Non solo UniCredit. A non riuscire a fare shopping di azioni MPS sarebbero stati altri diversi grandi investitori. Non solo la procura di Milano, anche l’UE vuole vederci chiaro.
Non è solo la Procura di Milano a voler capire esattamente cosa sia successo quel giorno di metà novembre, quando il MEF ha piazzato un’altra fetta del capitale di MPS nelle sue mani dal 2017, pari al 15%, facendo entrare nel capitale della banca senese Banco BPM, Francesco Gaetano Caltagirone e la holding Delfin della famiglia Del Vecchio e permettendo alla società di risparmio gestito Anima (già oggetto dell’OPA di Banco BPM lanciata pochi giorni prima) di rilevare altri titoli del Monte.
Tutti player italiani, a ben vedere, di cui due, ergo Caltagirone e Delfin, colonne portanti della finanza made in Italy, nomi ben noti per aver cercato di cambiare la governance di pesi massimi di Piazza Affari, come Mediobanca e Assicurazioni Generali.
Ora, a volerci vedere chiaro, e capire cosa sia successo davvero con il terzo atto del processo di privatizzazione di Monte dei Paschi di Siena lanciato dal MEF, è anche la Commissione europea.
Lo riporta l’articolo del Financial Times “Italy’s Monte dei Paschi sale sparks EU scrutiny after global investors sidelined”, segnalando che Bruxelles “ sta esaminando la vendita controversa di azioni del Monte dei Paschi di Siena da parte del governo italiano avvenuta lo scorso anno, a seguito di alcune dichiarazioni, secondo cui alcuni grandi investitori sarebbero stati esclusi ” dal processo di “Accelerated Book Building – ABB” riservato agli investitori istituzionali italiani ed esteri che il MEF ha lanciato per la precisione in data 13 novembre 2024.
Con quel terzo atto, si ricorda, la partecipazione detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel capitale di Monte dei Paschi di Siena è scesa dal 26,7% all’11,7%.
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L’ingresso nel capitale di MPS di Banco BPM, Caltagirone e Delfin (Del Vecchio)
Un collocamento, quello di un’altra quota di MPS, che il governo Meloni aveva sbandierato subito come l’ennesimo successo conseguito grazie alla sua regia, e che ha consentito a MPS di imboccare con più decisione la strada della privatizzazione e di ritornare al mercato, come chiesto e stabilito dalla stessa Unione europea.
Cedute con quella operazione, corrispondenti al 15% del capitale sociale di MPS, 188.975.176 azioni ordinarie Banca Monte dei Paschi di Siena, per un valore di 5,792 euro, un ammontare complessivo pari a circa 1,1 miliardi.
Ottimo il risultato per lo Stato, che aveva annunciato prontamente l’incasso totale, comprensivo anche dei precedenti collocamenti di azioni che aveva lanciato nei mesi precedenti:
2,7 miliardi di euro, con le tre operazioni di cessioni effettuate a partire da novembre 2023, a fronte di un importo dell’aumento di capitale di BMPS sottoscritto a novembre 2022 di circa 1,6 miliardi di euro.
Il tutto, a fronte della prospettiva di un matrimonio tra la banca Banco BPM - entrata quel 13 novembre nel capitale del Monte, facendo shopping del 5% - e MPS, di colpo oggetto sfrenato del desiderio anche di Caltagirone e Delfin, che avrebbero incrementato poi ulteriormente le loro partecipazioni nel gruppo nelle settimane e nei mesi a venire.
Prospettiva andata a monte, è il caso però di dirlo, quella delle nozze tra MPS e BPM, pochi giorni dopo gli evviva del governo Meloni.
Proprio quel collocamento è stato infatti secondo alcuni esperti la genesi delle diverse operazioni di risiko che hanno travolto Piazza Affari e che si sono presentate subito: a partire dall’OPS che UniCredit ha lanciato su Banco BPM, che ha scatenato subito l’ira del governo italiano, in particolare del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che ha iniziato a sventolare da allora lo slogan pro Banco BPM anti UniCredit, ai suoi occhi banca straniera, invocando perfino Bankitalia.
La domanda, tuttavia, è proprio questa: fino a che punto il made in Italy ha giocato un ruolo in quel collocamento di azioni MPS da parte del MEF?
A porsi questo interrogativo non è più solo la procura di Milano, ma anche la Commissione europea, secondo quanto riportato dal Financial Times: quel collocamento da parte del MEF è avvenuto davvero in modo trasparente?
