Pensione: che peso ha un anno di contributi versato? Facciamo chiarezza guardando alle regole del calcolo contributivo.
Siete a un passo dalla pensione e vi trovate di fronte a un bivio: conviene andarci subito oppure lavorare ancora un anno? Per rispondere a questa domanda bisogna capire quanto vale un anno in più di contributi ai fini pensionistici.
Lavorare un anno in più, infatti, consente di aumentare l’importo della pensione: a seconda dei casi e delle necessità, dunque, un altro anno di sacrificio potrebbe convenire per aumentare la rendita prevista.
A quanto effettivamente equivale l’anno in più di lavoro? Non c’è una cifra uguale per tutti, visto che molto dipende dallo stipendio percepito nell’ultimo anno di lavoro. Guardando al funzionamento del calcolo contributivo, quello di riferimento per i contributi accreditati in questi anni, ci rendiamo conto che in ogni caso lavorare per un anno in più conviene, indipendentemente dallo stipendio percepito.
Questo perché, come vedremo di seguito, ritardando l’accesso alla pensione si valorizzano al meglio anche tutti gli altri contributi versati.
Pensione: perché lavorare un anno in più conviene
Per tutti i lavoratori, i contributi versati in questi anni si trasformano in pensione utilizzando le regole del sistema contributivo. Con questo, i contributi versati ogni anno si accumulano nel cosiddetto montante contributivo, il quale viene rivalutato tenendo conto dell’andamento del costo della vita.
Il montante contributivo si trasforma in pensione tramite l’applicazione di un determinato coefficiente, il quale viene aggiornato ogni biennio. Il cosiddetto coefficiente di trasformazione varia in base all’età a cui si va in pensione: più il collocamento in quiescenza viene ritardato, dunque, e più il coefficiente di trasformazione è conveniente.
Ad esempio, nel 2022 è pari al 5,575% il coefficiente per chi va in pensione a 67 anni, requisito anagrafico minimo per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Per chi lavora un anno in più, ritardando il pensionamento a 68 anni, invece il coefficiente è di 5,772%.
Anche a parità di montante contributivo, quindi senza lavorare un anno in più, ritardare l’accesso alla pensione di un anno conviene. Pensiamo ad esempio a Tizio, con un montante contributivo di 200.000 euro: andando in pensione a 67 anni avrebbe diritto a una pensione annua di 11.150 euro, mentre a 68 anni l’importo sarebbe di 11.544 euro.
A maggior ragione, conviene ritardare la pensione quando si può lavorare per un altro anno: in tal caso, infatti, oltre a godere di un coefficiente di trasformazione più vantaggioso, si va anche ad aumentare il montante contributivo.
Quanto vale un anno di contributi ai fini della pensione
Ogni anno di lavoro il dipendente versa il 33% della retribuzione annua lorda a titolo di contributi. Questa quota si va ad aggiungere al montante contributivo che, come visto sopra, si trasforma in pensione tramite l’applicazione di un coefficiente tanto più elevato quanto più si ritarda l’accesso alla pensione.
Nel dettaglio, i coefficienti di trasformazione aggiornati al biennio 2021-2022 sono i seguenti:
Età di pensionamento | Coefficienti |
---|---|
57 | 4,186% |
58 | 4,289% |
59 | 4,399% |
60 | 4,515% |
61 | 4,639% |
62 | 4,770% |
63 | 4,910% |
64 | 5,060% |
65 | 5,220% |
66 | 5,391% |
67 | 5,575% |
68 | 5,772% |
69 | 5,985% |
70 | 6,215% |
71 | 6,466% |
Questo sistema fa sì che un anno di lavoro sia a prescindere conveniente ai fini della pensione, tanto più per coloro che percepiscono uno stipendio elevato.
Esempi
Prendiamo come esempio il caso di Tizio, che all’età di 67 anni decide di non andare in pensione ma di aspettare un altro anno, continuando a lavorare. Il suo stipendio anno è di 35 mila euro, il che significa che con un anno di lavoro in più si aggiungono altri 11.550 euro nel montante contributivo. Questi, da soli, comportano un aumento di circa 667 euro l’anno sulla pensione, a cui poi va aggiunto il vantaggio derivato dall’applicazione di un coefficiente di trasformazione più vantaggioso sul montante contributivo fino ad allora maturato.
Ad esempio, 300 mila euro di montante contributivo a 67 anni avrebbero garantito una pensione di 16.725 euro l’anno, mentre a 68 anni si sale a 17.316 euro (a cui aggiungere i suddetti 660 euro per l’ultimo anno di lavoro). Complessivamente, quindi, aver lavorato un altro anno ha comportato a Tizio un aumento di circa 1.300 euro per la pensione annua.
Prendiamo adesso il caso di Caio, il quale a 67 anni ha maturato un montante contributivo di 250 mila euro. Anche lui decide di ritardare l’accesso alla pensione di un anno, continuando a lavorare percependo uno stipendio annuo di 25.000 euro lordi.
Andando in pensione a 67 anni avrebbe avuto diritto a una pensione, almeno per la parte riferita al sistema contributivo, di circa 13.937 euro. Ritardando l’accesso, e lavorando per un altro anno, con un montante contributivo salito a 258.250 euro si arriva a una rendita annua di circa 14.906 euro, con un aumento di poco meno di 1.000 euro l’anno.
Quanto vale un anno di contributi a seconda dell’età
Come visto sopra, però, il coefficiente di trasformazione cresce negli anni. Questo significa che - a parità di retribuzione - un anno di contributi maturato tra i 67 e i 68 anni non avrà lo stesso peso di uno maturato tra i 68 e i 69 anni.
Prendiamo come esempio una retribuzione annua di 35 mila euro, per la quale - come visto sopra - si versano 11.550 euro di contributi. Vediamo a quanto ammontano di pensione a seconda dell’età in cui vengono maturati:
tra i 67 e i 68 anni: circa 667 euro di pensione annua;
tra i 68 e i 69 anni: circa 691 euro di pensione annua;
tra i 69 e i 70 anni: circa 718 euro di pensione annua;
tra i 70 e i 71 anni: circa 747 euro di pensione annua,
Alle suddette cifre, poi, bisognerà aggiungere i vantaggi di applicare un coefficiente di trasformazione migliore sul montante contributivo fino ad allora maturato.
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