Le regole sulla prescrizione del canone di locazione: termini, decorrenza e interruzioni. Dopo quanto l’affitto non va più pagato (o non può più essere preteso) per inquilini e proprietari.
Anche il canone d’affitto va in prescrizione. Questo significa che dopo un certo periodo di tempo l’inquilino può non pagare senza alcuna conseguenza e, parimenti, il proprietario non può più pretendere l’adempimento. Ciò vale per tutti i diritti di credito, che sono tuttavia sottoposti a regole differenti, non soltanto per i termini ma anche riguardo alla decorrenza. Vediamo quindi tutte le regole da conoscere: dopo quanto si prescrive il canone e da quando decorre la prescrizione.
Prescrizione del canone di locazione: termini e decorrenza
Molti cittadini hanno dubbi sulla prescrizione del canone d’affitto. La regola generale è che la prescrizione richiede 10 anni di tempo, infatti si parla in proposito di prescrizione ordinaria, ma ci sono delle eccezioni. Si applica la prescrizione breve, di 5 anni, ai pagamenti dovuti su base periodica (inferiore a 1 anno), ma per i crediti da contratto la prescrizione è di 10 anni. Comprensibile che si rischia di fare confusione. A chiarire ogni dubbio è l’articolo 2948 del Codice civile, che applica una prescrizione quinquennale non soltanto ai crediti periodici ma anche al seguente gruppo (3° comma): “le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni”.
Di conseguenza, la prescrizione dei canoni di locazione è pari a un periodo di 5 anni, i quali decorrono da ogni scadenza pattuita in modo indipendente da altri pagamenti. Non bisogna, quindi, considerare il cannone annuo, bensì si devono verificare le scadenze previste. Di norma, l’affitto deve essere pagato su base mensile, pertanto ogni rata ha una prescrizione indipendente dalle altre. La decorrenza parte dal giorno in cui il pagamento diventa esigibile, vale a dire il primo giorno utile dopo la scadenza. La prescrizione si calcola indipendentemente per ogni rata e non sul canone unitario.
Veniamo ora a un esempio pratico. Tizio ha concordato con il padrone di casa il pagamento dell’affitto entro il 30 di ogni mese e non ha ancora provveduto alla rata di maggio 2025. Questo significa che è iniziata a decorrere la prescrizione e in assenza di interventi da parte del creditore, la rata non saldata non dovrà più essere pagata dal 31 maggio 2030.
Dopo quanto l’affitto non va più pagato?
Come anticipato, la prescrizione si considera indipendente per ognuna delle rate. Proseguendo con l’esempio precedente, alla data del 31 maggio 2030 Tizio non potrà più essere obbligato a pagare la rata d’affitto riferita a maggio 2025, ma potrà ancora essere citato in giudizio per l’adempimento del canone della mensilità di giugno o di quelle successive. Di pari passo, durante questo mese possono prescriversi le rate del canone d’affitto attese (e non pagate) nel giugno 2020, ammesso che non ci siano state interruzioni della prescrizione.
Difatti, affinché la rata possa considerarsi prescritta è necessario che il locatore non abbia preteso in alcun modo l’adempimento. Tra gli atti validi all’interruzione della prescrizione del canone di affitto vi sono la diffida e il decreto ingiuntivo.
Affitto prescritto, cosa significa
Se il canone d’affitto è prescritto il debito si considera estinto, perciò il proprietario di casa non può pretenderne il pagamento. In caso contrario, compresa l’eventualità di una causa civile, bisogna far valere l’avvenuta prescrizione. Non bisogna provare la prescrizione, limitandosi a far notare il decorso del tempo, lasciando al creditore l’onere dell’eventuale prova contraria. Se la prescrizione non è stata calcolata correttamente, per esempio, il pagamento sarà comunque dovuto. Bisogna inoltre fare attenzione, ricordando che l’eventuale prescrizione delle rate non influisce sulla possibilità di sfratto da parte del proprietario, che dipende dalla morosità comprovata.
