate subito diverse voci che hanno ricordato come, a essere considerata banca straniera, dovrebbe essere a questo punto anche Banco BPM, visto che il principale azionista di maggioranza di Piazza Meda, banca guidata dal CEO Giuseppe Castagna, già quando OPS ha lanciato l’OPS, è la Banque Verte, ergo Crédit Agricole (poi salita ulteriormente in BAMI).
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UniCredit banca straniera per il governo Meloni, mentre Banco BPM diventa più francese
Perché considerare dunque UniCredit una banca straniera e Banco BPM una banca italiana? (interrogativo a cui ha risposto tra l’altro, presentando fatti e non parole, il numero uno di UCG Andrea Orcel, facendo notare di recente che UniCredit è anche la banca italiana che ha più BTP, Titoli di Stato italiani, in pancia.
Tra l’altro, ora c’è anche la beffa, di cui si sta parlando da qualche giorno: Banco BPM è diventata praticamente ancora più francese, con Crédit Agricole che, sulla scia dell’autorizzazione concessa dalla BCE, detiene il 19% circa.
Ma la Francia è presente in Banco BPM anche attraverso Banque Postale, dunque attraverso lo stesso Stato francese, così come altri azionisti di Piazza Meda sono altri attori made in France, per la precisione il colosso BNP Paribas e Natixis.
Questa ultima, tra l’altro, la stessa Natixis banca di servizi finanziari francese, che fa capo al gruppo BPCE, con cui il campione assicurativo Generali Assicurazioni ha siglato un accordo per creare un colosso del risparmio gestito: altro caso di Borsa che ha fatto venire un grande mal di testa in questo caso non solo al governo Meloni, ma alla stessa opposizione, in generale a tutta la politica italiana, che paventa una sorta di migrazione dei risparmi degli italiani dall’Italia alla Francia, a danno dei BTP.
E a nulla sono servite le costanti rassicurazioni arrivate dal Leone di Trieste.
Della presenza, oltre che di Crédit Agricole, anche di Banque Postale, di BNP Paribas e di Natixis, ha parlato qualche giorno fa un articolo di MF-Milano Finanza.
Immediati i commenti di chi segue le due OPS che hanno preso in ostaggio Piazza Affari: quella che, come ha fatto notare Orcel, dura ormai da 9 mesi e che non ha partorito per ora ancora nulla, “a bagno da 9 mesi” e quella di MPS su Mediobanca che, secondo i sospetti di molti, sarebbe più una OPS di Stato che di mercato.
UniCredit “banca straniera”. L’ira di Salvini alla notizia dell’OPS di Orcel su Banco BPM
Lo scorso 25 novembre 2024, mentre tutti tifavano per UniCredit che poco più di due mesi prima, aveva fatto andare su tutte le furie Berlino per essersi permessa di sognare una operazione di fusione con la seconda banca tedesca Commerzbank, Piazza Affari si risvegliava colta di sorpresa dall’altra grande mossa di Orcel, che comunicava al mercato di avere promosso una offerta pubblica di scambio (OPS) su Banco BPM.
Bastò quell’annuncio a stravolgere immediatamente la composizione degli schieramenti e delle varie tifoserie di Borsa: di colpo, UniCredit diventava un attore scomodo del panorama bancario italiano, soprattutto agli occhi del governo Meloni, in quanto con quella offerta aveva messo i bastoni tra le ruote ai piani di Roma.
Ovvero: convincere Banco BPM, appena entrata nel capitale del Monte dei Paschi di Siena con una operazione di collocamento delle azioni in mano al MEF - operazione su cui sia la Procura di Milano che la Commissione europea vogliono ora far luce - a convolare a nozze con lo stesso Monte, per fare vita al terzo polo bancario alternativo a UniCredit e Intesa SanPaolo e per chiudere una partita, quella del Monte di Stato, nota per avere mandato in crisi diversi governi italiani: tutti quelli, praticamente, che si erano alternati dai tempi della ricapitalizzazione precauzionale, con cui lo Stato italiano aveva salvato MPS, nel 2017.
Di colpo, Banco BPM si trasformava da potenziale acquirente di MPS in preda di UniCredit. Una mossa talmente invisa a Palazzo Chigi che UniCredit non solo diventava il nemico contro cui combattere, ma addirittura una “ banca straniera ”, per usare le parole del ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, che così si pronunciava:
“Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo BPM-MPS per fare un favore ad altri. A me le concentrazioni e i monopoli non piacciono mai. Ero rimasto al fatto che Unicredit volesse crescere in Germania (con Commerzbank) e non so perché abbia cambiato idea, anche perché Unicredit ormai di italiano ha poco e niente. A me sta a cuore che BPM e Montepaschi, che sono soggetti italiani e potrebbero organizzare un terzo polo italiano, non vengano messi in difficoltà”.
BPM e Banca Monte dei Paschi di Siena soggetti italiani? Sì MPS, blindata dai vari MEF, Francesco Gaetano Caltagirone, Anima, Delfin (la holding della famiglia Del Vecchio).
Ma, a fronte di UniCredit, diventata di colpo agli occhi di alcuni italiani banca straniera, dal mondo della finanza italiana e mondiale si continua a far notare la presenza piuttosto significativa dei francesi nel capitale di Piazza Meda, nelle vesti di azionista di maggioranza già da allora. Presenza che ora si è fatta anche più forte, e a cui si affianca addirittura quella dello Stato francese, con Banque Postale.
Il resto è cronaca, visto che, nel frattempo, quel sogno di gloria di Palazzo Chigi di dare MPS in sposa a BPM non solo si è infranto, ma è stato sostituito da un’altra ambizione, sulla cui stessa natura si sta tuttora discutendo: ambizione di Borsa, per chi crede al governo Meloni e alle dichiarazioni del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, e ambizione di Stato, invece, per gran parte del mondo della finanza.
Si tratta dell’OPS promossa improvvisamente e inaspettatamente, lo scorso 24 gennaio, da MPS su Mediobanca, altra partita di risiko sofferta, in quanto anche in questo caso contaminata da alcuni sospetti, secondo i quali sarebbe stato il MEF il regista della operazione.
Tutto, mentre UniCredit continua ad avere le mani legate dal golden power che il governo Meloni ha deciso di esercitare, colpevole di essere una banca straniera che punta a inglobare la banca italiana Banco BPM. Che tuttavia, a quanto pare, sta diventando sempre più francese. E intanto, mentre si cerca la perfetta banca italiana, l’impressione è che la guerra tra le banche predatrici e le banche prede sarà destinata a durare ancora a lungo. E che lo Stato c’entri eccome, a dispetto delle smentite varie.
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