Grano, mais e concimi: come sono cambiati i prezzi a un anno dalla guerra in Ucraina

Rosaria Imparato

21 Febbraio 2023 - 17:22

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È passato un anno dall’invasione dell’Ucraina: finalmente il costo di materie prime come grano, mais e anche dei concimi è tornato ai prezzi prima della guerra.

Grano, mais e concimi: come sono cambiati i prezzi a un anno dalla guerra in Ucraina

Grano, mais e concimi sono tornati a costare come prima dell’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina. A un anno dall’inizio dell’invasione russa i prezzi delle materie prime sono finalmente scesi.

A metà marzo 2022, quando la guerra era iniziata da tre settimane, il prezzo del grano tenero era salito del 31,4% e quello del mais del 41%. La tendenza è rimasta quella, con picchi a luglio 2022 fino al 40-50%. Nello stesso periodo le imprese italiane lanciavano l’allarme per la mancanza di olio di semi di girasole, ingrediente indispensabile sia dell’industria conserviera sia di quella dolciaria.

Il prezzo dei concimi negli ultimi 12 mesi

Il 24 febbraio 2023 sarà un anno che va avanti la guerra in Ucraina. Dopo 12 mesi, in Italia il costo dei concimi è tornato esattamente a prima della guerra. Il prezzo dell’urea, il fertilizzante più utilizzato, oscilla tra 600 e 650 euro/tonnellata, in linea con i dati dell’autunno 2021, ben distante da quota 1000 euro/ton raggiunta nei primi mesi del conflitto in Ucraina. Il nitrato ammonico, invece, è passato in poche settimane da 900 a 700 euro/tonnellata, mentre i fosfatici si aggirano intorno alle 400 euro/tonnellata, in calo del 25%. Più contenuti, invece, i cali sui prodotti a base di potassio che registrano una lieve oscillazione (-5%).

Sono i dati rilevati dai Consorzi agrari d’Italia.

I prezzi di girasole e grano tenero

Ma non c’è stato solo l’aumento dei prezzi dei concimi: come anticipato, rispetto a marzo 2021, un anno dopo il prezzo del grano tenero era salito del 31,4% e quello del mais del 41%. L’Italia importa il 64% del grano tenero che usa, ne dà dall’Ucraina né dalla Russia, che comunque rappresentano il 30% dell’export globale.

Per quanto riguarda il girasole, usato in particolare nel settore dolciario, l’Ucraina è il principale coltivatore al mondo con il 60% della produzione e il 75% dell’expor (l’Italia ne importa per il 60%). La guerra e i blocchi sul Mar Nero hanno fatto vacillare gli stock italiani di olio, tanto da costringere l’industria alimentare a guardare alle potenziali alternative. Secondo i dati del Centro Studi Divulga ripresi dal Sole24Ore, però, nei primi 11 mesi del 2022 l’import italiano di olio di girasole dall’Ucraina è addirittura cresciuto dell’11% rispetto al 2021.

Siccità e calo degli investimenti influenzano il prezzo del mais

Sempre secondo i dati di Divulga, l’Italia sarebbe il quarto più importante beneficiario degli accordi di Istanbul dopo la Cina, la Spagna e la Turchia, con 1,58 milioni di tonnellate di prodotti, di cui il 7% sono semi di soia, il 23% è frumento e il 62% è mais. Per quanto riguarda il mais, prodotto per cui l’Italia dipende dall’estero per la metà del proprio fabbisogno, l’Ucraina costituisce, insieme all’Ungheria, il primo fornitore. A gennaio 2022, prima della guerra, il prezzo era 278 euro alla tonnellata, ma già a marzo era aumentato a 382. Oggi, secondo l’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), il prezzo è intorno ai 310 euro, ma nei prossimi mesi i costi potrebbero salire ancora, perché i raccolti mondiali sono in diminuzione a causa dei minori investimenti e, soprattutto, della siccità.

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