Diffida, decreto ingiuntivo e prescrizione del canone d’affitto
La diffida è un vero e proprio sollecito al pagamento che il padrone di casa può compiere in totale autonomia. Con la diffida si ottiene un’interruzione della prescrizione, che riparte da zero dalla data di notifica della diffida. Il decreto ingiuntivo, invece, viene rilasciato dal tribunale su richiesta del padrone di casa, e ha per l’appunto il fine di obbligare l’inquilino al pagamento.
Anche il diritto generato dal decreto ingiuntivo è soggetto alla decorrenza della prescrizione, che in questo caso raddoppia. Dall’emissione del decreto ingiuntivo, infatti, la prescrizione si considera intervenuta se sono trascorsi 10 anni (questa è la normativa per tutti i diritti originati da sentenze), purché non vi siano interruzioni. Così, se Tizio riceverà un decreto ingiuntivo non potrà più sperare nella prescrizione del canone d’affitto, dovendo ricalcolare 10 anni a partire dalla notifica. Nel complesso, le rate del canone d’affitto possono avere una prescrizione lunghissima o non prescriversi mai, considerando che si azzera e ricomincia da capo con ogni atto interruttivo.
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Prescrizione dell’affitto e sfratto
Anche se al termine dei periodi previsti dalla legge per l’intervento della prescrizione è possibile non pagare i canoni d’affitto in questione, questo non impedisce al proprietario di casa di richiedere lo sfratto degli inquilini morosi. Questo significa che il diritto a richiedere lo sfratto non conosce prescrizione e può essere esercitato in qualsiasi momento, anche dopo la prescrizione del debito, purché siano trascorsi almeno 20 giorni dal ritardo.
Di conseguenza, anche se l’inquilino può legittimamente rifiutarsi di pagare le rate d’affitto prescritte potrebbe esservi lo stesso obbligato per evitare di essere cacciato di casa. Il pagamento degli arretrati, infatti, permette di evitare lo sfratto, anche se avvenuto dopo la notifica del ricorso. Si ricorda, infine, che l’indipendenza della prescrizione per le rate dell’affitto è evidente anche rispetto agli oneri accessori.
Questi ultimi, o meglio il diritto del proprietario a riceverne il pagamento pattuito, si prescrivono in soli 2 anni, calcolati (ed eventualmente interrotti) dalla chiusura della gestione annuale.
Le regole sulla prescrizione del canone d’affitto
Ricapitoliamo le regole sulla prescrizione del canone d’affitto, affinché proprietari e inquilini non abbiano dubbi su quando - rispettivamente - l’affitto non può più essere preteso o può essere non pagato. A tal proposito è bene sapere che la prescrizione deve esser fatta valere dagli inquilini: se scelgono di pagare nonostante i termini siano scaduti (o semplicemente non se ne accorgono) non hanno diritto al rimborso. Di seguito le informazioni principali.
- Le singole rate del canone si prescrivono in 5 anni.
- La prescrizione si azzera e ricomincia in caso di atti interruttivi.
- Gli atti interruttivi sono richieste formali di pagamento (diffida notificata via raccomandata a/r o pec), ammissioni dell’affittuario (per esempio nella corrispondenza con il locatore), azioni giudiziali (notifica dell’intimazione di sfratto per morosità).
- L’intimazione di pagamento è valida a interrompere la prescrizione quando il proprietario può dimostrare di averla eseguita, possono quindi rilevare anche telegrammi, fax e lettere consegnate a mano (ma non le telefonate o le lettere semplici lasciate in buca).
- L’ammissione del debitore interrompe la prescrizione anche quando è tacita, come la richiesta di dilazione.
- La prescrizione riparte da zero e necessita di 10 anni quando il debito viene riconosciuto da una sentenza (decreto ingiuntivo).
- Le spese condominiali si prescrivono in 2 anni, così come tutti gli oneri accessori oltre al canone di locazione. Anche in questo caso valgono le regole enunciate sull’interruzione della prescrizione.
Sia gli inquilini che i proprietari, inoltre, devono ricordare che in nessun caso il debito per l’affitto può essere compensato autonomamente dalla cauzione. Sul punto si rimanda alla nostra guida specifica.
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