Previsioni riunione Fed, ultimo atto Powell sui tassi del 2025

Laura Naka Antonelli

9 Dicembre 2025 - 12:57

Previsioni sull’ultimo verdetto della Fed sui tassi. Cosa succederà dopo, anche in vista dell’addio di Trump e delle pressioni dovish di Trump?

Previsioni riunione Fed, ultimo atto Powell sui tassi del 2025

In attesa del Fed Day, stando alle previsioni formulate dai mercati finanziari, il dado è già tratto: al termine della sua ultima riunione di politica monetaria del 2025, che inizierà oggi per concludersi domani, mercoledì 10 dicembre 2025, la Fed guidata da Jerome Powell taglierà i tassi di interesse USA per la terza volta consecutiva, di 25 punti base.

La probabilità di un nuovo taglio è pari infatti al 94%.

Dopo avere abbassato i tassi di 1/4 di punto percentuale nell’ultima riunione di ottobre, portandoli al range compreso tra il 3,75% e il 4%, la banca centrale americana taglierà dunque ulteriormente i tassi sui fed funds, portandoli alla nuova forchetta compresa tra il 3,5% e il 3,75%.

La Fed di Powell brancola ancora nel buio. Penuria dati macro a causa dello shutdown

La riduzione dei tassi USA arriverà anche se la Fed rimane al momento priva di dati macroeconomici cruciali per capire in modo puntuale come impostare la direzione della politica monetaria.

A causa dello shutdown più lungo della storia americana sotto l’amministrazione di Donald Trump, i Non Farm Payrolls di ottobre saranno pubblicati infatti soltanto il prossimo 16 dicembre, mentre il prossimo dato relativo all’indice dei prezzi al consumo, necessario per monitorare il trend dell’inflazione americana, sarà reso noto due giorni dopo, il prossimo 18 dicembre.

Powell ha dunque a disposizione tuttora una quantità piuttosto risicata di dati che gli possano consentire di fare bene il punto della situazione e comprendere in quali condizioni versa l’economia degli Stati Uniti, in termini sia di crescita del PIL che dell’inflazione, quest’ultima in rialzo a ritmi ancora di molto superiori all’obiettivo del 2% che la Banca centrale americana si è prefissata di centrare.

L’ultimo dato market mover chiave è stato quello di qualche giorno fa, relativo ai Non Farm Payrolls di settembre - pubblicati in ritardo sempre a causa dello shutdown - dunque al report occupazionale degli Stati Uniti - che ha avallato la prospettiva di una terza riduzione dei tassi, ma non del tutto.

Il rapporto NFP ha confermato infatti solo in parte la fase di indebolimento del mercato del lavoro degli States in quanto, a fronte delle revisioni al ribasso dei numeri relativi ai nuovi posti di lavoro creati nei mesi precedenti, ha indicato anche un aumento delle buste paga, nel solo mese di settembre.

Le condizioni del mercato del lavoro americano potrebbero dunque essere più solide rispetto a quanto temuto, a fronte di una inflazione che rimane ancora troppo elevata, come ha fatto notare in un post pubblicato su X Kevin O’Leary, presidente di O’Leary Ventures and Beanstox, ricordando che “tutti vogliono che la Fed tagli i tassi, ma l’inflazione è ancora superiore al 3%”, una “ tassa nascosta per ciascun americano ”.

L’alert tassi Fed, se inflazione USA sale, rischiamo disastro politico

Questo significa che “se faremo pressioni affinché la Fed abbassi i tassi mentre l’inflazione sale, rischieremo un disastro politico ”, motivo per cui “ la Fed deve rimanere indipendente ” (stoccata alle pressioni continue che arrivano dal presidente Donald Trump).

E’ d’altronde proprio l’indipendenza dell’istituzione, ha ricordato O’Leary, il motivo per cui “gli investitori di tutto il mondo hanno fiducia nell’America ”.

La view sui tassi firmata da Goldman Sachs. Le previsioni per il 2026 e il tasso terminale

La decisione sui tassi che sarà annunciata domani, in ogni caso, è data ormai per certa.

Nell’analisi “Global Views”, è stato lo stesso Jan Hatzius, responsabile economista di Goldman Sachs Research, a scrivere che “c’è poco nel calendario che possa far deragliare un taglio il prossimo 10 dicembre”.

La divisione di ricerca di Goldman Sachs ha cercato di elaborare previsioni anche su quanto accadrà nel 2026, ammettendo che “ l’outlook sui tagli dei tassi per il prossimo anno è meno chiaro”, visto che “la crescita dell’economia USA accelererà il passo salendo del 2-2,5% nel 2026, sulla scia dell’impatto ridotto dei dazi, così come dei tagli alle tasse e delle condizioni finanziarie più accomodanti”.

Gli economisti hanno così sottolineato che proprio “questi fattori sosterranno la creazione dell’occupazione e e stabilizzeranno il tasso di disoccupazione a un livello superiore solo in misura modesta rispetto al 4,4%, registrato a settembre di quest’anno ”.

Di conseguenza, Hatzius stima che la Fed metterà in pausa la sua politica di allentamento monetario nella prossima riunione di gennaio, prima di tornare a tagliare i tassi nei meeting di marzo e di giugno, facendoli scendere alla fine al livello terminale, individuato nella forchetta compresa tra il 3 e il 3,25%.

Fed, verso la fine dell’era Powell

Tornando alla decisione imminente sui tassi, occhio alle previsioni stilate tra gli altri anche da Gordon Shannon, portfolio manager di TwentyFour Asset Management (boutique di Vontobel), che ha ricordato la grande svolta del cambio di guardia alla Fed, con Powell che lascerà il timone dell’istituzione ben presto al suo successore. Successore che molto probabilmente, secondo i desiderata del presidente Trump, potrebbe essere la colomba Kevin Hasset.

Per quanto riguarda la giornata di domani Shannon ha ricordato che, “anche se gli investitori sono sicuri di un taglio di 25 punti base, la decisione sarà seguita da vicino per capire dove i policymaker stanno puntando per le mosse future ”.

In particolare, “il presidente Powell vorrà ricordare al mercato che la Fed potrà fare una pausa a gennaio, segnalando l’inflazione elevata”.

Sarebbe tra l’altro “difficile per Powell mostrare un fronte unito”.

Tra l’altro, “il suo probabile successore, Kevin Hasset, è visto come qualcuno che condivide molto i desideri del presidente Trump di una politica della Fed orientata alla crescita”. Non per niente nelle ultime sedute i mercati hanno prezzato la prospettiva di una Fed nelle sue mani, come hanno dimostrato “un dollaro più debole, una curva dei rendimenti più ripida e un rialzo degli asset di rischio”.

Non basta tuttavia questo per spazzare il senso di incertezza.

Di fatto, ha concluso Shannon, “i mercati sono un po’ incerti su quanto spingersi oltre, perché anche una Fed guidata da Hasset potrebbe essere limitata dal persistere dell’inflazione”. Insomma, riuscire ad avere idee chiare su cosa farà la Federal Reserve nelle riunioni successive, è una impresa tuttora complicata. Dal canto suo, ormai vicino a scendere dallo scranno più alto della banca centrale, si concentrerà in questi ultimi mesi più sulla propria legacy, dunque sulla necessità di essere ricordato come alfiere dell’indipendenza dell’istituzione, che sugli insulti che arriveranno dal presidente Donald Trump, che ha continuato a tartassarlo di critiche e improperi.

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