Il giornalista e saggista analizza il ruolo di Pechino mentre gli USA guidano i negoziati su Ucraina e Russia, l’Europa resta incerta e crescono le frizioni con Taiwan e Giappone.
Mentre l’attenzione internazionale resta puntata sulle trattative per un possibile accordo di pace tra Russia e Ucraina — un negoziato in cui gli Stati Uniti appaiono decisi a imporre la propria regia e in cui l’Europa oscilla tra prudenza e irrilevanza — un altro attore continua a muoversi sotto osservazione costante: la Cina.
Dalle tensioni su Taiwan alle ambizioni nell’intelligenza artificiale, fino all’altalena diplomatica con Washington e al confronto crescente con Tokyo, Pechino si trova al centro di un sistema geopolitico che cambia più rapidamente delle sue stesse strategie.
Di questo scenario complesso abbiamo discusso con Federico Giuliani, giornalista e saggista tra i più attenti osservatori delle dinamiche asiatiche, in questa intervista.
Il possibile accordo di pace tra Mosca e Kyiv, con gli Stati Uniti come principali architetti del processo, apre un interrogativo centrale: quale ruolo resta a Pechino?
Negli ultimi due anni la Cina ha tentato di proporsi come mediatore “non allineato”, presentando un documento in dodici punti e mantenendo un asse diplomatico con la Russia pur evitando un sostegno militare diretto.
La Cina ambisce a un nuovo ordine multipolare, ma sul fronte ucraino a dettare i tempi restano Washington e — in misura minore — Bruxelles.
Se l’Ucraina resta la grande crisi europea, Taiwan continua a essere il punto più sensibile del Pacifico.
Le incursioni aeree cinesi, l’avanzamento delle esercitazioni navali e il rinnovato sostegno americano all’isola confermano che la situazione resta in equilibrio precario.
Dopo anni di scontri economici, dazi e tensioni strategiche, i rapporti tra Pechino e l’amministrazione Trump sembrano oggi meno conflittuali di quanto fossero durante il primo mandato.
Il pragmatismo commerciale sta prevalendo sui discorsi ideologici, almeno in apparenza.
Se la relazione con gli Stati Uniti mostra segnali di stabilizzazione, quella con il Giappone appare invece deteriorata.
Dalle dispute territoriali nel Mar Cinese Orientale alle esercitazioni militari incrociate, fino alle critiche cinesi sulla strategia giapponese di riarmo, la distanza tra i due Paesi è cresciuta.
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