Pensioni, nel cedolino di gennaio niente soldi per questi pensionati

Simone Micocci

6 Dicembre 2025 - 09:30

Pensioni, conguaglio a gennaio. Ecco perché il nuovo anno potrebbe non portare alcun soldo.

Pensioni, nel cedolino di gennaio niente soldi per questi pensionati

Abbiamo già parlato di come la pensione in pagamento a gennaio porti al riconoscimento di un piccolo aumento per effetto della rivalutazione, ma dobbiamo anche porre l’attenzione sul fatto che sulla stessa mensilità potrebbero scattare anche dei tagli.

Gennaio, infatti, è il mese del conguaglio sulla pensione, l’operazione con cui l’Inps effettua il ricalcolo delle imposte - Irpef e addizionali - considerando quanto effettivamente percepito nel corso dell’anno.

Il calcolo dell’imposta dovuta infatti, nel corso dell’anno viene effettuato in via presuntiva dall’Inps, facendo una stima di quanto il pensionato dovrebbe percepire. Tuttavia potrebbero esserci variazioni, ed è per questo che al 31 dicembre, una volta quindi che è chiaro l’importo percepito, si rimette mano al calcolo con la possibilità che possa esserci bisogno di un ulteriore recupero fiscale.

In quel caso - ovviamente tanto temuto dai pensionati - l’Inps agisce come sostituto d’imposta, pertanto sottrae dal rateo mensile quanto serve per il saldo dell’imposta. Un’operazione che nel peggiore dei casi può portare anche ad azzerare l’importo del cedolino, mentre in altre circostanze il debito si può anche rateizzare.

Il conguaglio della pensione di gennaio

Come confermato dall’Inps nella guida al cedolino, gennaio è il momento del conguaglio. Più precisamente, l’Istituto descrive questa operazione come il “ricalcolo a consuntivo delle ritenute erariali relative al 2025”, ossia Irpef e addizionale regionale e comunale a saldo. Il ricalcolo viene effettuato sulla base dell’ammontare complessivo delle sole prestazioni pensionistiche erogate dall’Inps.

Nel caso in cui le trattenute mensili risultino effettuate in misura inferiore rispetto a quanto dovuto su base annua, allora l’Istituto recupera le differenze a debito, fino al recupero completo. Ebbene, questa operazione nel peggiore dei casi può portare all’azzeramento della pensione di gennaio, come pure per quella di febbraio. L’Inps, infatti, effettua trattenute fino al recupero completo dell’imposta: pertanto, se il debito maturato è persino superiore all’importo della pensione, è ovvio che non si prendono soldi a gennaio, e neppure il mese successivo laddove il debito sia persino pari al doppio di quanto solitamente percepito.

Una situazione che va detto è rara che si verifichi, mentre lo è meno il fatto di ritrovarsi con diverse centinaia di euro in meno sull’assegno.

Chi rischia a causa del conguaglio? Ecco un esempio

Per capire chi rischia davvero di ritrovarsi con una pensione molto più bassa - o addirittura azzerata - a gennaio, basta immaginare una situazione che capita molto più spesso di quanto si pensi.

Prendiamo un pensionato che percepisce una pensione stabile, per esempio intorno ai 1.900 euro lordi al mese. Su questa base l’Inps calcola ogni mese le trattenute fiscali, ipotizzando che il reddito dell’anno sarà esattamente quello senza alcuna sorpresa.

Il problema nasce quando, nel corso dell’anno, succede qualcosa che altera questa previsione iniziale. Può trattarsi, ad esempio, di un pagamento arretrato ricevuto a metà anno: un conguaglio di perequazione, una somma una tantum, un arretrato contrattuale o una ricostituzione. Tutte voci che aumentano il reddito complessivo e che, di conseguenza, fanno crescere l’Irpef dovuta su base annua.

Finché si resta nel corso dell’anno, però, l’Inps continua ad applicare le stesse trattenute calcolate a gennaio, senza poter sapere in anticipo che il reddito finale risulterà più alto. Per questo il vero riepilogo arriva solo a dicembre, quando l’Istituto può fare i conti precisi: guarda quanto è stato effettivamente pagato nei dodici mesi e ricalcola l’imposta dovuta. Se scopre che ha trattenuto meno del necessario, il recupero scatta automaticamente sulla pensione di gennaio.

A questo si aggiunge un altro elemento poco considerato: le addizionali regionali e comunali, che vengono trattenute a saldo proprio a gennaio. In alcune regioni con aliquote elevate, come Lazio, Piemonte o Emilia-Romagna, questo può tradursi in diverse centinaia di euro da sottrarre in un’unica soluzione.

Sommando tutto, non è difficile arrivare a un debito di 700, 900 o persino 1.200 euro. E quando ciò accade, l’Inps, che agisce come sostituto d’imposta, trattiene l’intero importo direttamente dal cedolino. Se il debito è superiore al valore della pensione, l’assegno del mese può ridursi a poche decine di euro, oppure azzerarsi del tutto. Nei casi più pesanti, il recupero continua anche a febbraio, finché il debito non viene completamente estinto.

Quando il conguaglio viene rateizzato

Tuttavia, per i pensionati con redditi più bassi la legge prevede un meccanismo di protezione.

Se l’importo annuo complessivo dei trattamenti pensionistici non supera i 18.000 euro lordi e il conguaglio Irpef risulta superiore a 100 euro, l’Inps non può procedere con il recupero immediato. In questo caso scatta la rateizzazione obbligatoria del debito, che viene suddiviso automaticamente in quote mensili da gennaio a novembre.

Si vuole quindi evitare che una trattenuta troppo elevata comprometta la pensione di uno o due mesi, rendendo difficile far fronte alle spese quotidiane. Distribuendo il debito su undici rate, l’impatto sul cedolino è invece molto più contenuto, pur garantendo che l’imposta venga completamente recuperata entro l’anno.

Immaginiamo una pensionata che percepisce 1.300 euro lordi al mese, per un totale annuo di circa 16.900 euro. Dal ricalcolo dell’Irpef emerge un debito di 330 euro: se l’Inps dovesse recuperarlo tutto a gennaio, la pensione del mese verrebbe ridotta in modo drastico. Ma poiché rientra nella soglia dei 18.000 euro, il debito viene rateizzato: invece di perdere 330 euro in un’unica soluzione, la pensionata subirà una trattenuta di circa 30 euro al mese fino a novembre.

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