Perché le azioni delle banche italiane sono andate KO a Piazza Affari

Laura Naka Antonelli

30 Aprile 2025 - 18:56

Schiaffo dagli USA, ma non solo. UniCredit affondata nei minimi intraday fino a oltre -4%. Focus su tutte le pedine del risiko.

Perché le azioni delle banche italiane sono andate KO a Piazza Affari

Dal mondo delle banche italiane oggi si è sentito di tutto e di più e stavolta le azioni del settore bancario hanno puntato verso il basso, anche in modo significativo.

Nei minimi intraday della sessione odierna di Piazza Affari, UniCredit ha segnato un tonfo superiore a -4%, così come a scivolare con perdite del 3% circa sono state Banco BPM e la stessa Intesa SanPaolo, quest’ultima non coinvolta per ora in alcuna partita di risiko.

Banche italiane in preda ai sell, shock PIL USA negativo alimenta timori recessione (NPL)

I motivi per cui le azioni delle banche italiane sono state vendute sono diversi. Sicuramente, la ritirata delle borse europee e di Wall Street è stata scatenata dalla pubblicazione del dato relativo al PIL USA che, nel primo trimestre del 2025, si è addirittura contratto, segnando un calo dello 0.3%, dopo il +2,4% del quarto trimestre del 2024.

Alcuni trader hanno spiegato la brutta sorpresa con il balzo delle importazioni degli Stati Uniti, pari a ben +41%, sulla scia della decisione di diverse aziende USA di fare incetta di quei prodotti esportati dal resto del mondo che sono prossimi a essere colpiti dai dazi reciproci annunciati da Trump, per ora messi in pausa.

Il PIL USA è stato tuttavia zavorrato anche da un forte rallentamento delle spese per consumi e delle spese federali,, sulla scia di quei tagli monstre che, nelle vesti di numero uno di DOGE, il CEO di Tesla e braccio destro di Trump, Elon Musk, ha varato.

Il dato relativo al prodotto interno lordo ha riacceso immediatemente i timori relativi all’avvento di una recessione negli Stati Uniti.

UniCredit fino a -4% nel giorno dei nuovi no all’OPS di BPM. Azioni gelate anche da Crédit Agricole

In evidenza il pesante dietrofront delle azioni UniCredit, che sono riuscite a chiudere però la sessione del Ftse Mib limando in modo significativo le perdite accusate nelle ore precedenti.

Il bilancio è rimasto tuttavia negativo; giù anche la preda Banco BPM, che oggi, nel giorno in cui l’assemblea degli azionisti si è riunita per votare i conti del 2024, ha colto l’occasione per invitare i soci a prendere le distanze dall’OPS lanciata da UniCredit, ribadendo il suo forte no.

Non è mancata la stoccata al CEO di UCG Andrea Orcel, che non ha chiarito ancora, di fatto, cosa intende fare: se gettare la spugna, viste le ragioni con cui ha motivato la sua decisione di non alzare il prezzo dell’offerta sul Banco, o se continuare a puntare dritto al suo obiettivo.

In realtà l’OPS è già partita come previsto, l’altroieri, lunedì 28 aprile 2025. Ma i nodi da sciogliere, in primis quello sul prezzo, sono tanti.

Il successo dell’operazione è inoltre più dubbio dopo la decisione del governo Meloni di esercitare il golden power, condizionando il sì al deal ad alcune prescrizioni che sono state imposte a UniCredit. E resta da vedere se Orcel accetterà il giogo di Stato, che è accompagnato a quanto pare da altrettante punizioni di Stato, in caso di mancata osservanza dei diktat: un diktat che si sostanzia soprattutto nell’obbligo di congelare gli investimenti in BTP, ergo nel debito pubblico italiano.

Le azioni UniCredit oggi sono andate a picco anche per altre novità, che hanno visto protagoniste non solo le dichiarazioni rilasciate da Giuseppe Castagna, CEO di Banco BPM, che ha invitato Piazza Gae Aulenti a decidersi se andare avanti o no con l’OPS, ma anche le parole del numero uno di Crédit Agricole, Philippe Brassac.

L’AD della banca francese maggiore azionista del Banco (nonostante i proclami secondo cui BAMI sarebbe una banca italiana al 100%), ha reso noto infatti che deciderà “tra qualche settimana” se aderire all’OPS di Orcel.

UniCredit, Delfin pronta a mollarla? La frase di Francesco Milleri

Di UniCredit ha parlato inoltre oggi anche Francesco Milleri, AD di Essilorluxottica e di Delfin, quest’ultima holding della famiglia Del Vecchio che detiene in UCG una partecipazione pari all’1,7% del capitale, e che ha grande voce in capitolo soprattutto nei capitali dei tre player della finanza italiana Assicurazioni Generali, MPS-Monte dei Paschi di Siena e Mediobanca. Tutti e tre attenzionati da Piazza Affari da mesi, in quanto coinvolti direttamente (MPS e Mediobanca) e indirettamente (Assicurazioni Generali) nell’altra grande partita di risiko: quella dell’OPS lanciata dal Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca (e di conseguenza, da due giorni, anche nell’altro dossier piombato a sorpresa a Palazzo Mezzanotte, ovvero l’OPS di Mediobanca su Banca Generali).

