Addio alla riforma Fornero con la prossima manovra, il governo prova a bloccare l’aumento dei requisiti per andare in pensione. Ma non è detto che ci riuscirà.
Pensioni, addio alla legge Fornero con la prossima legge di Bilancio? Il governo ci punta, seppure solo per una parte.
A essere oggetto del contendere è la parte della riforma approvata da Elsa Fornero nel 2011 che lega i requisiti di pensionamento all’andamento delle speranze di vita, il che dovrebbe portare a un incremento dell’età pensionabile già nel 2027.
Una regola voluta per garantire sostenibilità al sistema previdenziale: se si vive per più tempo si allunga anche il periodo in cui si è a carico dello Stato, per questo motivo si è fatto in modo che il lavoratore ritardi l’uscita dal mercato del lavoro.
In realtà non è stata la legge Fornero a volere questo adeguamento: semplicemente questa lo ha reso biennale, riducendo quindi il lasso di tempo tra un incremento e un altro. Gli effetti di questa norma si vedranno, dopo l’ultimo adeguamento di 5 mesi scattato nel 2019, a partire dal 2027 quando, secondo le ultime anticipazioni fornite dall’Istat stessa, ci sarà un nuovo innalzamento di 3 mesi che interesserà pensioni di vecchiaia e anticipate.
Governo permettendo appunto. Dall’esecutivo, infatti, fanno sapere che “l’aumento non ci sarà” in quanto questa parte della legge Fornero verrà eliminata lasciando inalterati i requisiti della pensione. Ma non è detto che ci riuscirà, dal momento che per scongiurare l’aumento servirà stanziare diversi miliardi di euro che non è detto ci siano.
Così il governo vuole eliminare (una parte) della legge Fornero
Fin da quando è emersa la possibilità di un incremento dei requisiti per la pensione per effetto dell’adeguamento biennale con le speranze di vita predisposto dalla riforma del 2011 approvata dal governo Monti, il governo ha alzato la voce per rassicurare i lavoratori prossimi al collocamento in quiescenza. “Non ci sarà alcun incremento”, ha assicurato il sottosegretario al ministero del Lavoro, Claudio Durigon, promettendo un provvedimento che andrà a bloccare l’adeguamento in programma nel 2027.
Tuttavia, la norma era attesa in estate ma così non è stato visto che a conti fatti le risorse necessarie per attuare un tale piano, siamo nell’ordine dei miliardi di euro, possono arrivare solamente con la manovra finanziaria.
Ma anche in questo caso non ci so o certezze, visto che come ogni anno il governo si troverà a far fronte ad altre necessità, come ad esempio la conferma dello sgravio contributivo per i lavoratori. E lato pensioni si guarda anche alla flessibilità, con la possibilità di offrire un’alternativa alla pensione anticipata disciplinata dalla legge Fornero, che consente di andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica con 42 anni e 10 mesi di contributi (1 anno in meno per le donne). La scelta dovrebbe ricadere su Quota 41 flessibile, dove con 41 anni di contributi e 62 anni di età si potrà smettere di lavorare prima accettando una riduzione del 2% dell’importo per ogni anno di anticipo; decurtazione che non dovrebbe applicarsi per coloro che hanno un Isee inferiore a 35.000 euro.
Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi, così come non si può rispondere con certezza alla domanda sull’addio al meccanismo che lega requisiti di pensionamento e aspettative di vita. Tutto dipenderà da quante risorse il governo avrà a disposizione.
Cosa succede senza addio alla legge Fornero?
Se il governo non dovesse reperire le risorse necessarie per bloccare l’adeguamento avrà tempo un altro anno per bloccare l’incremento atteso nel 2027, il quale dovrebbe essere ufficializzato a breve da un apposito decreto. Altrimenti i requisiti per andare in pensione aumentano di 3 mesi a partire dall’1 gennaio 2027: l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia, ad esempio, salirebbe a 67,3 anni.
Per il momento comunque dal governo non arrivano segnali di allarme, con lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a confermare che si sta lavorando in favore di una “sterilizzazione dell’aumento”.
Ma attenzione, si tratterebbe comunque di un semplice congelamento, mantenendo gli stessi requisiti del 2025 e 2026 anche per il biennio successivo. Dopodiché sarebbe il nuovo governo a valutare cosa fare nel 2029-2030: quello dell’adeguamento, infatti, è un problema che si ripeterà anche nei prossimi anni vista la tendenza di crescita delle speranze di vita, bloccate in questi anni solamente per effetto della pandemia.
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