Pensioni, quanto vale un anno di contributi?

Simone Micocci

20 Gennaio 2024 - 09:31

Andare subito in pensione o aspettare un altro anno? Ecco quali sono le conseguenze per l’assegno.

Pensioni, quanto vale un anno di contributi?

Ai fini del calcolo della pensione sono determinanti i contributi versati dal lavoratore.

Non solo gli anni, ma anche l’importo ovviamente, due fattori che messi insieme possono essere d’aiuto per capire quale sarà l’ammontare dell’assegno.

A tal proposito, come più volte abbiamo avuto modo di spiegare, uno dei modi migliori per aumentare la pensione futura è quello di ritardare il collocamento in quiescenza continuando a lavorare, e quindi a versare contributi, per almeno un altro anno.

Una decisione che è bene valutare insieme a un esperto, il quale saprà dirvi con esattezza quanto vale l’anno di contributi in più. D’altronde, è pur vero che continuando a lavorare ci si garantisce una rendita mensile più elevata, ma allo stesso tempo andando subito in pensione si gode un anno in più di pensione (e di meritato riposo).
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Ovviamente non c’è un risultato uguale per tutti, poiché come anticipato la misura dell’incremento dipende anche dall’ammontare dei contributi versati (pari a una quota della retribuzione percepita).

Non possiamo quindi rispondere alla domanda su quanto vale un anno di contributi ai fini della pensione, tuttavia possiamo spiegare in che modo incide sull’assegno.

Pensione, ecco perché lavorare un anno in più conviene

Attualmente, per tutti i lavoratori i contributi versati si trasformano in pensione utilizzando le regole del sistema contributivo, entrato a regime con la legge Fornero del 2011. Con questo, i contributi versati ogni anno si accumulano nel cosiddetto montante contributivo, il quale viene rivalutato periodicamente tenendo conto dell’andamento del costo della vita.

Il montante contributivo si trasforma in pensione tramite l’applicazione di un determinato coefficiente, il quale viene aggiornato ogni biennio. Il cosiddetto coefficiente di trasformazione varia in base all’età a cui si va in pensione: più il collocamento in quiescenza viene ritardato, dunque, e più la percentuale è conveniente.

Ad esempio, nel 2024 è pari al 5,72% il coefficiente per chi va in pensione a 67 anni, requisito anagrafico minimo per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Per chi lavora un anno in più, ritardando il pensionamento a 68 anni, invece è di 5,93%.

Anche a parità di montante contributivo, quindi dover necessariamente lavorare nel periodo di attesa, ritardare l’accesso alla pensione di un anno conviene. Pensiamo ad esempio a Tizio, con un montante contributivo di 200.000 euro: andando in pensione a 67 anni avrebbe diritto a una pensione annua di 11.440 euro, mentre a 68 anni l’importo sarebbe di 11.860 euro.

A maggior ragione, conviene ritardare la pensione specialmente se si ha in programma di continuare a lavorare nel frattempo: in tal caso, infatti, oltre a godere di un coefficiente di trasformazione più vantaggioso, si va anche ad aumentare il montante contributivo.

Quanto vale un anno di contributi ai fini della pensione

Ogni anno di lavoro il dipendente versa il 33% della retribuzione annua lorda a titolo di contributi. Questa quota si va ad aggiungere al montante contributivo che, come visto sopra, si trasforma in pensione tramite l’applicazione di un coefficiente tanto più elevato quanto più si ritarda l’accesso alla pensione.

Nel dettaglio, i coefficienti di trasformazione aggiornati al biennio 2023-2024 sono i seguenti:

Età di pensionamento Coefficienti
57 4,27%
58 4,38%
59 4,49%
60 4,62%
61 4,74%
62 4,88%
63 5,03%
64 5,18%
65 5,35%
66 5,53%
67 5,72%
68 5,93%
69 6,15%
70 6,40%
71 6,66%

Questo sistema fa sì che un anno di lavoro sia a prescindere conveniente ai fini della pensione, tanto più per coloro che percepiscono uno stipendio elevato.

Esempio

Prendiamo come esempio il caso di Tizio, che all’età di 67 anni sta valutando se non andare in pensione subito ma di aspettare un altro anno continuando a lavorare nel frattempo.
Il suo stipendio annuo lordo è di 35 mila euro, il che significa che con un anno di lavoro in più si aggiungono altri 11.550 euro nel montante contributivo.

Andando in pensione subito, a fronte di un montante contributivo di 300 mila euro maturato in 26 anni di lavoro, si sarebbe garantito una pensione di 17.160 euro annui (per la sola quota maturata nel contributivo).

Continuando a lavorare, andando in pensione a 68 anni, avrebbe però un doppio vantaggio:

  • il montante contributivo sale a 311.550 euro;
  • il coefficiente di trasformazione è più alto, pari a 5,93%.

Di conseguenza, la pensione annua sarà pari a 18.474 euro. In tal caso, quindi, lavorare per un anno in più garantirebbe un aumento annuo lordo di circa 1.300 euro.

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