Vendita quota 15% MPS dal MEF, UniCredit, BlackRock, fondo Norvegia grandi esclusi?
A lanciare una indagine su quella mossa del MEF è stata qualche settimana fa, per l’appunto, la procura di Milano, sulla scia di una querela per diffamazione presentata da Mediobanca, a causa di articoli pubblicati a partire dal gennaio 2025, ritenuti lesivi della reputazione dell’istituto.
Ma il sospetto alla fine ha portato anche Bruxelles a cercare di capire come siano andate davvero le cose, visto che a trovare la porta sbarrata all’acquisizione delle azioni del Monte dei Paschi di Siena, rivela il Financial Times, quel giorno sono stati alcuni grandi nomi del gotha della finanza.
Non solo UniCredit, ma anche il fondo petrolifero norvegese e il colosso del risparmio gestito BlackRock, “tra gli investitori”, si legge nell’articolo del Financial Times, “interessati ad acquistare i titoli (di MPS) quando il Tesoro vendette la quota del 15% lo scorso novembre, e a cui Banca Akros (controllata di Banco BPM) disse che il processo per la presentazione delle offerte si era già concluso ”.
L’FT non si è fermato qui, ricordando che ad acquistare le azioni (di MPS) sono stati invece “ quattro acquirenti domestici (Anima, Banco BPM, Caltagirone e Delfin) associati alle ambizioni del governo di dar vita a un terzo pilastro del sistema bancario italiano, al fine di sfidare UniCredit e Intesa SanPaolo, i due principali player del settore”.
Ora si attiva anche la Commissione UE, rischio procedura per aiuti di Stato?
Cosa può succedere a questo punto con i fari che sono stati accesi anche dalla Commissione UE?
Il quotidiano della City ha scritto che la Commissione sta esaminando i dettagli dell’ultima operazione di vendita delle azioni del Monte dei Paschi di Siena dello scorso novembre, facendo seguito ad alcuni reclami, al fine di capire “se il processo sia stato giusto”, per accertarsi che si sia trattato di una operazione aperta al mercato, stando a quanto è stato riferito da due fonti vicine al dossier.
Non è escluso che Bruxelles apra all’avvio di una indagine su presunti aiuti di Stato, anche se nessuna decisione è stata ancora presa, come hanno tenuto a puntualizzare le due fonti.
No comment per ora da parte di un portavoce della Commissione europea, mentre Banca Akros è tornata a farsi sentire, difendendo il suo operato e smentendo le stesse parole proferite qualche giorno fa dal CEO di UniCredit, Andrea Orcel.
Banca Akros (BPM) ribatte: nessun grande investitore è stato escluso
La controllata di Banco BPM che ha gestito l’operazione con cui il MEF ha collocato quella quota del 15%, ha ribadito che la vendita della quota di azioni MPS in mano al Tesoro italiano è avvenuta “ in modo corretto e trasparente , nel rispetto delle norme e delle prassi che regolano tali operazioni”.
Praticamente, è stata la precisazione, “tutti gli ordini sono stati raccolti, registrati ed elaborati allo stesso modo e nessun ordine di acquisto correttamente inoltrato è stato ignorato ”.
L’iter on ha escluso dunque nessuno, né UniCredit, né il fondo norvegese né il gigante del risparmio gestito BlackRock.
Banca Akros ha continuato, sottolineando di fatto che “nessun grande investitore è stato escluso dalla procedura di offerta, come riportato nell’articolo, tra cui UniCredit, il fondo petrolifero norvegese e BlackRock”.
Contestato quanto scritto dall’FT, ovvero, per la precisione, il fatto che la porta sarebbe stata sbattuta in faccia a UniCredit. Una affermazione che secondo la controllata di Banco BPM è falsa, in quanto dalla banca italiana guidata dal CEO Andrea Orcel, che ha tra l’altro messo nel mirino BPM con l’OPS lanciata a novembre, non sarebbe arrivato alcun ordine di acquisto di azioni MPS.
Intanto occhio alla corsa delle azioni, nella giornata di oggi, di Banca Monte dei Paschi di Siena e della preda Mediobanca, che incassano rialzi importanti sul Ftse Mib di Piazza Affari, confermandosi tra le azioni migliori del listino azionario benchmark della borsa di Milano.
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