A chi gli ha chiesto se Delfin intenda smobilizzare la quota detenuta nel capitale di UniCredit, Milleri ha così risposto:

Facciamo valutazioni in continuazione visto che siamo investitori finanziari anche se di lungo termine. Un giorno potremmo pensare a riordinare il portafoglio di Delfin, specialmente le partecipazioni dove pensiamo di poter aiutare meno o dove pensiamo di aver raggiunto delle plusvalenze enormi”, ha detto il numero uno di EssilorLuxottica, aggiungendo, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Radiocor, che “noi, anche se in forma particolare, siamo gestori e non siamo azionisti” e che, dunque,“ abbiamo un approccio da buon padre di famiglia ”.

In tre anni, ha continuato Milleri, il portafoglio di Delfin “ha generato una plusvalenza infinita e quindi la prudenza dice che a un certo punto dovremo vendere e non rimpiangere. Si tratta di decine e decine di miliardi di plusvalenze”.

Banche italiane tutte giù, settore penalizzato dai sell in tutta Europa

A puntare verso il basso, con i dubbi sull’OPS di Orcel su Banco BPM non sono state soltanto le azioni direttamente coinvolte nel dossier, ovvero UCG (-2,82%) e BAMI (-1,86%). Giù anche MPS (-2,77%), Mediobanca (-2,10%), BPER (-1,71%), Popolare di Sondrio (-1,21%), queste ultime due coinvolte nell’altro dossier di Piazza Affari. Intesa SanPaolo ha ceduto l’1,51%.

I sell oggi hanno zavorrato le quotazioni di tutte le banche italiane, anche per altri motivi, tra cui lo stesso shock del PIL USA, che ha alimentato di nuovo la paura di una recessione e dunque, nel caso delle banche, di un aumento dei crediti deteriorati (NPL).

Intanto, c’è stato anche l’effetto domino da parte dei titoli di alcuni istituti europei come Crédit Agricole, che ha perso più del 4% dopo la trimestrale. Non sono state solo le azioni delle banche italiane a perdere terreno, come dimostra il trend del sottoindice di riferimento del settore, ovvero dell’Euro Stoxx Banks, che ha concluso la sessione in perdita di quasi il 2%.

Le prese di profitto sembrano essere state tuttavia la ragione principale dei dietrofront delle azioni se si considera che le trimestrali annunciate dai colossi Deutsche Bank, UBS, Barclays e HSBC hanno indicato tutte utili migliori delle attese, a sorpresa grazie all’effetto della massima volatilità sui mercati esploso con l’amministrazione USA di Donald Trump, che ha fatto da assist soprattutto alle rispettive divisioni dei mercati e di trading. Detto questo, quei risultati di bilancio sono già vecchi, visto che si riferiscono a un trimestre precedente lo schiaffo dei dazi di Trump, annunciato il 2 aprile scorso.

Monta nel frattempo la paura per il futuro delle banche dell’area euro che, si teme, con i dazi di Trump sarà tutto fuorché luminoso, a causa della zavorra degli NPL, che potrebbe tornare a colpire il comparto: questione su cui ha lanciato un avvertimento la stessa Bankitalia nel suo Rapporto sulla Stabilità finanziaria.

Banche alle prese con tassi BCE più bassi con più tagli

Altro fattore negativo per le banche è rappresentato indubbiamente dalla prospettiva di tassi di interesse nell’area euro da parte della BCE più bassi del previsto, proprio per la presunta necessità che Christine Lagarde risponda alle conseguenze negative delle tariffe USA sul PIL dell’Eurozona con un allentamento ulteriore della sua politica monetaria (su cui tuttavia l’FMI ha già messo, a quanto pare, alcuni paletti, rendendo lo scenario ancora più incerto).

Al termine della riunione del Consiglio direttivo della giornata di giovedì 17 aprile 2025, la Banca centrale europea ha tagliato i tassi dell’Eurozona di 25 punti base, per la settima volta, portando i tassi sui depositi, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale rispettivamente al 2,25%, al 2,40% e al 2,65%.

Quel sostegno che i tassi dell’area euro avevano dato alla redditività delle banche del blocco è scemato in modo notevole, ed è destinato, almeno secondo le previsioni più dovish, ad assottigliarsi ulteriormente: bene per i consumatori, niente affatto per gli NII (margini di interesse) degli istituti di credito.

Trimestrali banche italiane, in arrivo il momento della verità

Il timore di una combinazione niente affatto favorevole di un aumento degli NPL-crediti deteriorati a causa dei dazi di Trump e di più tagli ai tassi ha già affossato in modo decisamente importante le azioni delle banche italiane nelle sessioni in cui è esplosa la grande ansia per i dazi di Trump.

Nel caso delle banche italiane una spiegazione più semplice degli smobilizzi potrebbe essere rappresentata infine dalla decisione degli operatori di mercato, travolti dal vociare continuo sul futuro delle OPS lanciate a Piazza Affari e dal conseguente caos, di propendere per la cautela, in vista del momento della verità per il settore, che sta ormai arrivando.

La stagione delle trimestrali delle banche italiane sta, infatti, per iniziare.

Occhio in particolare alle previsioni degli analisti per le due BIG del settore UniCredit e Intesa SanPaolo. E alle previsioni che riguardano i principali player delle partite di risiko bancario.

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